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  • Lunedì 18 novembre 2024

L’accordo con il Mercosur che non piace alla Francia

Lo sta negoziando l'Unione Europea, prevede di togliere i dazi doganali sulle merci scambiate dalle due parti ma potrebbe essere bloccato da un veto francese

Un agricoltore francese partecipa a una protesta contro il trattato di libero scambio fra l’Unione Europea e il Mercosur a Narbonne, nel sud della Francia, il 14 novembre 2024 (ANSA/EPA/Guillaume Horcajuelo)
Un agricoltore francese partecipa a una protesta contro il trattato di libero scambio fra l’Unione Europea e il Mercosur a Narbonne, nel sud della Francia, il 14 novembre 2024 (ANSA/EPA/Guillaume Horcajuelo)
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Da qualche giorno in Francia sono riprese le proteste contro l’accordo di libero scambio fra l’Unione Europea e il Mercosur, il mercato comune sudamericano di cui sono membri Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela: l’accordo è il più grande di questo tipo mai fatto dall’Unione in termini di popolazioni coinvolte e volume di scambi. Entro la fine dell’anno la Commissione europea potrebbe firmare ufficialmente l’intesa: non sarà comunque il passaggio finale, visto che per entrare in vigore il testo dovrà essere votato anche dagli stati membri dell’Unione.

Gli agricoltori e gli allevatori francesi sostengono che l’accordo li danneggerebbe moltissimo perché aprirebbe il mercato europeo alle grandi aziende agricole sudamericane, soggette a standard di produzione meno severi e che quindi si possono permettere di vendere i loro prodotti a prezzi più bassi. Dello stesso parere è anche il governo francese, che però è l’unico fra quelli dei più importanti paesi europei a opporsi. Tra gli altri Italia, Germania e Spagna sono favorevoli.

L’accordo è molto ampio, ma uno dei suoi aspetti più importanti è l’eliminazione graduale di quasi tutti i dazi doganali applicati agli scambi commerciali fra i due blocchi, che favorirebbero le esportazioni e le importazioni in molti settori.

L’Unione Europea è interessata ad aumentare le esportazioni di prodotti europei su cui finora sono stati applicati dei dazi piuttosto elevati, come le automobili, l’abbigliamento e il vino: la Germania in particolare spera che l’accordo aiuti a sbloccare l’attuale grave crisi del settore automobilistico. Anche l’Italia appoggia l’intesa, perché oltre ai prodotti alimentari esporta nei paesi del Mercosur macchinari e prodotti chimico-farmaceutici, su cui al momento sono imposti dazi che in alcuni casi superano il 15 per cento.

L’Unione è inoltre interessata alla possibilità di assicurarsi l’approvvigionamento di materie prime sempre più necessarie come il litio, di cui il Sudamerica è ricco.

I paesi del Mercosur sperano invece di aumentare le esportazioni dei loro prodotti alimentari verso l’Unione: nelle categorie interessate rientrano però anche la carne bovina, il pollame e lo zucchero, cosa che preoccupa particolarmente gli agricoltori e gli allevatori francesi. Gli allevatori sostengono infatti che soprattutto nel settore della carne i paesi del Mercosur farebbero concorrenza sleale, dato che si possono permettere di produrla a prezzi più bassi non essendo vincolati ai rigidi standard sanitari e ambientali dell’Unione e potendo pagare meno i loro dipendenti.

L’accordo si basa su un testo la cui stesura era stata formalmente conclusa a giugno del 2019, dopo quasi vent’anni di negoziati. A distanza di cinque anni però il trattato non è ancora stato firmato ufficialmente per via di reticenze ed esitazioni espresse da diversi stati membri appartenenti a entrambi i blocchi. In Francia le proteste sono ricominciate questa settimana perché l’Unione e il Mercosur potrebbero decidere di firmare formalmente il trattato a brevissimo: il 18 o il 19 novembre durante le riunioni del G20 in Brasile, oppure tra il 5 e il 6 dicembre durante quelle del Mercosur che si terranno in Uruguay.

Il 12 novembre più di 600 parlamentari francesi hanno firmato una lettera aperta, pubblicata su Le Monde, in cui chiedevano a Ursula von der Leyen di inserire nuove condizioni nell’accordo con l’obiettivo di alzare gli standard per i prodotti a cui sarebbero stati tolti i dazi, di modo da tutelare l’industria europea.

Il giorno dopo il primo ministro Michel Barnier è andato a Bruxelles per cercare di convincere la Commissione europea a rinegoziare l’accordo, dicendo che se il trattato fosse approvato in questa forma avrebbe un «impatto disastroso» su «interi settori, in particolare l’agricoltura e l’allevamento». La Francia vorrebbe che fossero inserite delle clausole cosiddette “specchio”, che impongano standard identici di produzione dei prodotti scambiati fra i due blocchi, cosa che però i governi sudamericani reputano irrealizzabile.

I dubbi francesi in questo senso sono in parte fondati. Una relazione interna recentemente presentata alla Commissione europea ha concluso che il Brasile, che è il principale esportatore di carne bovina al mondo, non potrebbe garantire che agli animali non venga somministrato l’estradiolo 17-β, un ormone della crescita vietato in Europa decenni fa ma ancora molto utilizzato in Brasile.

Nel 2020 un’altra indagine commissionata dal governo francese aveva concluso che l’accordo avrebbe portato a un’accelerazione della deforestazione nei paesi del Mercosur del 5 per cento all’anno per i sei anni successivi alla ratifica: specialmente in Brasile le attività di deforestazione non autorizzate sono usate per creare più spazio per gli allevamenti intensivi e le coltivazioni, che si pensa aumenterebbero dopo la firma dell’accordo.

– Leggi anche: Nel 2019, il Brasile stava disboscando l’Amazzonia molto più in fretta di prima

Per evitare che la Francia possa bloccare l’accordo, non ratificandolo e quindi facendolo saltare per tutta l’Unione Europea, la Commissione ha proposto la creazione di sussidi per gli agricoltori danneggiati. Per ora i sindacati francesi si sono comunque opposti, giudicando i sussidi una soluzione non a lungo termine.

Per evitare il veto francese, la Commissione ha più volte parlato della possibilità di dividere il trattato in due, separando la parte strettamente commerciale da quella più generale di cooperazione. In questo caso la ratifica avrebbe bisogno solo di una maggioranza qualificata (cioè almeno 15 paesi che rappresentino il 65 per cento della popolazione europea) e per bloccarla la Francia avrebbe bisogno di convincere almeno quattro stati membri che rappresentino più del 35 per cento della popolazione europea.