Di questa statua a Vienna c’è solo il piedistallo, da dieci anni
È quella del re polacco Jan III Sobieski, che sconfisse l'Impero ottomano: il governo locale teme possa alimentare l'islamofobia
Da più di un decennio a Vienna si discute della costruzione di una statua a Jan III Sobieski, che fu un condottiero e re polacco: è considerato il «liberatore di Vienna», perché che nel 1683 sconfisse le truppe dell’Impero ottomano che stavano assediando la città, in una battaglia generalmente ritenuta tra le più importanti per la storia europea.
Sobieski oggi è un importante personaggio storico in città: gli sono dedicate una via e una piazza, oltre che numerose targhe commemorative, ma nessuna statua. Nel 2013, su iniziativa di un’associazione polacca di Cracovia, la città di Vienna iniziò la costruzione di un monumento a Sobieski nella località di Kahlenberg, nella periferia nord della città: lo stesso luogo dove Sobieski sconfisse le truppe ottomane. Dopo un dibattito durato più di dieci anni, però, l’amministrazione della città ha deciso di abbandonare il piano, per timore che la statua possa «diventare un palcoscenico per l’espressione di risentimento islamofobo o antiturco». Attualmente della statua esiste soltanto il piedistallo.
Secondo i piani iniziali, il monumento a Sobieski avrebbe dovuto essere una grande statua equestre lunga più di otto metri. Nel 2013 a Kahlenberg venne anche costruito il piedistallo per poterla ospitare. Cinque anni più tardi però, quando la statua fu completata, il governo locale di Vienna decise di non metterla al suo posto, ufficialmente perché il monumento — che era stato realizzato da un artista polacco — non corrispondeva alle aspettative dell’amministrazione.
Già allora il monumento era ritenuto molto controverso, soprattutto dalla comunità musulmana di Vienna.
Dal censimento del 2001, l’Austria ufficialmente non raccoglie più informazioni relative all’affiliazione religiosa dei residenti. Secondo alcune stime, però, nel 2016 nel paese vivevano circa 700mila persone di religione musulmana: da allora sono aumentate. I cittadini turchi emigrati in Austria sono ufficialmente circa 124mila, e molti di loro vivono proprio a Vienna: l’Impero ottomano, pur essendo un enorme impero multietnico e abbastanza tollerante dal punto di vista religioso, aveva nell’attuale Istanbul la sua capitale, e il suo principale luogo di potere nell’attuale Turchia.
La statua di Sobieski non venne mai esposta: a Kahlenberg rimase il piedistallo, vuoto, al quale è stata aggiunta una frase in tedesco, polacco e inglese. La scritta ha toni molto moderati ed evita i riferimenti a particolari appartenenze religiose, presenta la battaglia come «il culmine e il punto di svolta nella lotta tra due imperi», e commemora le più di 50mila persone morte nello scontro, esprimendo la speranza che la memoria dell’evento «possa servire da monito per la pace tra i popoli dell’Europa».
Nello stesso anno, l’amministrazione di Vienna decise anche di commissionare uno studio a un gruppo di studiosi polacchi e austriaci per capire come affrontare la questione, prima di completare il monumento.
Nelle conclusioni dello studio gli autori raccomandavano alla città di astenersi dall’erigere un monumento che rappresentasse un modello eroico: quel tipo di modello per i monumenti era popolare e diffuso nel Diciannovesimo secolo, secondo il rapporto; oggi, però, sarebbe stato considerato «troppo anacronistico» e «difficile da conciliare con l’idea di un’Europa unita che si considera un progetto di pace».
Il rapporto fu terminato attorno al 2019, e l’inizio della pandemia da Covid-19 ritardò ulteriormente le discussioni. Nel frattempo, negli Stati Uniti e in molti paesi europei si era diffuso il movimento Black Lives Matter, che condannava il razzismo e – tra le altre cose – proponeva anche un approccio più critico nei confronti della storia e dei molti monumenti giudicati controversi nelle città statunitensi ed europee. Secondo l’amministrazione di Vienna, il dibattito iniziato da Black Lives Matter ha dimostrato l’importanza di esaminare la storia, e i monumenti, «dalla prospettiva del presente».
Lo scorso 8 novembre l’assessora comunale per la Cultura e la Scienza, la Socialdemocratica Veronica Kaup-Hasler, ha annunciato che il monumento a Sobieski non verrà completato con una statua, dal momento che «potrebbe essere strumentalizzato per provocazioni xenofobe e aumentare il risentimento antiturco e antimusulmano». Ha anche detto che il monumento rimarrà così com’è oggi: «La città di Vienna difende i diritti umani e la coesistenza pacifica, e ha deciso di non creare un monumento che potrebbe essere occasione di discordia e divisioni nella società».
Negli anni scorsi il Partito della Libertà (FPÖ), di estrema destra, e il Partito Popolare (ÖVP), di centrodestra, hanno difeso il progetto di un monumento a Sobieski. Dopo che è stata resa pubblica, entrambi i partiti hanno criticato la decisione di non completarlo con una statua. Due rappresentanti dell’ÖVP al Consiglio comunale di Vienna, Caroline Hungerländer e Laura Sachslehner, hanno detto che la storia del monumento a Sobieski «è una farsa che dura da anni», e che la decisione di Kaup-Hasler nega «una commemorazione dignitosa di Jan Sobieski».
La figura storica di Sobieski, in realtà, ha avuto fortune alterne in Austria, come spiegava qualche anno fa l’emittente pubblica austriaca ORF. La sua memoria è stata recuperata soprattutto a partire dagli anni Ottanta, quando moltissimi polacchi cominciarono a emigrare in Austria, e in particolare dopo il trecentesimo anniversario della battaglia di Kahlenberg, nel 1983, anche allo scopo di rafforzare un senso di legame e di amicizia tra la Polonia e l’Austria. Più recentemente, e in particolare dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, Sobieski è diventato un’icona dell’estrema destra: negli ultimi anni il movimento identitario di estrema destra austriaco Gedenken 1683 ha anche organizzato diverse manifestazioni a Kahlenberg il 12 settembre, nell’anniversario della battaglia vinta da Sobieski.