Un gioco di negoziazioni, per cinque persone
"Crescent Moon" non è un gioco per chiunque, ma promette grandi emozioni a chi voglia dedicarci tempo e attenzione
di Viola Stefanello
Kamchatka è una rubrica mensile di Consumismi in cui proviamo giochi da tavolo per conto vostro e vi diciamo se ci siamo divertiti, cosa ne pensiamo e a chi potrebbero piacere. Non parleremo di grandi classici come Risiko!, ma l’abbiamo chiamata “Kamchatka” perché speriamo di conquistare voi come tutti i giocatori hanno fatto almeno una volta con il più famoso dei suoi territori.
Ogni tanto l’industria culturale viene attraversata da una nuova opera che fa talmente presa sull’immaginario collettivo da provocare un’ondata di imitazioni. È successo per esempio con i libri di Hunger Games di Suzanne Collins, che hanno dato nuova vita al genere distopico pensato per un pubblico di adolescenti e ventenni; con i film horror basati sulle possessioni dopo il fortunatissimo L’esorcista di William Friedkin del 1974; con il pop alternativo statunitense, che è stato languido e triste per anni dopo il debutto di Lana Del Rey. E sta succedendo in parte nel settore dei giochi da tavolo dopo l’enorme successo di Root, gioco di guerra dall’estetica pucciosa uscito nel 2018 e tuttora tra i giochi più amati dalla community di BoardGameGeek, il più importante forum per gli amanti del genere. Il Post l’aveva recensito qui.
Dal 2018 in poi vari game designer hanno cercato di replicare l’entusiasmo generato da Root interpretando a modo loro il concetto di gioco da tavolo asimmetrico, in cui cioè ogni giocatore si comporta, si muove, ottiene punti, ha obiettivi e interagisce con lo spazio di gioco in modo diverso dagli altri. Tra quelli che hanno ottenuto più attenzione c’è senza dubbio Crescent Moon, disegnato da Steven Mathers (con graziose illustrazioni orientaleggianti di Navid Rahman) e uscito originariamente per Osprey Games, ma edito in Italia da Cranio Creations.
All’apparenza non è, in effetti, così diverso da Root. Entrambi chiedono ai giocatori di interpretare fazioni belligeranti che devono trovare un modo di controllare un territorio per raggiungere i propri obiettivi. Nel caso di Crescent Moon, il gioco prevede cinque giocatori, che interpretano rispettivamente il ruolo del Califfo (un sovrano militarista che può facilmente sottomettere territori), del Sultano (che privilegia il potere economico), del Signore della Guerra (che non può costruire strutture ma può saccheggiare quelle altrui), del Murshid (che interferisce nei conflitti degli altri giocatori, spesso trasformandoli completamente) e del Nomade (che controlla un popolo di mercenari pronti a essere assoldati). Si può decidere se fare una partita di tre o quattro turni, e ogni turno permette a ciascuno di compiere quattro azioni. Vince chi ottiene più punti alla fine del gioco.
Si può anche giocare in quattro, ma gli appassionati sono concordi nel dire che l’assenza del quinto partecipante si fa molto sentire e rende la partita meno coinvolgente. La decisione di progettare un gioco che richieda un numero fisso, e relativamente alto, di giocatori è piuttosto unica, soprattutto nell’industria attuale dei giochi da tavolo, dove capita invece sempre più spesso che ci siano modi per giocare anche da soli, per venire incontro agli appassionati che non possono facilmente radunare un gruppo di amici per giocare. Crescent Moon, da questo punto di vista, è un po’ come un gioco di ruolo classico alla Dungeons & Dragons: promette grandi soddisfazioni e divertimento a un gruppo stabile di persone che abbiano voglia di capirne bene i meccanismi e le specificità, mantenendo alto il livello di coinvolgimento e concentrazione nell’arco della partita. Il problema, ovviamente, è trovare cinque persone ugualmente motivate a imbarcarsi in un’operazione del genere.
Per il resto, sia Root che Crescent Moon nascondono la propria profondità di strategia (e, se vogliamo, la “serietà” del gioco) dietro a una componente estetica tanto rilassante e tenera da essere ingannevole: nel caso di Crescent Moon le tessere che compongono la mappa, ma soprattutto le carte con i personaggi che aiutano man mano i giocatori, fanno riferimento a un immaginario mediorientale, un po’ da Le mille e una notte. Crescent Moon però non è davvero un gioco di guerra, quanto piuttosto un simulatore di conflitti politici: tutto si regge sulla necessità di negoziare costantemente con le altre fazioni per avvicinarsi un po’ alla volta ai propri obiettivi.
La centralità della negoziazione non è sempre evidente alla prima partita, e questo può essere un problema: provando ad approcciare il gioco senza grandi interazioni con gli altri giocatori l’esperienza sarà piuttosto insoddisfacente. Come si legge in una bella recensione di IGN, «approcciarsi a un gioco asimmetrico è sempre un po’ snervante. C’è molto da imparare, dato che ci sono regole diverse per ogni giocatore, e può essere difficile capire come si incastrano tra loro i vari pezzi». Nel caso di Crescent Moon è importante capire subito che «ogni fazione è in una certa misura dipendente dalle altre».
Lo stesso Mathers, game designer di Crescent Moon, rispondendo su BoardGameGeek a un giocatore che non aveva particolarmente apprezzato il gioco, ha riconosciuto che non è per tutti. «È un gioco di negoziazione ed è in quel frangente che si sviluppa tutto il potenziale divertimento. Se il vostro gruppo trova faticoso o stressante negoziare, non vi piacerà questo gioco», ha spiegato, aggiungendo che la sua intenzione non era creare un gioco “affidabile”, che assicuri almeno una base di divertimento a giocatori vecchi e nuovi ogni volta che si fa una partita e possa essere giocato tranquillamente per riempire qualche ora, ma «un’esperienza che possa toccare dei picchi memorabili. Memorabili perché coinvolgono davvero le persone che interagiscono con il gioco, facendo loro provare l’intera gamma di emozioni umane, dall’eccitazione al risentimento».
Crescent Moon si può comprare a 60 euro su Amazon e sul sito di Feltrinelli, oppure è attualmente in sconto a 50 su Egyp.