80 anni da Danny DeVito

Dai suoi inizi in uno dei film più famosi della storia del cinema alle sitcom, passando per il teatro, non c'è un ruolo che non sia riuscito a trasformare in qualcosa di unico

(Getty Images)
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«Nessun direttore del casting si dimenticherà mai di quel tizio alto un metro e mezzo!», raccontò qualche tempo fa Danny DeVito in un’intervista, dicendo di essere stato avvantaggiato nella sua lunga e ricca carriera dalla sua altezza (1 metro e 47 centimetri, per la precisione), imparando a non farsene un problema. Attore al cinema, in teatro, in televisione, sceneggiatore e produttore cinematografico, a 80 anni appena compiuti DeVito è ancora oggi uno dei personaggi più famosi e apprezzati di Hollywood, con una carriera solida e serissima, eppure mai presa troppo sul serio.

Il suo primo grande ruolo fu l’interpretazione di Martini, il paziente con modi di fare bambineschi nell’ospedale psichiatrico di Qualcuno volò sul nido del cuculo del 1975; film che ebbe un enorme successo e che ricevette poi cinque premi Oscar, tutti quelli importanti. DeVito aveva in precedenza interpretato quel personaggio a teatro, dopo avere scoperto un po’ per caso che gli piaceva la recitazione e l’ambiente che ci girava intorno.

Nato il 17 novembre 1944 a Neptune, nel New Jersey, Danny DeVito aveva finito le scuole superiori nel 1962 e – desideroso di trovare subito un’occupazione – aveva iniziato a lavorare nel salone di bellezza di sua sorella, Angie. Dopo qualche tempo, fu proprio la sorella a consigliargli di fare un corso da truccatore all’American Academy of Dramatic Arts. Lavorando con gli attori, DeVito capì che gli interessava la recitazione e conseguì un diploma all’accademia nel 1966. Cinque anni dopo era Martini nella versione teatrale di Qualcuno volò sul nido del cuculo e la sua carriera non si sarebbe più fermata.

Dopo i primi successi al cinema arrivò la televisione con la sitcom Taxi, dove DeVito interpretava Louie De Palma, il direttore di una azienda di taxi piuttosto litigioso con i suoi tassisti. La serie fu trasmessa negli Stati Uniti tra il 1978 e il 1983, ricevendo critiche molto positive nelle sue prime stagioni e diversi Emmy e Golden Globe.

Nella seconda metà degli anni Ottanta ebbe diversi successi con i film Getta la mamma dal treno con Billy Crystal, I gemelli in una improbabile coppia con Arnold Schwarzenegger, e La guerra dei Roses, apprezzato film con Michael Douglas e Kathleen Turner, diretti sempre da DeVito.

Negli anni Novanta fu il Pinguino nel film Batman Returns, tornò a recitare insieme a Schwarzenegger nel film Junior ed ebbe una parte nel thriller-noir L.A. Confidential.

Ma a Danny DeVito si deve anche l’esistenza di alcuni importanti film, prodotti da Jersey Film, la casa di produzione che fondò insieme a Michael Shamberg. Tra tutti Pulp Fiction, il film del 1994 diretto da Quentin Tarantino con John Travolta e Uma Thurman (che fu poi distribuito da Miramax, la società di Harvey Weinstein, potente produttore cinematografico coinvolto a partire dal 2017 nelle inchieste giornalistiche e giudiziarie su molti casi di molestie e violenze sessuali dalle quali prese poi avvio il #MeToo), ma anche Erin Brockovich – Forte come la verità di Steven Soderbergh e con Julia Roberts.

Negli ultimi anni DeVito è tornato a teatro alternando ruoli seri e più frivoli, ricevendo in molti casi critiche e recensioni molto positive, talvolta sorprese per la maturazione della sua capacità interpretativa. Ma la sua fama, soprattutto per le nuove generazioni, deriva soprattutto dalla sitcom C’è sempre il sole a Philadelphia, arrivata ormai alla sedicesima stagione con 170 episodi. La serie è nota per il suo umorismo nero e politicamente scorretto e per affrontare argomenti spesso controversi, con un approccio tra il cinico e il satirico. DeVito interpreta dalla seconda stagione il ruolo di Frank Reynolds, padre di altri due protagonisti della serie, anche se ci sono dubbi sulla paternità, ed è uno dei personaggi più imprevedibili e assurdi.

Nella sua lunga carriera, DeVito ha del resto sempre giocato con l’imprevedibilità e l’assurdità, scegliendo ruoli molto diversi tra loro e mescolando l’assurdo con il realismo. Nel farlo ha lavorato con grandi attori come Michael Douglas e Jack Nicholson, coltivando spesso amicizie decennali, per un semplice motivo come confidò qualche anno fa: «Le persone entrano nella tua vita e ti diverti con loro, e il tempo passa e ti diverti ancora e fai cose stupide con loro. Per me, questa è la vita».