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  • Venerdì 15 novembre 2024

Lo spazio sospeso della North Circular a Londra

La strada unisce i quartieri a nord della città ma è anche un confine tra ciò che è londinese e ciò che lo sarà, racconta il nuovo numero di The Passenger

(Un punto della North Circular - José Sarmento Matos per The Passenger)
(Un punto della North Circular - José Sarmento Matos per The Passenger)
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L’ultimo numero di The Passenger, il libro-rivista sui viaggi pubblicato dalla casa editrice Iperborea, è dedicato a Londra: a com’è cambiata dopo le tre crisi recenti (quella economica del 2008, le conseguenze di Brexit e il Covid), alla sua scena musicale con i generi grime e drill, alla gran quantità di zone verdi (il 63 per cento della sua superficie), al fallimento delle politiche di edilizia popolare, alla rilevante comunità nigeriana e all’importanza delle periferie.

Sull’argomento c’è anche un articolo del giornalista Jonathan Nunn, che scrive di cibo e cultura per giornali e riviste come Eater London, 1843 (l’inserto culturale dell’Economist) e il Guardian, e che ha fondato Vittles, una newsletter in cui il cibo viene raccontato nei suoi aspetti economici e culturali. Dunn ha raccontato una giornata nei locali e nei negozi lungo la North Circular, una circonvallazione che unisce i quartieri settentrionali di Londra: chiunque sia nato e cresciuto in quelle zone ha passato molto tempo scarrozzato dai genitori su quella strada o ci ha atteso l’autobus per pomeriggi interminabili.

Nunn espone la desolazione e la bruttezza delle abitazioni lungo la strada ma anche la vivacità e l’imprevedibilità di quel che c’è oltre e che, molto probabilmente, contaminerà i quartieri centrali dove diventerà di moda: «a volte penso che ciò che si trova al di fuori della North Circular sia ancora più londinese di ciò che si trova al suo interno».

La foto di ragazza che aspetta alla stazione di Abbey Wood

(ltife aspetta alla stazione di Abbey Wood – La foto, come tutte le altre del volume, è stata scattata da José Sarmento Matos)

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Undici fermate sulla North Circular di Jonathan Nunn
traduzione di Simonetta Roncaglia

1. È raro che ricordi con chiarezza i miei sogni, ma so che ci sono luoghi che mi si presentano con una certa regolarità. Per la maggior parte non si tratta di luoghi reali, almeno nel senso che con la realtà fisica hanno un rapporto incerto: una Pechino che non assomiglia per niente a Pechino; un treno suburbano che collega Parigi e Londra; una simulazione di New York che condensa la città nella giostra di un luna park; una scuola che non ho mai frequentato.

Ma c’è un luogo che nei sogni visito spesso e che invece esiste davvero, e la mia mente lo riproduce con insolita chiarezza: è una fermata dell’autobus a Clockhouse junction, sulla North circular road, vicino al suo punto più settentrionale, dove per sette anni di fila ogni mattina ho aspettato il bus per la scuola e dove, nel sogno, sono ancora lì, da solo, e sto ancora aspettando. È uno spazio sospeso, un po’ come la stazione ferroviaria in Matrix revolutions. Ogni tanto un autobus appare in lontananza e io stringo gli occhi per vedere se è un 629 o un 329, la differenza tra un viaggio facile e uno più complicato. Ma l’autobus non arriva mai. E io sono sempre lì ad aspettare.

(Il piccolo stagno a Greenwich Park – José Sarmento Matos per The Passenger)

2. La North circular road, o Circonvallazione Nord, non è mai stata pensata per definire i confini di Londra; era semplicemente il mezzo per raggiungere un fine. Quando nel 1934 fu inaugurata ufficialmente dal ministro dei Trasporti Oliver Stanley, all’ultimo atto del suo mandato, era lunga appena 24 chilometri. Partiva a ovest da Gunnersbury, dove intersecava la Great West road che porta all’aeroporto di Heathrow, e arrivava a est a Woodford, che allora era nella contea dell’Essex, dove incontrava la Eastern avenue, la strada che si snoda fino a Southend-on Sea e all’estuario del Tamigi. La maggior parte delle strade di Londra sono radiali, cioè entrano o escono dal centro, collegando la capitale alle sue città satellite, che tra loro hanno un rapporto di reciproca diffidenza.

Ma la North circular era un’altra cosa: cuciva insieme l’estremo Est e l’estremo Ovest della città in un arco ordinato, allo scopo di ridurre il traffico e collegare le zone industriali di Londra. (Ironia della sorte, in seguito sarebbe invece diventata una fonte di traffico, ed essa stessa un hinterland industriale.) Nei dieci anni che ci vollero per costruirla, la circonvallazione dovette insinuarsi nell’infrastruttura esistente della città, attraversando altre strade, linee ferroviarie e quartieri residenziali, e rendendo persino necessaria la costruzione di un acquedotto per far passare il canale Grand Union sopra di essa. Tagliò in due quartieri e aree urbane che non erano veramente fuori Londra, ma nemmeno veramente dentro: Brentford, Acton, Ealing, Wembley, Finchley, Palmers Green, Edmonton, Chingford. In seguito fu estesa fino a Woolwich, dove, collegandosi alla South circular,
forma un anello un po’ storto e quasi ininterrotto attraverso i sobborghi di Londra.

Nel suo libro del 1971 Los Angeles. L’architettura di quattro ecologie, il teorico dell’architettura britannico Reyner Banham attribuisce il carattere delle diverse architetture della città americana ai quattro principali sistemi ecologici che la compongono: le pianure, le spiagge, le colline e le freeways (le autostrade). Nel caso di Londra, le ecologie sono ovviamente il fiume, i parchi e i viadotti ferroviari. Meno ovvie, forse, sono le circonvallazioni, visto che Londra notoriamente le detesta. Negli anni Sessanta il progetto London ringway ha cercato di forzare all’interno della città quattro circolari che collegassero tra loro le strade radiali, incontrando ogni volta forti resistenze.

Solo una delle circonvallazioni fu completata, un amalgama di quelle che dovevano essere la terza e la quarta, che infine divenne l’autostrada M25, la dura barriera che lo scrittore Iain Sinclair, il più noto flâneur di Londra, descrive come la «collana di cemento» della città. Un’altra autostrada, la Ringway 2, avrebbe dovuto sovrapporsi alle North e South circular, ma finì per diventare la A406, classificata come statale anche se rimane parzialmente urbana: una barriera decisamente più morbida. La M25 divide ciò che è Londra da ciò che non lo è, ma è la North circular che definisce due diverse versioni di Londra e dell’essere londinese.

La foto di una partita di calcio al Burgess park, a Londra Sud

(Una partita di calcio al Burgess Park, a Londra – José Sarmento Matos per The Passenger)

3. Going home, il romanzo del 2024 dello scrittore Tom Lamont ambientato a Enfield, inizia così: «La North circular road era una soglia.» Quand’ero ragazzo, mio padre, giardiniere paesaggista, mi portava col suo furgone in giro per il Nord di Londra, dove potevo vedere le case e i giardini privati di persone più ricche di noi: quelle parti della città che solitamente erano nascoste da muri, siepi e alberi posizionati strategicamente.

Papà parlava spesso di questa soglia, e della grande differenza che c’era tra fare lavori all’interno o all’esterno della North circular road. La descriveva come una porta d’accesso a una differente versione di Londra: all’interno, la gente era più disposta ad accettare consigli e preventivi, mentre dall’altra parte le persone erano più diffidenti, e tendevano a contrattare. Non erano necessariamente meno facoltose, ma solo più interessate a conservare il proprio denaro, che forse è la differenza tra vecchi e nuovi ricchi. Mio padre arrivò al punto che, in linea di principio, evitava di occuparsi di giardini che stessero sul lato sbagliato della A406.

Come Lamont, anch’io sono cresciuto nel borough di Enfield, precisamente a Palmers Green, in una strada parallela alla North circular, abbastanza vicina da sentirne il rombo, ma sul lato «giusto». A volte mi chiedo se la mia vita sarebbe andata diversamente se fossi vissuto due strade più in là, dall’altra parte. Forse sarei stato come i miei compagni di scuola, che per dire che andavano in centro dicevano «andiamo a Londra» o «andiamo in città». Non si rendevano conto che vivevano a Londra anche loro? Il London government act del 1963 (che ha creato la nuova suddivisione amministrativa della Grande Londra, N.d.R.) non è servito proprio a nulla?

Noi non abbiamo un’equivalente della Périphérique, la circonvallazione che definisce chiaramente ciò che è Parigi e ciò che è non-Parigi, il suo complemento algebrico. Londra ha un rapporto molto più poroso con le periferie. Quando Reyner Banham assistette all’espansione di Londra degli anni Sessanta dovuta al prolungamento delle ferrovie, ne fu inorridito; temeva che avrebbe portato a una periferia omogenea e priva di cultura, dove Edgware, a nord, sarebbe stata identica a Morden, a sud. Ma le sue profezie non si sono avverate: oggi l’eterogeneità della cultura londinese nasce dalla periferia, prima di essere fagocitata e riprodotta dal centro. A volte penso che ciò che si trova al di fuori della North circular sia ancora più londinese di ciò che si trova al suo interno.

La foto di uno spazio comune all’Hackney shelter, in cui, a settembre 2024, soggiornavano temporaneamente venti ospiti.

(Uno spazio comune all’Hackney shelter in cui, a settembre 2024, soggiornavano temporaneamente venti ospiti – José Sarmento Matos per The Passenger)

4. Per dimostrare la mia tesi, diamo un’occhiata ai ristoranti di Londra. Al di là della North circular, i ristoranti tendono a mantenere gli elementi più conservatori delle periferie, rimandi ad altre cose, ad altri luoghi o ad altri tempi: ristoranti italiani chiamati Al fresco, taverne cipriote ricoperte di bouganvillee, come Babinondas lungo il New River, menu che negli anni non sono stati minimamente toccati delle mode che hanno trasformato la scena gastronomica londinese dall’altra parte della circonvallazione.

Ma sempre più spesso vedo anche ristoranti che i trend li anticipano, e che danno un’idea di come potrebbe essere il settore della ristorazione informale tra dieci anni. C’è il negozio notturno di panini e zuppe cipriote che diventa virale su TikTok, tavole calde che servono innumerevoli versioni del vada pav, un popolare snack indiano tipico dello stato del Maharashtra, furgoni che vendono il kokoreç (intestino di agnello) turco fuori da pub fatiscenti, take away polacchi con un’offerta altamente specializzata che vengono citati nei video degli influencer di YouTube. Oriental city, la prima food court mai comparsa a Londra, era a Colindale: un’intera Chinatown con annessa un’enorme sala giochi Sega world, piazzata nella periferia londinese. Ora che è stata demolita, il centro di Londra pullula di sue fotocopie sbiadite. Questi posti crescono come erbacce inaspettate nel curatissimo giardino dei sobborghi, e poi dilagano.

Ma che dire della soglia stessa? Basta fare due passi sulla North circular, o prendere un autobus, per trovare un’accozzaglia di cose che non potrebbe esistere in nessun’altra strada di Londra, una serie di attività commerciali emarginate, unite dal semplice fatto di trovarsi sullo stesso tratto di cemento: un bar cingalese inondato di luci al neon che sembra uno strip club, accanto alla sala di preghiera di una setta cristiana, accanto a un negozio di mithai (dolci) gujarati, accanto a uno che vende solo saune. Se i negozi di alimentari della North circular sono i più strani e noiosi della città è semplicemente perché tutte le attività della North circular sono strane e noiose, iperspecializzate, e non avendo trovato spazio all’interno della città vera e propria hanno dovuto arrangiarsi, e provare a farcela, in un non-luogo.

Pubblicato in accordo con Iperborea