La partenza del Giro d’Italia dall’Albania è diventata un caso diplomatico

C'entrano i rapporti tra i due governi e i centri per migranti costruiti dall'Italia in Albania, ma anche i soldi chiesti da RCS: è una storia intricata

Tadej Pogačar in maglia rosa in fuga solitaria sul Monte Grappa, nella penultima tappa del Giro d'Italia 2024 (Fabio Ferrari/LaPresse)
Tadej Pogačar in maglia rosa in fuga solitaria sul Monte Grappa, nella penultima tappa del Giro d'Italia 2024 (Fabio Ferrari/LaPresse)
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Martedì scorso si sarebbe dovuta svolgere a Roma la presentazione ufficiale del Giro d’Italia del 2025, ma non c’è stata. Il 31 ottobre la società che organizza la corsa, RCS Sport, aveva annunciato che tutto era posticipato «a data da destinarsi». È un fatto molto insolito, perché le presentazioni dei grandi giri ciclistici sono eventi molto importanti e attesi, che permettono di avviare una grande organizzazione: non solo quella degli appassionati che vogliono seguirlo, ma anche quella dei ciclisti stessi, che scoprono le caratteristiche della corsa – da dove partirà e quali località attraverserà, quante e quali salite ci saranno, quanti chilometri a cronometro, e così via – e pianificano la stagione di conseguenza.

Le ragioni di un rinvio così strano riguardano il fatto che, almeno nei piani, il prossimo Giro d’Italia sarebbe dovuto partire da Tirana, in Albania: ormai da qualche tempo capita spesso che il Giro parta dall’estero, per ragioni di sponsorizzazione o comunque commerciali. I paesi che vogliono ospitare qualche tappa, attirando pubblico e visibilità, pagano la società che organizza il Giro. La notizia non era ancora ufficiale, ma ogni anno prima della presentazione ci sono varie indiscrezioni che anticipano qualcosa sul percorso, soprattutto sul luogo di partenza, e anche questa volta si conoscevano già molti dettagli.

L’accordo per far partire il Giro del 2025 in Albania però al momento non c’è, a causa di alcuni disaccordi che hanno coinvolto il governo albanese, quello italiano e RCS: lo confermano fonti interne a tutte le tre parti in causa. Questa situazione di attesa sta trasformando una faccenda sportiva in un piccolo caso diplomatico tra due governi apparentemente amici, quello italiano di Giorgia Meloni e quello albanese di Edi Rama, che negli ultimi tempi com’è noto hanno molto collaborato: anche grazie a questo rapporto infatti il governo italiano ha potuto costruire in Albania due centri per la gestione di persone migranti che chiedono asilo in Italia.

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Proprio la questione dei centri italiani per richiedenti asilo in Albania sembra essere uno dei problemi alla base del mancato accordo sulla partenza del Giro, anche se non l’unico. I giornalisti Beppe Conti e Andrea De Luca di Rai Sport, che per primi avevano parlato di questi problemi, li avevano motivati spiegando che le autorità albanesi si erano infastidite per i toni con cui la stampa italiana aveva raccontato l’Albania, in un contesto sempre più politicizzato per la questione dei centri.

In effetti risulta che il governo albanese si sia lamentato con RCS Sport, che oltre a organizzare il giro fa parte del gruppo editoriale RCS Mediagroup, quello guidato da Urbano Cairo che pubblica la Gazzetta dello Sport, il Corriere della Sera e che detiene La7. Fonti del governo albanese, che hanno chiesto di rimanere anonime, hanno fatto in particolare riferimento ad alcuni servizi andati in onda su La7 da cui secondo loro emergerebbe un’immagine negativa dell’Albania: per il governo albanese sarebbe insomma paradossale pagare poi questa stessa società, RCS, per avere il diritto di organizzare alcune tappe del Giro.

Giorgia Meloni in visita ai centri per migranti in Albania, insieme al premier Edi Rama il 5 giugno 2024 (Vlasov Sulaj/AP Photo)

In ogni caso è solo uno degli aspetti del problema. Le stesse fonti albanesi dicono infatti che anche RCS ha dubbi sulla partenza del Giro in Albania, per il timore che questa decisione possa generare una reazione negativa in molti appassionati di ciclismo. La preoccupazione riguarda proprio il fatto che le questioni politiche possano penalizzare il seguito dell’evento sportivo. Già in passato, quando nel 2018 il Giro decise di partire da Israele, ci furono proteste da parte della comunità palestinese italiana, e della questione dovettero occuparsi anche le diplomazie dei vari paesi.

La direzione del Giro ha fatto notare che da sempre l’evento è esposto a tensioni più grandi del Giro stesso e che hanno poco a che fare con lo sport. «Non viviamo sulla Luna, ma corriamo per le strade, tra la gente», ha detto spesso in questi anni Mauro Vegni, direttore del Giro dal 2012. È una frase apparentemente retorica ma che descrive bene quanto un evento come il Giro d’Italia sia influenzato dall’opinione pubblica, con la decisione della sede di partenza della corsa che può alimentare dibattiti e polemiche sui giornali, sui social newtork e perfino in parlamento. In ogni caso Vegni e i suoi collaboratori hanno fatto capire che vorrebbero evitare che il Giro finisca in dibattiti politici.

L’idea di organizzare la partenza del Giro da Tirana comunque era stata presa in considerazione da RCS ben prima che si concretizzasse l’accordo tra Meloni e Rama con il protocollo d’intesa per la realizzazione dei due centri per richiedenti asilo a Shengjin e Gjader.

Il direttore del Giro d’Italia Mauro Vegni (ROBERTO BETTINI /ANSA)

Fonti del ministero degli Esteri e del ministero dello Sport italiani confermano che le diplomazie dei due paesi si sono interessate della questione tra il Giro d’Italia e l’Albania, ma sostengono che il principale problema sia un altro, di natura prettamente economica. L’accordo iniziale prevedeva che per allestire tre tappe nel paese l’Albania pagasse 7 milioni di euro a RCS. Poi però l’Albania ha chiesto di rivedere molto al ribasso questa cifra, non è chiaro se a causa del fastidio per l’immagine del paese che nel frattempo veniva data nei media italiani e soprattutto nei media di RCS. Sarebbe stata quindi l’offerta molto più bassa a frenare la trattativa e a costringere RCS a rinviare la presentazione del percorso del Giro. Il governo albanese e RCS però non hanno confermato questa versione.

RCS Sport ha fatto capire che ci saranno aggiornamenti a breve e che tra questi ci sarà anche la convocazione della nuova conferenza stampa per la presentazione del Giro 2025. Nel frattempo la direzione del Giro sta conducendo dei colloqui riservati con alcuni dei più importanti ciclisti potenzialmente interessati a partecipare alla corsa italiana, per dare almeno a loro delle garanzie. Il rischio di ritardare la presentazione è infatti che il Giro perda attrattività per gli atleti più seguiti e più richiesti dalle grandi corse a tappe del ciclismo, che comprendono oltre al Giro d’Italia anche il Tour de France e la Vuelta a España (che si corrono in tre settimane e sono molto impegnative): i primi due in particolare si svolgono a poche settimane di distanza, e spesso molti ciclisti decidono di partecipare a uno solo tra Giro d’Italia e Tour de France.

Tra i ciclisti che hanno mostrato interesse per il Giro ci sono i due più forti corridori di corse a tappe in circolazione, lo sloveno Tadej Pogačar che lo ha vinto quest’anno e il danese Jonas Vingegaard: se l’incertezza dovesse durare e scoraggiare la loro partecipazione per il Giro sarebbe una gravissima perdita.

Tadej Pogačar festeggia la vittoria del Giro d’Italia 2024 col celebre “trofeo senza fine”, davanti al Colosseo, premiato da Giorgia Meloni il 26 maggio 2024 (Andrew Medichini/Ap Photo)

Anche senza presentazione di questo Giro d’Italia si sapeva già molto da settimane. Le tappe pianificate in Albania erano tre: una prova a cronometro individuale a Tirana il 9 maggio, e poi il 10 e l’11 maggio due tappe in linea tra Tirana e Durazzo e tra Durazzo e Valona. Dall’Albania poi la carovana di ciclisti si sarebbe dovuta trasferire in Puglia e ripartire da Brindisi. Si conoscono anche altre tappe che erano già state programmate, ma l’incertezza della partenza potrebbe ora comportare modifiche. Oltre all’Albania, le altre ipotesi per la partenza sono la Sicilia e Trieste, con quest’ultima considerata l’alternativa più valida.

È solo apparentemente anomalo che una grande corsa a tappe di ciclismo parta da un paese straniero. Il Tour de France inaugurò questa tradizione già negli anni Cinquanta, il Giro lo imitò nel decennio successivo e nel tempo quest’abitudine si è consolidata. Alla base ci sono motivi economici e mediatici, anche se spesso si ricercano dei motivi simbolici o delle ricorrenze che giustifichino e nobilitino la scelta. Molti paesi, europei e non solo, sono interessati a ospitare un grande evento come la partenza di un giro: perché richiama gente, perché offre visibilità alle proprie città con ricadute positive sul turismo, o perché magari uno sponsor di quel paese è interessato a promuovere l’iniziativa. Per gli organizzatori, partire dall’estero significa allargare la platea di spettatori e appassionati, e soprattutto incassare le cifre, di solito significative, che quel paese ospitante offre per accaparrarsi l’evento.

Il Giro d’Italia partì nel 2010 dai Paesi Bassi, nel 2012 dalla Danimarca, nel 2014 dal Regno Unito, nel 2016 di nuovo dai Paesi Bassi, nel 2018 da Israele (primo e unico caso di partenza di uno dei tre grandi giri ciclistici fuori dall’Europa), nel 2022 dall’Ungheria.

– Leggi anche: Quanto costa all’Italia portare i migranti in Albania