Il partito del presidente ha vinto le elezioni parlamentari in Sri Lanka
È di ispirazione marxista, è passato da 3 a più di 100 seggi in parlamento
Le elezioni parlamentari che si sono tenute giovedì in Sri Lanka sono state vinte nettamente dal partito di Anura Kumara Dissanayake, il nuovo presidente eletto a fine settembre e considerato il più a sinistra della storia del paese. Finora il suo partito di ispirazione marxista, il Partito nazionale del popolo (NPP), controllava solo 3 dei 225 seggi del parlamento, rendendo impossibile per Dissanayake far approvare qualsiasi riforma. Per questo motivo, pochi giorni dopo essere stato eletto, Dissanayake aveva sciolto il parlamento e indetto elezioni anticipate.
In base ai risultati parziali pubblicati dalla commissione elettorale del paese, alle elezioni di giovedì l’NPP ha ottenuto quasi il 62 per cento delle preferenze (circa 6,8 milioni di voti). Con questo risultato il partito del presidente avrebbe in parlamento almeno 107 seggi: per poter governare senza dover formare coalizioni con altri partiti dovrebbe ottenerne almeno 113, mentre per cambiare la Costituzione serve la maggioranza dei due terzi dei parlamentari, quindi almeno 150.
Lo Sri Lanka è un’isola a sud dell’India in cui vivono circa 22 milioni di persone, indipendente dal Regno Unito dal 1948. Negli ultimi due anni il paese è stato governato da Ranil Wickremesinghe, un presidente ad interim subentrato dopo le dimissioni dell’ultimo presidente eletto, Gotabaya Rajapaksa, e del primo ministro, suo fratello Mahinda Rajapaksa.
La famiglia Rajapaksa era stata una potente e antica dinastia politica dello Sri Lanka, che dominò la vita politica del paese per circa vent’anni e che è considerata responsabile della grave crisi economica che nel 2022 portò il paese sull’orlo della bancarotta. Le gigantesche proteste che scoppiarono quell’anno in tutto lo Sri Lanka li costrinsero alle dimissioni.
Subentrato ai Rajapaksa, Wickremesinghe era riuscito a migliorare alcuni importanti indicatori economici grazie a un prestito del Fondo Monetario Internazionale, ottenuto in cambio di una serie di misure di austerity. Le riforme avevano però portato a un aumento delle tasse, del costo dei servizi e alla riduzione dei sussidi, peggiorando le condizioni di una grossa fetta della popolazione.
Lo Sri Lanka era quindi arrivato alle elezioni di settembre con un tasso di povertà più alto rispetto ai livelli pre-crisi e più disoccupazione, che avevano spinto molti giovani professionisti a lasciare il paese in cerca di condizioni migliori. Per contrastare il dissenso, negli anni del suo governo Wickremesinghe aveva anche ridotto il diritto di manifestare, oltre ad aver cercato di posticipare a tempo indeterminato le elezioni che si erano poi tenute a settembre.
In questo contesto Dissanayake era stato eletto promettendo di contrastare la corruzione, di abbassare le tasse per le classi più povere e rafforzare il welfare. Nonostante le origini del suo partito, che negli anni Settanta e Ottanta tentò senza riuscirci di istituire con la violenza uno stato marxista nel paese, le attuali posizioni di Dissanayake sono considerate di sinistra ma moderate.
È favorevole a un intervento deciso dello stato nei settori strategici dell’economia, per esempio, ma anche al libero mercato e alla promozione del settore privato. Negli ultimi anni ha poi stretto rapporti con intellettuali e imprenditori, e ha cercato di rassicurare i creditori internazionali (soprattutto il Fondo Monetario Internazionale) che lo Sri Lanka avrebbe ripagato i suoi debiti.
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