La nuova edizione del principale dizionario francese non è al passo con i tempi
Quello dell’Académie française, che non contiene parole diventate di uso comune e continua a prediligere i termini maschili
Giovedì a Parigi i 40 membri dell’Académie française, una delle istituzioni culturali più importanti e antiche della Francia, hanno presentato al presidente Emmanuel Macron la nona edizione completa del dizionario di riferimento della lingua francese, che l’Académie fa uscire periodicamente sin da quando è stata fondata, quasi 400 anni fa. Per quest’ultima edizione i lavori sono cominciati nel 1986 e già da tempo l’Académie veniva criticata per la lentezza con cui la stava redigendo, anche perché l’edizione completa più recente risaliva al 1935.
La nuova edizione è stata criticata anche per il suo contenuto: molti linguisti, in particolare un gruppo che ha pubblicato un articolo d’opinione sul quotidiano di sinistra Libération, l’hanno definita anacronistica, non aderente alla lingua francese contemporanea e in alcuni casi inesatta. Sono le stesse critiche che vengono rivolte ormai da diversi anni alla stessa Académie, considerata da una parte della popolazione francese un’istituzione troppo legata alla tradizione e con problemi di sessismo.
L’Académie française fu istituita nel 1635 dal cardinale Richelieu, uno degli uomini politici più noti e influenti della storia francese, con l’obiettivo di creare delle regole codificate per la lingua francese e monitorare la sua evoluzione nel tempo. Fra le altre cose, Richelieu diede all’istituzione il compito di redigere e tenere aggiornati un dizionario e un manuale di grammatica che avrebbero dovuto essere un riferimento per chiunque parli o voglia imparare la lingua francese.
Il primo dizionario uscì nel 1694 e da allora i tempi di compilazione di ogni edizione si sono allungati fino ad arrivare a quella attuale, per la quale c’è voluta una media di un anno e mezzo di lavoro per ogni lettera dell’alfabeto. L’ultima edizione è composta da quattro volumi: i primi tre sono usciti singolarmente nel 1992, nel 2005 e nel 2011, mentre l’ultimo, che va dalla lettera R all’ultima parola della lettera Z (ossia Zzz), è stato pubblicato questa settimana insieme a una riedizione completa che contiene termini nuovi anche nelle lettere dalla A alla Q.
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Nel comunicato stampa di presentazione del nuovo dizionario, l’Académie ha detto che il dizionario è lo «specchio di un’epoca che va dagli anni Cinquanta a oggi» e contiene in totale 53mila voci, 21mila in più rispetto alla versione del 1935 (ma comunque molte meno degli altri principali dizionari della lingua francese). Su Libération i linguisti del collettivo “Linguisti costernati” hanno descritto quello dei membri dell’Académie come «uno sforzo notevole ma che è arrivato eccessivamente in ritardo ed è quindi perfettamente inutile».
Un primo problema, notato sia dai “Linguisti costernati” che da altri osservatori, riguarda la mancanza di alcune parole e la presenza di altre: il nuovo dizionario contiene diverse parole popolari negli anni Ottanta ma che ormai non sono più usate, come il termine inglese yuppie, e mancano parole che sono ormai di uso comune in Francia. Due esempi sono la parola chocolatine, un altro modo per definire il pain au chocolat, o la parola féminicide, ossia “femminicidio”. Il dizionario non menziona il coronavirus, e non contiene diverse parole del vocabolario digitale, come il termine “vlog”.
C’è poi tutta una serie di vocaboli le cui descrizioni non sono state aggiornate o sono del tutto anacronistiche: la definizione dell’euro, anche nella versione online, è quella di una moneta unica che «è destinata a sostituire le monete nazionali dei Paesi dell’Unione europea». Il termine “mec”, che oggi viene usato comunemente dalle persone giovani per descrivere un ragazzo o il proprio fidanzato, mantiene sul dizionario il significato che aveva diversi decenni fa, ossia quella di «un noto uomo del mondo della malavita. Talvolta usato per indicare il protettore di una prostituta».
Il corrispettivo femminile di “mec”, sebbene con un’etimologia diversa, ossia “meuf” non è presente, nonostante sia ormai altrettanto comune. “Meuf” (parola composta dalle sillabe invertite della parola “femme”, ossia donna) deriva dal verlan, un gergo caratterizzato dall’inversione delle sillabe delle parole che fino a una decina di anni fa veniva usato quasi solo dai giovani delle periferie francesi. Oggi è invece entrato a far parte della lingua comune ed è soprattutto usato dalle giovani generazioni. Nel loro articolo su Libération, anche i “Linguisti costernati” hanno notato la resistenza dell’Académie a inserire parole provenienti dal verlan, o comunque da un registro più colloquiale, come per esempio “keuf”, ossia “sbirro”.
Tutto questo è problematico se si pensa che il dizionario dell’Académie française è concepito come il documento di riferimento della lingua parlata in Francia.
Esistono inoltre alcune parole di uso comune, come “e-mail”, che l’Académie continua a sconsigliare di usare, preferendo invece i loro corrispettivi francesi (in questo caso “courriel”). Lo stesso non accade però per i termini “woke” e “wokisme”, presenti nella nuova edizione e usati per indicare «una corrente di pensiero o ideologia […] che sostiene la presa di coscienza delle disuguaglianze che strutturano le società occidentali e si concentra sulla lotta alla discriminazione».
Salvo queste poche eccezioni difficilmente traducibili, la riluttanza dell’Académie nell’inserire termini stranieri nel suo dizionario è ben nota in Francia e si declina in quello del femminismo e della scrittura inclusiva.
Delle 743 persone che sono state membri dell’Académie dalla sua fondazione, solo 11 sono state donne: la prima, la scrittrice Marguerite Yourcenar, venne eletta nel 1980. Da tempo l’Académie si oppone alla trasformazione della lingua francese in senso più inclusivo.
L’ultima edizione del dizionario dell’Académie è la prima a contenere la versione femminile delle professioni (come “ambasciatrice” o “professoressa”), qualcosa che gli altri dizionari francesi hanno già integrato da tempo ma a cui l’Académie si era opposta fino al 2019. Nonostante nella versione aggiornata sia stato modificato, tutte le precedenti edizioni del terzo volume cartaceo, uscito nel 2011, definivano ancora il matrimonio come «un’unione legittima fra un uomo e una donna», e non fra due esseri umani.
Se recentemente l’Académie ha dovuto accettare l’inserimento dei sostantivi femminili professionali, rimane estremamente contraria all’abolizione della regola, valida anche in italiano, che in francese è riassunta nella formula: «le masculin l’emporte sur le féminin» e cioè «il maschile ha la meglio sul femminile». Nel 2017, in un momento di acceso dibattito in proposito in Francia, l’Académie fece uscire un comunicato in cui definiva la proposta di abolire questa regola come «un’aberrazione» e che la lingua francese era «ormai in pericolo mortale, e di questo la nazione è da oggi responsabile di fronte alle generazioni future». Le sue posizioni non sono molto cambiate da allora.
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