I Repubblicani avranno la maggioranza anche alla Camera
Del Senato erano già certi: ora per il nuovo presidente statunitense Donald Trump sarà più facile far approvare le leggi
Negli Stati Uniti il partito Repubblicano ha ottenuto la maggioranza dei seggi anche alla Camera, dopo averla ottenuta già al Senato. Alle elezioni del 5 novembre si votava anche per rinnovare tutti i 435 seggi della Camera, come succede ogni due anni, e 34 dei 100 seggi del Senato. La vittoria dei Repubblicani al Senato era considerata sicura ed è stata confermata piuttosto rapidamente, mentre alla Camera la situazione è rimasta in bilico per oltre una settimana a causa del conteggio a rilento in 16 distretti, di cui nove in California.
Alla fine, secondo i risultati preliminari, i Repubblicani avranno sicuramente almeno 218 seggi (la maggioranza), ma ci sono ancora nove seggi da assegnare e quindi il loro vantaggio potrebbe aumentare.
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Alle ultime elezioni del 2022 per la Camera e il Senato i Repubblicani avevano ottenuto la maggioranza alla Camera, con 222 seggi contro i 213 dei Democratici, mentre i Democratici avevano vinto al Senato, con 51 parlamentari contro 49.
Avere la maggioranza alla Camera e al Senato ha grosse ripercussioni sui margini di azione del presidente: negli Stati Uniti tutte le leggi devono essere approvate sia dalla Camera che dal Senato, e quest’ultimo deve anche approvare le nomine di giudici e segretari. Non avere la maggioranza, oppure averne una molto risicata, e lavorare con un Congresso diviso e le due camere controllate da partiti diversi può mettere in difficoltà il presidente e complicare il processo legislativo. Al contrario, con un Congresso saldamente a maggioranza Repubblicana, Trump potrà governare in modo molto più agile.
I leader Repubblicani hanno già detto che intendono sfruttare la maggioranza al Congresso per iniziare ad approvare rapidamente alcune leggi, tra cui un grosso taglio delle tasse per gli americani più ricchi e misure molto più rigide per impedire l’immigrazione irregolare dal confine meridionali. Non sarà comunque scontato, visto che alla Camera c’è una buona parte di deputati Repubblicani che hanno un orientamento più moderato di Trump. I problemi tra questi ultimi e i deputati più vicini a Trump si erano già visti negli scorsi due anni.
Il partito era stato spesso molto diviso, e i contrasti si erano manifestati in particolare nell’ottobre del 2023, quando era stato rimosso dall’incarico di speaker (presidente della Camera) Kevin McCarthy, accusato dai Repubblicani di aver collaborato con i Democratici per evitare la chiusura delle attività federali (il cosiddetto shutdown). Per quasi un mese, pur avendo la maggioranza, il partito non era riuscito a eleggere un nuovo speaker: tre candidati si erano ritirati dopo aver constatato di non avere il necessario sostegno, e solo il quarto, il deputato Mike Johnson (che fa parte dell’ala di estrema destra del partito) era riuscito a mettere d’accordo i Repubblicani.
Avere la maggioranza in Senato renderà più semplice (seppure non scontato) per Trump approvare le nomine non solo dei segretari, ossia i ministri, ma anche degli eventuali nuovi giudici della Corte Suprema. È un tema di cui negli ultimi due anni si è discusso a lungo: l’incarico dei giudici dura per tutta la vita, e durante il suo primo mandato Trump riuscì a nominarne tre su un totale di nove. Altri tre giudici erano stati nominati dai presidenti Repubblicani George H. W. Bush e George W. Bush.
Negli ultimi anni la Corte Suprema statunitense ha preso un orientamento decisamente conservatore, e questo si è rispecchiato in alcune importanti decisioni, come la sentenza con cui nel 2022 eliminò il diritto all’aborto a livello federale: in quel caso la Corte ribaltò una storica decisione che dal 1973 garantiva l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza su tutto il territorio nazionale statunitense, conosciuta come sentenza “Roe v. Wade”.
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