Le elezioni parlamentari in Sri Lanka servono soprattutto al suo nuovo presidente
Al momento il partito di Anura Kumara Dissanayake, eletto a settembre, controlla solo 3 seggi su 225
Giovedì in Sri Lanka si sono tenute le elezioni per rinnovare il parlamento unicamerale del paese, composto da 225 rappresentanti. I seggi hanno chiuso alle 16 (le 11:30 ora italiana) e ci si aspetta che i risultati ufficiali vengano comunicati venerdì. Il nuovo parlamento dovrebbe riunirsi il 21 novembre per eleggere un presidente.
Sono elezioni molto importanti per il neoeletto presidente Anura Kumara Dissanayake, considerato il più a sinistra della storia del paese: era stato eletto a fine settembre promettendo di porre fine alla grave crisi economica che va avanti dal 2022 e di combattere la corruzione. Fino a oggi però il suo partito, il Partito nazionale del popolo, controllava solo tre seggi del parlamento (che è quello uscito dalle ultime elezioni, nel 2020), e questo rende impossibile per Dissanayake far approvare qualsiasi riforma. Pochi giorni dopo essere stato eletto aveva sciolto il parlamento e indetto elezioni anticipate. Le elezioni parlamentari giovedì sono quindi viste come una sorta di secondo voto di fiducia nei confronti della sua presidenza.
Dissanayake deve far eleggere almeno 113 parlamentari per poter governare senza dover formare coalizioni con altri partiti. Per cambiare la Costituzione è invece necessaria la maggioranza dei due terzi dei parlamentari (quindi almeno 150), una soglia che difficilmente riuscirà a raggiungere, nonostante l’avesse promesso durante la campagna elettorale.
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Lo Sri Lanka è un’isola a sud dell’India in cui vivono circa 22 milioni di persone, indipendente dal Regno Unito dal 1948. Alle elezioni parlamentari possono votare oltre 17 milioni di persone. Dei 225 seggi, 196 sono eletti in 22 circoscrizioni con un sistema proporzionale, mentre i restanti 29 vengono assegnati sempre con un criterio proporzionale ma sulla base dei voti presi da ciascun partito in tutto il paese. Alle elezioni si erano candidate quasi 9mila persone appartenenti a 49 partiti politici e 284 gruppi indipendenti, ma solo un migliaio di loro ha effettivamente fatto campagna elettorale.
Dissanayake è stato eletto circa due mesi fa dopo anni di crisi economica provocata dalle politiche sbagliate dei governi della famiglia Rajapaksa, una potente e antica dinastia politica che si spartì alcuni importanti ruoli di potere, favorendo la corruzione. La crisi è stata aggravata anche dalla pandemia di Covid-19 e dalla carenza di grano e cereali provocata dalla guerra in Ucraina.
Nel 2023 il governo riuscì a farsi approvare un prestito da quasi 3 miliardi di dollari (circa 2,8 miliardi di euro) dal Fondo Monetario Internazionale, in cambio di una serie di riforme economiche e fiscali molto rigorose che hanno effettivamente migliorato alcuni indicatori economici, come l’inflazione, ma che hanno anche aggravato le condizioni di una grossa fetta della popolazione. Fra le altre cose, il tasso di povertà è più che raddoppiato dal 2019 a oggi ed è diminuita l’occupazione, soprattutto tra le donne e nelle città. Il numero di lavoratori emigrati è cresciuto dal 2022 fino a superare i 300mila ogni anno.
Per contrastare il dissenso crescente, che nel 2022 aveva causato grandi e violente manifestazioni che avevano portato alla caduta del governo, l’ex presidente Ranil Wickremesinghe aveva ridotto il diritto di manifestare e posticipato a tempo indeterminato le elezioni presidenziali, che si sono poi svolte lo scorso settembre.
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In questo contesto Dissanayake era stato eletto presentandosi come il candidato anticorruzione, vicino al popolo e garante della trasparenza. Ha promesso un cambio netto della situazione economica del paese che dovrebbe passare attraverso l’abbassamento delle tasse ai più poveri, l’avvio di programmi di welfare più generosi e lo sviluppo del settore manifatturiero, tecnologico e agricolo. Al tempo stesso ha cercato di rassicurare i creditori internazionali, e soprattutto il Fondo Monetario Internazionale, che lo Sri Lanka avrebbe pagato i suoi debiti.
Non è ancora chiaro come intenda rispettare assieme questi due impegni, ma certamente senza la maggioranza in parlamento non potrebbe attuare nessuna delle riforme che ha proposto in campagna elettorale.