Alla Camera statunitense aspettano la California
Non c'è ancora una maggioranza certa e lo stato deve annunciare i risultati di nove distretti, ma il conteggio procede a rilento
Una settimana dopo le elezioni statunitensi del 5 novembre non è ancora chiaro quale partito avrà la maggioranza alla Camera (uno dei due rami del Congresso, l’altro è il Senato). Alcuni stati stanno ancora contando i voti, e in diversi distretti non è stato annunciato un vincitore. Lo stato più indietro con le procedure è anche il più popoloso: la California.
Il 5 novembre i cittadini statunitensi hanno votato, tra le altre cose, per rinnovare tutti i 435 seggi della Camera, come succede ogni due anni. Dal 2022 la Camera è controllata dal Partito Repubblicano, che ha 220 deputati contro i 212 Democratici (ci sono anche tre seggi vacanti, che sono stati riempiti con le elezioni del 5 novembre). In base ai dati attualmente disponibili, i Repubblicani sono in vantaggio con 214 deputati eletti contro 205 Democratici, ma mancano ancora i risultati di 16 distretti. Nove di questi – quindi oltre la metà – sono in California, uno stato dove i Democratici hanno buone possibilità di ottenere qualche altro seggio.
Negli Stati Uniti (come in Italia) tutte le leggi devono essere approvate in forma uguale sia dalla Camera che dal Senato. Dato che il Partito Repubblicano ha già ottenuto la maggioranza al Senato e Donald Trump ha vinto le elezioni presidenziali, ottenere il controllo della Camera o perlomeno di una buona quota dei suoi seggi permetterebbe ai Democratici di influenzare, seppure limitatamente, l’attività legislativa.
È probabile che l’equilibrio finale sarà deciso dai nove seggi che la California deve ancora assegnare. Dato che gli elettori votano per tutte le consultazioni su un’unica scheda, lo stato deve ancora fine di contare non solo i voti per le elezioni del Congresso, ma anche quelli delle presidenziali: è già certo che abbia vinto Kamala Harris, ma finora è stato conteggiato il 76 per cento dei voti ricevuti, la percentuale più bassa di tutti i 50 stati.
Ci sono varie ragioni che spiegano questa lentezza. Come detto, la California è lo stato più popoloso degli Stati Uniti, con quasi 40 milioni di abitanti e 22 milioni di elettori registrati (negli Stati Uniti l’iscrizione alle liste elettorali è volontaria e avviene solo su richiesta esplicita dei cittadini). Di conseguenza, i funzionari elettorali devono contare moltissimi voti.
Inoltre dal 2020 lo stato invia automaticamente una scheda elettorale a casa di tutti gli elettori registrati, per dare loro la possibilità di votare per posta. Alle elezioni di metà mandato del 2022 il 91 per cento dei voti in California fu espresso con questa modalità: significa che gli elettori compilano la scheda a casa e poi la spediscono oppure la depositano in apposite drop box, delle cassette che in occasione delle consultazioni elettorali sono posizionate vicino ai seggi o agli uffici pubblici.
Mike Sanchez, un portavoce dell’ufficio elettorale della contea di Los Angeles (la più popolosa di tutti gli Stati Uniti), ha detto al New York Times che lì hanno votato complessivamente circa quattro milioni di persone: di queste circa un milione ha votato per posta oppure lasciando la scheda a una drop box il giorno dell’elezione. Questi voti vengono esaminati dopo quelli espressi di persona ai seggi, e richiedono più tempo.
In California, per garantire sia la segretezza che la regolarità del voto (ed evitare, per esempio, che un elettore voti sia di persona che per posta), ogni scheda compilata fuori dai seggi viene inserita in un’apposita busta, che deve essere firmata. I funzionari devono quindi verificare tutte le firme, e nel caso in cui risultino dubbie oppure ci sia qualche errore formale devono chiamare l’elettore e dargli modo di correggere l’irregolarità, per fare in modo che il suo voto venga conteggiato: è un processo che può richiedere anche diversi giorni. Inoltre lo stato conta i voti arrivati per posta fino a sette giorni dopo il giorno delle elezioni, se sono stati inviati entro il 5 novembre.
La California è inoltre uno dei 23 stati che offrono la possibilità agli elettori di registrarsi direttamente il giorno dell’elezione, subito prima di votare. È una procedura che semplifica il voto e ne allarga l’accesso, ma comporta anche maggiore lavoro, dato che la regolarità delle nuove registrazioni deve essere confermata caso per caso.
Secondo gli ultimi dati disponibili, aggiornati al pomeriggio di venerdì 8 novembre, in California ci sono ancora 5 milioni di voti da contare, di cui più di 950mila nella contea di Los Angeles. Secondo le leggi statali, i funzionari hanno fino a 30 giorni di tempo per comunicare i risultati finali. Anche per questo, gli uffici non rimangono aperti 24 ore al giorno, anzi: molti stanno continuando a lavorare con i soliti orari, rispettando anche le richieste di ferie e permessi dei lavoratori.
La lentezza della California nel contare i voti sta alimentando diverse teorie del complotto secondo cui ci sarebbero stati brogli nelle operazioni elettorali, diffuse sia dai Repubblicani che dai Democratici. Secondo Shirley N. Weber, segretaria di Stato della California, un eventuale sveltimento delle procedure non risolverebbe il problema, dato che le informazioni false o fuorvianti continuerebbero a circolare. «Vogliamo contare ogni voto», ha detto al New York Times.
Oltre a nove distretti della California, non sono ancora stati annunciati i risultati delle elezioni per la Camera in altri sette distretti negli stati di Washington, Oregon, Colorado, Arizona, Iowa, Maine e Alaska.