Nell’audizione per diventare commissario europeo Fitto ha evitato l’argomento “governo italiano”
Per prenderne le distanze e ingraziarsi i gruppi progressisti del Parlamento Europeo, pur essendo ancora ministro
Martedì al Parlamento Europeo si è tenuta l’audizione del commissario europeo indicato dall’Italia, Raffaele Fitto. È una parte del processo di approvazione della prossima Commissione Europea, che sarà guidata ancora da Ursula von der Leyen e dovrebbe entrare in carica nelle prossime settimane, ma è una parte molto importante: il voto del Parlamento sul singolo candidato o candidata non è vincolante ma in passato è capitato spesso che in seguito a un’audizione andata male il candidato o la candidata si ritirasse.
L’audizione di Fitto è durata circa tre ore e mezza, senza particolari scossoni. Anche perché Fitto ha evitato in ogni modo di commentare prese di posizione o misure del governo che l’ha espresso, il più di destra della storia italiana dal Secondo dopoguerra. Fitto, per dire, ha citato soltanto una volta in tre ore e mezza la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, a cui è molto vicino: con ogni probabilità per evitare di essere associato a un governo poco gradito ai gruppi parlamentari progressisti.
La maggior parte delle domande rivolte a Fitto, comunque, è stata o molto tecnica o piuttosto morbida: è stata citata almeno tre volte una oscura misura europea per finanziare progetti architettonici particolarmente creativi, il Nuovo Bauhaus Europeo. Le ragioni di questo tipo di domande sono soprattutto politiche.
Infatti i Socialisti e i Liberali, cioè i due gruppi parlamentari che fanno parte della maggioranza insieme ai Popolari, di centrodestra, hanno molto moderato la loro aggressività poiché nel corso della giornata sono previste le audizioni di altri commissari, che come Fitto nella prossima Commissione saranno anche vicepresidenti: sono in tutto 6, uno dei quali è espresso dai Socialisti, la spagnola Teresa Ribera, e uno dai Liberali, Stéphane Séjourné. In sostanza c’è stato un accordo nemmeno troppo velato a moderare le critiche reciproche, per non mettere in difficoltà i rispettivi candidati. I gruppi parlamentari di destra, invece, sostengono apertamente Fitto per la sua appartenenza al governo italiano.
Eppure, visto che nessun gruppo parlamentare si fida troppo degli altri, il voto su ciascun candidato o candidata sarà quasi sicuramente rinviato ai prossimi giorni. La procedura prevede che si tenga un’ora dopo la fine della singola audizione: in realtà i principali gruppi parlamentari si sono accordati per rinviare tutto almeno a domani, ha confermato al Post un parlamentare europeo della maggioranza. Nel frattempo il voto su Fitto è stato sospeso: e in generale però permane una qualche incertezza sulla sua nomina definitiva, legata soprattutto alla sua appartenenza a Fratelli d’Italia e al governo di Meloni.
Le audizioni dei candidati commissari seguono uno schema piuttosto rigido: c’è un primo discorso del candidato o della candidata che dura 15 minuti, una serie di domande dei coordinatori dei singoli gruppi parlamentari sulla materia di cui si occuperà il candidato commissario, e poi domande sparse dei membri delle commissioni parlamentari che si occupano degli stessi temi. A ogni domanda ciascun candidato o candidata è tenuto a rispondere subito dopo.
Le domande arrivate da destra, come previsto, sono state perlopiù un’occasione per Fitto di parlare dei suoi punti forti, come la lunga esperienza politica in ambito nazionale ed europeo, la sua gestione dei fondi europei da presidente della Puglia e ministro: i fondi di coesione, di cui dovrebbe occuparsi Fitto se confermato, sono quelli e vengono stanziati soprattutto alle aree meno sviluppate dell’Unione. Sono una parte importante dei cosiddetti fondi strutturali europei. Le domande poste dai parlamentari europei di Fratelli d’Italia in particolare sono sembrate del tutto concordate: sono state quasi le uniche in cui Fitto ha citato statistiche e informazioni molto dettagliate, che evidentemente si era preparato in anticipo.
Anche l’unico europarlamentare del PD che ha preso la parola durante l’audizione, Raffaele Topo, ha rivolto a Fitto un’innocua domanda sulla sovrapposizione di competenze sui fondi di coesione fra Unione Europea e governi nazionali. Fra i due c’è anche stato una specie di scambio di cortesie: Topo ha lodato l’intenzione di Fitto di viaggiare molto durante il suo mandato, Fitto ha riconosciuto a Topo una conoscenza del territorio non scontata (Topo è considerato vicino al presidente della regione Campania Vincenzo De Luca, che al momento sta litigando con la dirigenza del PD).
Le domande più belligeranti sono arrivate dai Verdi – il partito più a sinistra della maggioranza politica che gestisce i lavori in Parlamento e che sostiene von der Leyen – e dal gruppo parlamentare della Sinistra. Diversi parlamentari hanno citato Meloni, il suo governo e le sue politiche più controverse: Fitto non ha mai commentato nello specifico gli attacchi politici. Già nel suo discorso Fitto aveva anticipato che non avrebbe risposto a domande sulla politica nazionale o sul governo di cui fa ancora parte, spiegando di volere applicare l’indipendenza e l’autonomia dal proprio partito e paese richiesta per legge ai commissari una volta che entrano in carica.
L’unico vero momento di tensione è avvenuto quando ha preso la parola Domenico “Mimmo” Lucano, ex sindaco di Riace e attivista per i diritti dei migranti, eletto parlamentare europeo con Alleanza Verdi e Sinistra: Lucano ha detto di vergognarsi di essere italiano per via dell’accordo tra il governo Meloni e quello albanese per trasferire in Albania alcuni migranti soccorsi nel Mediterraneo centrale. L’intervento di Lucano è stato fischiato dai parlamentari di destra e coperto con urla “buuu”. Fitto non ha risposto nel merito ma si è detto orgoglioso di essere italiano, raccogliendo gli applausi degli stessi parlamentari che avevano contestato Lucano.
I punti più interessanti Fitto li ha comunque toccati nel suo discorso iniziale, in cui ha ricordato la sua carriera politica e citato un unico partito tra quelli in cui ha militato, esattamente come nelle risposte scritte richieste dal Parlamento Europeo: la Democrazia Cristiana, il partito di centro che dominò la politica italiana dal Secondo dopoguerra agli anni Novanta, e in cui Fitto iniziò a fare politica 35 anni fa. Peraltro l’audizione si è tenuta nell’aula del Parlamento Europeo intitolata ad Alcide De Gasperi, storico leader democristiano nonché primo presidente del Consiglio della repubblica italiana. Fitto ha ricordato e celebrato esplicitamente De Gasperi nel discorso di chiusura dell’audizione, dicendosi «molto emozionato» di parlare in quell’aula.
All’inizio dell’audizione Fitto aveva invece spiegato che da futuro commissario e vicepresidente della Commissione intende lavorare in maniera totalmente autonoma: «Non sono qui per rappresentare un partito politico, non sono qui per rappresentare uno Stato membro, sono qui per affermare il mio impegno per l’Europa», aveva detto nel passaggio forse più solenne di tutto il discorso. Poco dopo aveva anche toccato un altro punto delicato ribadendo il suo sostegno alle misure che legano l’erogazione dei fondi di coesione al rispetto dello stato di diritto nei paesi membri: una misura fortemente voluta nella scorsa legislatura da von der Leyen per ridurre l’erogazione di fondi europei a Ungheria, Polonia e altri paesi guidati da governi semiautoritari e antieuropei.
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Sono due punti su cui esiste una certa distanza dalle posizioni di Meloni. Appena un anno fa, durante la fase finale dell’approvazione del nuovo Patto di stabilità, Meloni accusò Gentiloni di non curare in maniera sufficiente gli interessi dell’Italia. «Da quando ogni nazione ha il suo commissario, accade che questi tengano un occhio di riguardo verso la nazione che rappresentano. Penso sia normale e giusto. E sarei contenta se accadesse di più anche all’Italia», disse Meloni, facendo intendere di non condividere le norme europee secondo cui i commissari devono garantire gli interessi di tutti gli Stati membri, e non solo di quello da cui provengono.
Anche sullo stato di diritto, Meloni in passato ha fatto capire di avere idee molto diverse. Aveva criticato duramente il meccanismo che lega l’erogazione dei fondi di coesione al rispetto dello stato di diritto, descrivendolo come «raccapricciante» perché a suo dire rappresentava una specie di ricatto. In quelle occasioni Meloni stava verosimilmente difendendo il governo ungherese di Viktor Orbán e la destra polacca, suoi alleati politici.
Fitto si è tenuto molto alla larga dal criticare esplicitamente Meloni, e in certi passaggi è sembrato anzi esibire un convinto europeismo, un tratto poco condiviso dal suo partito e anche da Meloni stessa. Questa distanza è stata notata. «Abbiamo capito che esiste un primo Fitto che viene dalla Democrazia Cristiana, un secondo Fitto che fa parte di Fratelli d’Italia e un terzo Fitto, il potenziale candidato commissario», ha detto un po’ sarcasticamente il parlamentare Gordan Bosanac, di un piccolo partito progressista croato.
Alcuni giornalisti che hanno partecipato all’audizione poi hanno notato come alcune risposte di Fitto siano state paternaliste nei confronti delle parlamentari donne. Altri ancora che la sua promessa di incontrare privatamente singoli parlamentari, ripetuta più volte con formule come «avremo modo di conoscerci», sembra indicare un modo di fare politica un po’ transazionale: io ti faccio un favore, tu mi fai un favore. Lo ha osservato per esempio James Kanter, ex storico corrispondente del New York Times a Bruxelles.
Al di là di queste valutazioni, l’audizione di Fitto non è stata particolarmente accidentata. Ora bisognerà capire se alla fine di tutte le altre audizioni la sua nomina verrà confermata o respinta.
A prescindere da questo voto, però, il gruppo dei Socialisti chiede da tempo che a Fitto venga rimossa la carica di vicepresidente, per una questione prettamente politica. I Conservatori e Riformisti non fanno nominalmente parte della maggioranza che gestisce i lavori parlamentari e non sostengono von der Leyen: appena qualche settimana fa avevano votato contro a un suo secondo mandato, poi approvato con i voti di Popolari, Socialisti, Liberali e Verdi.
Un parlamentare che fa parte della delegazione dei Socialisti sostiene che all’interno del gruppo ci sia una maggioranza «quasi unanime» contro la scelta di nominare Fitto come vicepresidente. Nel gruppo si è anche discusso se votare contro la futura commissione, che per entrare in carica deve essere approvata in blocco dal Parlamento Europeo, nel caso Fitto rimanga fra i vicepresidenti: al momento però non è chiaro come cercheranno di convincere von der Leyen.