I primi, dirompenti anni di Alessandro Del Piero
Alla Juventus diventò presto uno dei migliori attaccanti in Europa, prima che nel 1998 un infortunio ne frenasse la carriera
Nei quasi vent’anni che giocò alla Juventus, tra il 1993 e il 2012, Alessandro Del Piero segnò 290 gol, vinse tutti i trofei possibili, tra i quali 6 Scudetti e una Champions League, e fu per anni il capitano della squadra, diventando il giocatore più amato da almeno un paio di generazioni di tifosi della Juventus. In mezzo, nel 2006, vinse anche i Mondiali con la Nazionale italiana, segnando il gol del 2-0 in semifinale contro la Germania e uno dei calci di rigore in finale contro la Francia.
Del Piero, che oggi compie cinquant’anni, è stato un calciatore decisamente longevo; nella stagione 2011-2012, a quasi 38 anni, contribuì con 3 gol alla vittoria dello Scudetto della Juventus, il primo vinto con Antonio Conte come allenatore, e negli anni successivi continuò a giocare, prima in Australia e poi in India, fino a quarant’anni. La sua carriera però può essere divisa in due parti, prima e dopo l’8 novembre 1998, il giorno prima del suo 24esimo compleanno: quel giorno Del Piero si infortunò al ginocchio, lesionandosi il legamento crociato anteriore e posteriore.
Da quando tornò in campo, circa nove mesi dopo, Del Piero giocò tante altre partite e stagioni ad altissimo livello, diventando peraltro il calciatore con più gol segnati nella storia della Juventus. Era tuttavia un calciatore diverso, che forse non toccò mai di nuovo il livello che aveva raggiunto tra il 1994 e il 1998, quando si era affermato come uno dei migliori attaccanti al mondo.
Del Piero fu acquistato dalla Juventus nell’estate del 1993, quando aveva 18 anni; arrivò dal Padova per 5 miliardi di lire (circa 5 milioni di euro oggi), non pochi tenendo conto che doveva ancora esordire in Serie A (il Padova giocava in Serie B). Nella prima stagione alla Juventus, con Giovanni Trapattoni come allenatore, giocò più che altro con la Primavera (la squadra giovanile), con cui vinse sia il campionato sia il prestigioso torneo di Viareggio, risultando decisivo in entrambi. Ebbe comunque modo di giocare alcuni spezzoni di partita con la prima squadra e di segnare già 5 gol in 11 partite di Serie A.
Nella stagione successiva arrivò Marcello Lippi come allenatore e Del Piero si impose già come titolare e protagonista dello Scudetto vinto, tanto che nell’estate del 1995 la Juventus decise di puntare ancor più su di lui lasciando partire Roberto Baggio, che andò al Milan.
All’epoca fu molto commentata e criticata la scelta di rinunciare a Baggio, che era il miglior calciatore italiano e nemmeno due anni prima aveva vinto il Pallone d’Oro, per affidare grandi responsabilità a un calciatore di vent’anni, per quanto promettente e già determinante nella Juventus. Col senno di poi invece fu una mossa lungimirante, perché Del Piero era più adatto al gioco di Lippi, e perché la sua crescita fu continua. Del Piero giocava in quasi tutti i ruoli dell’attacco; le prime stagioni con Lippi fece soprattutto l’attaccante sinistro nel 4-3-3, poi più spesso la seconda punta, cioè l’attaccante più arretrato di un attacco a due (con Filippo Inzaghi), ma poteva fare anche il trequartista o la prima punta.
Era un calciatore decisamente moderno rispetto al prototipo di “fantasista” a cui si era abituati in quegli anni, cioè giocatori di grande creatività e tecnica, ma non sempre concreti e forti a livello atletico. Del Piero aveva sì un’eccellente capacità di vedere il gioco e un’ottima tecnica, ma a queste aggiungeva doti fisiche eccezionali: prima del grave infortunio al ginocchio era quasi imprendibile nello scatto breve e resistente nella corsa; il baricentro molto basso gli permetteva di spostarsi velocemente il pallone per superare in dribbling gli avversari.
Il suo modo di giocare spesso risultava appagante per chi lo guardava, perché faceva tanti gol e giocate spettacolari, ma ogni sua azione non era mai fine a se stessa: era molto concreto e da qualsiasi situazione poteva ricavare un gol o un passaggio decisivo per un compagno.
Del Piero che fa Del Piero durante un Lazio-Juventus 3-4 del dicembre 1994
La stagione 1995-1996 fu quella della definitiva affermazione non solo in Italia ma anche in Europa, perché giocò per la prima volta in Champions League. Il suo esordio nella principale competizione europea fu prorompente: segnò un gol in ciascuna delle prime cinque partite. Fu in quel periodo che nacque il cosiddetto gol “alla Del Piero”, una particolare azione che diventò un suo segno distintivo: circa al limite dell’area, dalla parte sinistra del campo, Del Piero si spostava il pallone leggermente indietro sul piede destro e tirava “a effetto” colpendolo con l’interno del piede, dandogli una traiettoria a rientrare e a scendere e mandandolo sotto l’incrocio dei pali più lontano.
Tra il 1995 e il 1996 fece diversi gol del genere, e ancora oggi a volte quando un calciatore segna in quel modo si dice che ha fatto un gol “alla Del Piero”. In quella stagione la Juventus, nel cui attacco giocavano Del Piero, Gianluca Vialli e Fabrizio Ravanelli, vinse la Champions League, battendo in finale l’Ajax ai tiri di rigore. Pochi mesi dopo arrivarono i successi anche nella Coppa Intercontinentale (1-0 contro il River Plate, gol di Del Piero) e in Supercoppa Europea (doppia vittoria contro il Paris Saint-Germain, con doppietta di Del Piero nella partita di ritorno). Alla fine del 1996 fu quarto nella classifica del Pallone d’Oro, come già era successo l’anno precedente.
Il gol segnato da Del Piero all’esordio in Champions League in casa del Borussia Dortmund, nel settembre del 1995, considerato il primo gol “alla Del Piero” vero e proprio
Il miglior Del Piero di sempre fu probabilmente quello del 1997-1998, la stagione in cui in Serie A, nell’Inter, era arrivato Ronaldo. Il brasiliano, di due anni più giovane, era già riconosciuto come l’attaccante più forte del mondo, e in televisione e sui giornali tutti presentavano quel campionato come la sfida tra Ronaldo e Del Piero, l’unico calciatore in grado di avvicinarsi al talento e all’impatto sportivo e commerciale del brasiliano (in quegli anni Del Piero fu protagonista di tantissimi spot e campagne pubblicitarie: era diventato, come si dice, il volto del calcio italiano).
I due giocarono contro la prima volta nell’estate del 1997 in un’amichevole tra Italia e Brasile del cosiddetto Mundialito, un torneo che si giocò in Francia l’anno prima dei Mondiali del 1998. Fu una partita spettacolare e divertente, che generò immagini e giocate diventate poi di culto tra gli appassionati di calcio degli anni Novanta (in particolare quella in cui Paolo Maldini e Fabio Cannavaro contrastano in scivolata Ronaldo). Finì 3-3, Del Piero segnò due gol, uno di testa e uno su rigore, e dimostrò di essere il giocatore più importante e in forma anche nell’Italia.
Nel campionato 1997-1998 Del Piero fece 21 gol e 12 assist in 32 partite; Ronaldo ne segnò 25. Juventus e Inter si contesero lo Scudetto fino alla famigerata e discussa partita del 26 aprile 1998, quella del rigore non concesso all’Inter dopo il contrasto tra il difensore Mark Iuliano e Ronaldo. La Juventus, che aveva un punto di vantaggio prima dello scontro diretto, alla fine vinse 1-0: Del Piero sbagliò un rigore, ma segnò il gol decisivo per la vittoria e fondamentale per lo Scudetto, festeggiato dalla Juventus alla penultima giornata, in casa contro il Bologna.
A 23 anni, Del Piero raggiunse probabilmente il punto più alto della sua carriera, in un sistema di gioco che esaltava le sue capacità, con il francese Zinédine Zidane che si muoveva poco dietro di lui e Pippo Inzaghi poco più avanti. Fu soprattutto in Champions League che Del Piero si confermò tra i migliori attaccanti europei, risultando determinante nel percorso della squadra verso la terza finale consecutiva: dopo la vittoria nel 1996, la Juventus aveva infatti perso 3-1 contro il Borussia Dortmund nella finale del 1997, una partita in cui Del Piero, pur giocando solo nel secondo tempo (rientrava da un infortunio), segnò un gol di tacco.
Nella Champions 1997-1998 segnò 10 gol in 10 partite, tra i quali uno in casa del Manchester United dopo soli 20 secondi e una tripletta al Monaco di Thierry Henry e David Trezeguet nell’andata delle semifinali, con il primo gol che arrivò con una perfetta punizione (perché era anche un vero specialista dei calci di punizione). Rimane tutt’oggi l’unico calciatore italiano che ha vinto la classifica marcatori di un’edizione della Champions League da quando la competizione si chiama così, cioè dal 1992.
La Juventus arrivò alla finale come favorita, contro un Real Madrid non nel suo miglior periodo storico, ma con Del Piero non al massimo della forma a causa di un precedente infortunio: perse 1-0 per un gol (in fuorigioco) di Predrag Mijatovic. Fu una grossa delusione dopo una stagione eccezionale per Del Piero, a cui si aggiunse quella estiva dei Mondiali 1998, nei quali l’Italia uscì ai rigori ai quarti di finale contro la Francia e lui non riuscì quasi mai a essere determinante, condizionato dalla scarsa condizione fisica e dal dualismo con Roberto Baggio, il principale argomento di discussione in quell’estate italiana. Pochi mesi dopo, durante la partita tra Udinese e Juventus, si procurò il grave infortunio al ginocchio.
La punizione con cui Del Piero segnò al portiere del Monaco, Fabien Barthez
La forza e il talento di Del Piero furono forse ancor più evidenti nella lunga, seconda parte di carriera, nella quale continuò a essere un attaccante d’élite e un riferimento per la Juventus e per il calcio italiano, pur avendo in parte perso alcune delle caratteristiche che lo rendevano fenomenale, come l’esplosività e l’accelerazione. In questo non fu molto diverso da Ronaldo, che vinse i Mondiali e il Pallone d’Oro dopo aver recuperato da due gravissimi infortuni al ginocchio, ma Del Piero a differenza del brasiliano giocò per altri dodici, tredici anni ai massimi livelli.
Non fu più, però, il calciatore istintivo e dirompente delle prime stagioni, così descritto proprio in questi giorni dal giornalista e scrittore Federico Buffa: «Fino al 1998 lui è il Piccolo Principe di Saint-Exupéry, lui vive in un mondo dove se tu arrivi alle 5 io sarò già felice alle 3. C’era questo mondo in cui lui aveva chiaramente qualcosa in più, ogni gesto tecnico era molto spontaneo; i fuoriclasse li vedi: non pensano, eseguono».