Secondo Mario Draghi con Trump le cose non cambieranno «necessariamente in senso negativo» per l’Europa

I rischi per l'economia europea delle politiche di Trump potrebbero aumentare il «senso di urgenza» per riforme e investimenti

Mario Draghi al Consiglio europeo informale di Budapest, l'8 novembre 2024 (EPA/SZILARD KOSZTICSAK)
Mario Draghi al Consiglio europeo informale di Budapest, l'8 novembre 2024 (EPA/SZILARD KOSZTICSAK)

Venerdì i capi di Stato e di governo dell’Unione Europea si sono riuniti a Budapest per un Consiglio europeo informale, con cui dovranno prendere un impegno politico su un documento di cui si è molto discusso negli ultimi mesi: il rapporto sulla competitività elaborato da Mario Draghi – ex presidente della Banca Centrale Europea ed ex presidente del Consiglio italiano – che la stampa ha spesso chiamato per questo “rapporto Draghi”. È una ricerca sul perché i paesi dell’Unione Europea crescono meno degli altri, e sulle possibili soluzioni.

Durante un punto stampa con i giornalisti a Draghi è stato chiesto un commento sulla vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, e sulle conseguenze che potrebbe avere il suo mandato sull’economia europea: «Non c’è alcun dubbio che la presidenza Trump farà grande differenza nelle relazioni tra gli Stati Uniti e l’Europa, non necessariamente tutto in senso negativo», ha detto.

Draghi ha dato cioè una chiave di lettura più ottimista di quella della maggior parte degli economisti, perché ritiene che i rischi per l’Unione Europea di un secondo mandato di Trump imporranno «un senso di urgenza ancora più forte rispetto a una settimana fa». «Ci sono grandi cambiamenti in vista, e quello che l’Europa non può più fare è posporre le decisioni», ha detto: il rapporto sulla competitività insiste molto sul lento e ingessato processo decisionale dell’Unione Europea, ritenuto la causa di politiche attuate molto in ritardo rispetto a Stati Uniti e Cina.

Draghi ha poi citato due elementi problematici. Il primo è legato al fatto che con ogni probabilità l’amministrazione Trump «darà ulteriore grande impulso al settore tecnologico, dove noi siamo già molto indietro, e questo è il settore trainante della produttività», cioè la condizione necessaria per una maggiore crescita economica: come indicato nel rapporto, la differenza di produttività tra Unione Europea e Stati Uniti è già molto ampia, anche a causa di un divario tecnologico importante nei processi produttivi. Se l’Unione Europea non si impegna a recuperare il ritardo, il rischio è che il divario finirà per allargarsi ancora.

Draghi si è poi unito alle preoccupazioni di gran parte degli economisti sui potenziali effetti delle politiche protezioniste che Trump ha da sempre detto voler implementare: il punto più certo del suo programma economico riguarda l’introduzione di dazi su tutte le merci importate negli Stati Uniti, dal 20 per cento di base fino ad arrivare al 60 per cento applicato al valore della merce proveniente dalla Cina, con l’obiettivo di proteggere le industrie statunitensi dalla concorrenza straniera.

Draghi ha ricordato che Trump «proteggerà le industrie tradizionali», cioè proprio quei settori «in cui noi esportiamo di più negli Stati Uniti»: i dazi alle importazioni renderanno la merce straniera più cara, col risultato che con ogni probabilità le esportazioni europee negli Stati Uniti diminuiranno. «Dovremo negoziare con l’alleato americano con uno spirito unitario in maniera tale da proteggere anche i nostri produttori europei», ha detto Draghi.

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