Cosa non ha funzionato prima e dopo le alluvioni a Valencia
Il governo regionale si è mosso in ritardo e il presidente Carlos Mazón non ha dato spiegazioni convincenti
In Spagna il dibattito su cosa non ha funzionato prima e dopo le gravi alluvioni di una settimana fa si sta concentrando sulle responsabilità di Carlos Mazón, il presidente della Comunità Valenciana, e della sua amministrazione. La Comunità Valenciana è stata la regione più colpita: delle 219 persone morte per le alluvioni, 207 sono morte lì (le altre nelle regioni vicine più a sud, Castiglia-La Mancia e Andalusia). Il numero di morti potrebbe aumentare: ci sono ancora 93 persone disperse, di cui 78 nella regione di Valencia.
I temporali tra martedì 29 e mercoledì 30 ottobre sono stati estremamente intensi. Nella zona di Valencia il 29 ottobre sono piovuti quasi 800 millimetri d’acqua. Nei giorni precedenti c’erano state diverse segnalazioni sulla probabile gravità delle piogge. Le autorità però hanno gestito in modo confusionario la comunicazione con i cittadini, che hanno ricevuto gli avvisi troppo tardi, quando stava già piovendo da più di otto ore e ormai diverse zone erano allagate.
La cosa è diventata un caso politico, che a partire dagli errori nella prevenzione si è allargato, investendo Mazón e il suo modo di governare. Le incertezze dell’amministrazione regionale hanno rallentato gli aiuti del governo centrale di Pedro Sánchez, che ha preferito non revocarle la gestione dell’emergenza. Attorno all’alluvione c’è stata disinformazione su internet e l’estrema destra ha cercato di sfruttare la situazione riesumando la retorica sulle “grandi opere” della dittatura di Francisco Franco, finita nel 1975.
Ci sono stati problemi prima nella diramazione dell’allerta e poi nella risposta alle alluvioni. L’ordinamento spagnolo prevede che spetti alle comunità autonome, cioè alle regioni, attivare il sistema di allarme pubblico chiamato Es-Alert, che invia un messaggio di allerta sugli smartphone. Il messaggio è arrivato alle 20:12 di martedì quando, come detto, era troppo tardi. Mercoledì 23 ottobre, cioè sei giorni prima dei temporali, l’Agencia Estatal de Meteorología (AEMET) aveva già fatto un primo avviso. Nei giorni successivi anche diversi meteorologi, tra cui quello del canale televisivo La Sexta, avevano espresso preoccupazione.
Alle 6:42 del 29 ottobre, il giorno delle piogge, l’AEMET aveva emanato un livello d’allerta arancione, meno di un’ora dopo lo aveva elevato al livello rosso, estendendolo a tutta la Comunità Valenciana. Il porto di Valencia aveva sospeso le operazioni dalle prime ore della mattina. Nonostante nel corso della mattinata altri enti territoriali avessero segnalato che alcuni fiumi erano esondati, oppure rischiavano di farlo, alle 13 Mazón aveva rassicurato la popolazione durante una conferenza stampa, dicendo che i temporali sarebbero diminuiti. La stessa informazione era riportata in un post su X, poi cancellato.
Solo dopo le 16 era stata convocata una riunione del Centro di coordinamento operativo integrato, che ha il compito di gestire gli interventi di emergenza: a quell’ora c’era già stato il primo disperso.
La riunione si era svolta alle 19 e infine alle 20:12 era stato inviato il messaggio di Es-Alert, 13 ore dopo l’allerta rossa dell’AEMET. María Isabel Albalat, la sindaca di Paiporta (uno dei luoghi più colpiti e dove domenica scorsa sono stati contestati Mazón, Sánchez e il re di Spagna), ha raccontato che un’ora prima aveva chiamato la delegata del governo regionale dicendole che «stavano già morendo delle persone». Giovedì Salomé Pradas, la responsabile del governo di Mazón per le Emergenze, ha detto che non conosceva l’esistenza del sistema Es-Alert, e che l’ha scoperto alle 20 di martedì 29.
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In questi giorni Mazón ha cercato di incolpare la Confederación Hidrográfica del Júcar (l’autorità di bacino del fiume che attraversa la provincia di Valencia) di aver rimandato l’allerta, ma la cosa non è tra le prerogative di questa autorità.
Secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale, i danni causati da un disastro naturale possono ridursi del 30 per cento se la popolazione viene avvisata con almeno 24 ore di preavviso. Nella Comunità Valenciana ciò non è avvenuto. «Quello che non ha funzionato è stato, soprattutto, non cogliere l’avviso dell’AEMET [che comunque non era arrivato entro questo intervallo di tempo]. Il governo valenciano non l’ha preso sul serio. La gente era già al lavoro quando tutto è iniziato, e molti stavano tornando a casa quando hanno ricevuto il messaggio», ha detto José Ángel Núñez, responsabile dell’AEMET nella Comunità Valenciana.
La scarsa reattività dell’amministrazione regionale ha fatto perdere tempo anche all’esercito, che ha partecipato ai soccorsi. Il generale Javier Marcos, capo dell’Unidad Militar de Emergencias che interviene in caso di calamità naturali, ha raccontato che aveva preallertato i reparti quando aveva visto la prima allerta dell’AEMET, martedì mattina. L’invio di soccorritori militari, però, deve essere approvato dalle amministrazioni regionali e Mazón non l’aveva chiesto subito: peraltro, quando l’ha fatto, aveva inizialmente chiesto 500 soldati, poi 5mila nel giro di poche ore.
Mazón è stato scaricato anche da un pezzo del suo partito, i Popolari di centrodestra. Martedì il leader dei Popolari, Alberto Núñez Feijóo, ha chiesto al primo ministro Sánchez di dichiarare un’emergenza nazionale, un passaggio che toglierebbe a Mazón la gestione degli aiuti (il governo ha annunciato un piano da 10,6 miliardi di euro, una parte dei quali dal Recovery Fund dell’Unione Europea).
La tattica di Feijóo è addossare al governo nazionale e ai suoi rivali Socialisti una cosa che pensa potrebbe costare loro consensi. Al tempo stesso vuole che il suo partito, che pure governa nella Comunità Valenciana, non venga associato a uno dei più gravi disastri nella storia della Spagna. Per farlo, Feijóo potrebbe decidere che vale la pena “sacrificare” politicamente Mazón.
In questi giorni Mazón è stato parecchio criticato dai media. El País, il principale giornale spagnolo, di orientamento progressista, ha pubblicato un articolo molto duro con l’amministrazione regionale e ha ricostruito che martedì 29 Mazón si era trattenuto fino alle ore 18 in un ristorante del centro di Valencia dove era andato a pranzo. Il governo regionale ha risposto al giornale che però veniva «informato» costantemente sulla situazione.
Dopo una settimana dalle alluvioni, i membri del governo regionale non hanno ancora dato spiegazioni sui ritardi e sulla disorganizzazione. El País ha accusato Mazón di essere interessato soprattutto alla sua immagine, e di aver governato male. Due dei più stretti collaboratori di Mazón sono giornalisti: in generale, secondo l’articolo, nella sua amministrazione sono molto influenti persone legate a Eduardo Zaplana, che tra il 1995 e il 2002 fu presidente della regione con i Popolari e in seguito ministro del governo di José María Aznar.
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Fino a pochi mesi fa la delega alle Emergenze nell’amministrazione di Mazón spettava al partito di estrema destra Vox, che a luglio aveva interrotto l’alleanza con i Popolari ed era uscita dalle coalizioni regionali con loro. Quando era al governo con Mazón, Vox aveva deciso di abolire l’Unidad de Emergencias, un nuovo organo regionale per migliorare il coordinamento in caso di disastri naturali voluto dal governo precedente, dei Socialisti, ma non ancora entrato in funzione.
In questi giorni Mazón si è fatto vedere e fotografare con addosso una pettorina rossa sopra la camicia, per dare l’idea di un presidente impegnato a gestire l’emergenza. Sui suoi profili social, e su quelli dei Popolari, ci sono ancora i post in cui rivendicava l’abolizione dell’Unidad de Emergencias, oppure la paragonava a «un chiringuito», mettendo in dubbio la sua utilità. Secondo i Socialisti, un sistema come quello avrebbe consentito soccorsi più rapidi e un migliore coordinamento degli aiuti.
In questo contesto, su internet i gruppi di estrema destra hanno cercato di delegittimare le istituzioni, facendo circolare informazioni false e utilizzando lo slogan solo el pueblo salva al pueblo («solo il popolo salva il popolo»). In questa narrazione populista, il governo – sia nazionale sia regionale – avrebbe abbandonato le persone a se stesse, e sarebbe quindi responsabile dei morti. Secondo diversi esperti, questi tentativi sono pericolosi perché possono indurre le persone a fidarsi di meno dell’AEMET o della Protezione Civile, e quindi non seguire i loro avvisi (quando arrivano per tempo).
Tra le altre cose, Vox ha sostenuto che i danni siano stati così gravi perché i governi di oggi hanno smesso di fare grandi opere idrauliche. Il loro modello è l’ex dittatore Franco, che nel 1957 approvò i grandi lavori, noti come Plan Sur (“Piano Sud”), con cui dopo due piene consecutive venne deviato per 13 chilometri il fiume Turia, in modo che aggirasse il centro di Valencia (oggi sul suo vecchio corso c’è il parco della Ciutat de les Arts i les Ciències). I lavori finirono nel 1969 e inclusero la costruzione della diga di Forata.
Questi interventi hanno effettivamente contribuito a limitare i danni nella città di Valencia, anche se in alcuni punti i canali artificiali sono esondati. Vox abbina questa apologia del franchismo al negazionismo sul cambiamento climatico, e sostiene falsamente che l’Unione Europea abbia vietato la costruzione di nuove dighe, o addirittura che voglia abbattere quelle esistenti. Il leader di Vox, Santiago Abascal, ha definito Sánchez e la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, «nemici degli spagnoli».
Abascal se l’è presa con i piani dell’Unione in favore della biodiversità che consigliano la rimozione degli ostacoli sui corsi d’acqua, però non hanno a che fare con le dighe. Il ministero della Transizione ecologica ha fatto sapere che nella Comunità Valenciana, negli ultimi anni, sono state demolite solo due chiuse di piccole dimensioni, alte circa un metro e mezzo.
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