Trump è andato molto forte anche fra le minoranze etniche
Rispetto alle scorse elezioni ha migliorato i consensi tra afroamericani e latinos: c'entrano l'inflazione e la religione, tra le altre cose
Quando Barack Obama vinse le elezioni presidenziali statunitensi del 2008 staccando di quasi 8 punti percentuali il suo avversario John McCain, uno dei leader più popolari e rispettati del Partito Repubblicano, fu molto commentato il fatto che Obama ottenne percentuali altissime fra elettori ed elettrici che appartenevano minoranze etniche, perdendo soltanto fra i bianchi. Diversi commentatori vicini al Partito Repubblicano si prefissarono come obiettivo quello di allargare la propria base elettorale, in modo da non dipendere soltanto da elettori ed elettrici bianche (una quota sempre minore della popolazione statunitense, peraltro): e sulla scia di quei ragionamenti si chiesero se il Partito dovesse adottare una retorica più inclusiva e meno rigida sulle questioni etniche.
Dopo una quindicina d’anni il partito è riuscito effettivamente a ottenere il voto di un numero consistente di afroamericani, asiatici, persone di origine latinoamericana: l’elettorato Repubblicano delle elezioni presidenziali del 2024 è il più eterogeneo da molti anni a questa parte.
Eppure questo obiettivo è stato raggiunto da un candidato presidente come Donald Trump, che soltanto in questa campagna elettorale ha detto che i migranti «avvelenano il sangue del nostro paese», li ha definiti più volte «animali», ha promosso una notizia falsa su gruppi di stranieri che mangiano cani e gatti in una cittadina in Ohio e ospitato un comico che ha definito l’isola di Porto Rico «un’isola di spazzatura galleggiante». Insomma, un candidato che ha vinto promuovendo anche posizioni apertamente razziste.
«La forza dell’operazione di rosicchiamento di Trump nella tradizionale coalizione Democratica composta dagli elettori non bianchi è stata stupefacente», ha detto al New York Times Daniel HoSang, politologo dell’università di Yale che studia da tempo l’aumento di consensi della destra fra le minoranze etniche.
Da giorni i giornali statunitensi citano parecchi esempi locali di questa tendenza. Nella contea di Baldwin, in Georgia, dove il 42 per cento della popolazione è composta da persone afroamericane, Trump è stato il primo candidato Repubblicano a vincere dai tempi di George W. Bush. Sempre in Georgia anche nelle contee a maggioranza afroamericana come Hancock, Talbot e Jefferson, il consenso di Trump è aumentato rispetto al 2016. In Florida i Repubblicani hanno vinto per la prima volta da mezzo secolo nella contea di Miami, piena di persone nate o originarie dell’America Latina, nonostante di norma i Democratici vadano molto meglio nelle città che nelle aree interne.
Le 18 contee del Texas che confinano col Messico sono state a lungo un posto dove i Democratici andavano benissimo, grazie ai consensi fra gli elettori di origine latinoamericana. Alle elezioni presidenziali del 1996 i Democratici ottennero la maggioranza in 16 di queste, i Repubblicani in appena 2. A distanza di poco più di vent’anni il rapporto si è quasi ribaltato: nel 2024 i Repubblicani hanno vinto in 14 contee, i Democratici in appena 4.
Anche le prime analisi sui flussi elettorali indicano che Trump è andato meglio con le minoranze rispetto alle elezioni del 2016 e del 2020. Secondo gli exit poll di NBC News ha preso più o meno gli stessi voti fra gli afroamericani rispetto al 2020, ha aumentato di 13 punti il consenso fra i latinoamericani, di 4 fra gli asiatici e di 12 fra persone di altre minoranze. In totale, un elettore non bianco su tre ha votato per i Repubblicani. Alle elezioni presidenziali del 2012 erano stati il 15 per cento.
Diversi commentatori e analisti si stanno chiedendo le ragioni di questo consenso, in realtà piuttosto inatteso.
Diverse spiegazioni riguardano lo stato dell’economia. Durante l’amministrazione di Joe Biden il costo della vita è aumentato moltissimo, nonostante gli Stati Uniti continuino a crescere a ritmi molto più sostenuti del resto dell’Occidente. Anche gli stipendi sono cresciuti, ma in maniera più contenuta. Molte persone si sono accorte che tutto costava di più: la spesa, le bollette, il carburante. Sono aumenti che pesano soprattutto su chi fa fatica ad arrivare alla fine del mese, una condizione in cui negli Stati Uniti come un po’ in tutti i paesi occidentali si trovano soprattutto i membri di minoranze etniche.
Il Washington Post ha stimato che per 4 elettori su 10 di origine latinoamericana l’economia è stato l’elemento principale che li ha spinti a scegliere per un candidato piuttosto che per l’altro: in particolare questo segmento di elettori ha scelto Trump in 2 casi su 3.
Non ci sono prove che Trump farà davvero gli interessi di queste persone, una volta tornato presidente: durante il suo primo mandato Trump approvò tasse più basse soprattutto per i ricchi, norme poco apprezzate dai camerieri sulle mance, e non riuscì a impedire la riduzione di circa 200mila posti di lavoro per operai e manovali. Eppure sempre in base agli exit poll Trump è stato ritenuto più competente di Harris a occuparsi dell’economia, forse per la sua carriera precedente di imprenditore miliardario.
Un’altra ragione citata riguarda le posizioni molto conservatrici dei Repubblicani sull’interruzione di gravidanza e i diritti civili, che incontrano la sensibilità degli elettori e delle elettrici più religiose. Sempre meno elettori bianchi si dicono religiosi, mentre fra le minoranze etniche ancora oggi la stragrande maggioranza delle persone dice di credere in Dio: parliamo del 94 per cento degli afroamericani e dell’85 per cento di chi ha origini latinoamericane. Già alcuni mesi fa da un sondaggio molto commentato era emerso che i protestanti di origine latinoamericana avrebbero votato per Trump con un distacco piuttosto consistente su Harris.