Le nuove proteste contro Netanyahu in Israele
Sono nate dal licenziamento del ministro della Difesa Yoav Gallant, ma riguardano più ampiamente il suo governo: ci sono decine di arresti
Nella notte tra martedì e mercoledì migliaia di persone hanno bloccato la principale autostrada di Tel Aviv e organizzato proteste contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Ci sono state proteste anche in altre città del paese. Le contestazioni sono partite dal licenziamento del ministro della Difesa Yoav Gallant, comunicato da Netanyahu martedì sera dopo mesi di tensioni, ma riguardano più in generale il suo governo: i manifestanti lo hanno accusato nuovamente di non fare abbastanza per riportare a casa le persone rapite durante gli attacchi compiuti da Hamas in territorio israeliano il 7 ottobre 2023.
A Tel Aviv i manifestanti hanno bloccato la Ayalon, una grossa autostrada che collega la città con altre parti di Israele, fermando la circolazione in entrambe le direzioni anche con materiali da costruzione disposti sulla carreggiata e con dei falò. Sempre martedì sera ci sono state proteste anche a Gerusalemme, ad Haifa e in altre decine di località, dove sono stati bloccati vari snodi stradali.
I manifestanti hanno sventolato bandiere israeliane e altre di colore giallo, simbolo di solidarietà per le circa cento persone israeliane ancora in ostaggio nella Striscia di Gaza, definendo Netanyahu «un traditore». A Tel Aviv la polizia ha tentato di disperdere i manifestanti con degli idranti, sgomberandoli dopo alcune ore. Il quotidiano israeliano Haaretz parla di circa quaranta persone arrestate.
Gallant è un generale dell’esercito, fa parte dello stesso partito di Netanyahu (Likud) ed era ministro della Difesa dal 2022. Dando l’annuncio del suo licenziamento il primo ministro ha detto che negli ultimi mesi la fiducia nei suoi confronti «si era consumata», e ha citato in particolare «gravi differenze» a proposito della gestione della campagna militare, «accompagnate da dichiarazioni e azioni che hanno contraddetto sia il governo che le decisioni dell’esecutivo».
Gallant ha commentato dicendo che il conflitto con Netanyahu riguardava tre questioni: «La mia posizione molto rigida sulla coscrizione universale, l’impegno per far tornare a casa gli ostaggi e il mio appello per formare una commissione d’inchiesta statale sul fallimento del 7 ottobre». Si era infatti opposto alla legge sull’esenzione militare agli ultraortodossi e tra le altre cose aveva criticato in modo piuttosto netto Netanyahu per la mancanza di una strategia sul futuro della Striscia di Gaza.
Netanyahu aveva già provato a licenziare Gallant nel marzo del 2023, dopo che il ministro della Difesa aveva proposto di sospendere la contestata riforma della giustizia voluta dal primo ministro. L’annuncio del licenziamento di Gallant aveva provocato due giorni di grandi proteste e uno sciopero generale in tutto il paese, che portarono il governo a sospendere la discussione sulla riforma fino all’estate.
Al momento non ci sono stime precise su quante persone abbiano partecipato alle proteste. Il Jerusalem Post parla di decine di migliaia di manifestanti tra Tel Aviv e Gerusalemme, in quella che ha definito “La notte di Gallant parte seconda”, riferendosi proprio alle grandi proteste del 2023. Secondo il Times of Israel i manifestanti a Tel Aviv sarebbero stati comunque più di duemila, il numero massimo permesso negli eventi pubblici in città a causa delle limitazioni imposte per i bombardamenti in corso con il Libano.
Gli studenti universitari che hanno partecipato alle contestazioni hanno rilanciato invocando un nuovo sciopero, sostenendo che Netanyahu – definito «un dittatore» – stia mettendo a rischio la vita degli ostaggi e quella dei soldati. Un gruppo che raduna i familiari delle persone prese in ostaggio invece ha descritto il licenziamento di Gallant come «una triste riflessione delle miopi priorità del governo israeliano»: Israele ha già ottenuto i suoi obiettivi militari a Gaza, dice, ovvero smantellare Hamas, distruggere le sue infrastrutture militari ed eliminare la gran parte dei miliziani. A detta del gruppo licenziare Gallant significa continuare a «sabotare un accordo» per la liberazione degli ostaggi.
Intanto Netanyahu ha proposto all’attuale ministro degli Esteri Israel Katz di prendere il posto di Gallant. La nomina dovrebbe essere approvata prima dal governo e poi dal parlamento israeliano.
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