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  • Martedì 5 novembre 2024

Breve guida per capire la notte elettorale americana, ora dopo ora

Cosa aspettarsi e come interpretare i dati che arriveranno dai singoli stati, soprattutto quelli in bilico

Persone a Las Vegas guardano il dibattito tra i candidati alle presidenziali in un maxischermo (AP Photo/John Locher)
Persone a Las Vegas guardano il dibattito tra i candidati alle presidenziali in un maxischermo (AP Photo/John Locher)

Il giorno delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti gli ultimi seggi in ognuno dei singoli stati chiuderanno a orari molto diversi, dall’una del mattino di mercoledì, ora italiana, fino alle sette. Anche per questo, oltre che per la grande quantità di dati, informazioni, sigle che arriveranno nella notte, seguire in tempo reale quello che sta succedendo non sarà facilissimo. A fare ordine ci penserà la diretta video del Post, che seguirà lo scrutinio in tempo reale, e un liveblog aggiornato tutta la notte.

Per arrivare ancora più preparati vale la pena ripassare quali saranno i principali snodi politici della notte elettorale: e cioè capire quando chiuderanno i seggi negli stati da seguire con maggiore attenzione, e come interpretare le notizie che arriveranno da lì.

(tutti gli orari di seguito sono indicati all’ora italiana)

Alle 23 di martedì sera
I primi stati a chiudere i seggi saranno l’Indiana e il Kentucky, due stati centrali dove a mezzanotte verranno chiuse le votazioni nelle aree più interne. Per le prime proiezioni però bisognerà attendere ancora, dato che i media e i canali televisivi si sbilanceranno sul risultato soltanto dopo la chiusura dei seggi in tutto il territorio dei due stati, cioè all’una.

Nella prima parte della serata si potranno commentare soltanto i sondaggi realizzati il giorno stesso del voto, davanti ai seggi oppure per telefono o online. I due exit poll di gran lunga più commentati saranno quelli nazionali realizzati dal consorzio di reti tv National Election Pool (NEP), che comprende fra gli altri anche CNN, e da AP VoteCast, commissionati da Associated Press. Gli americani li chiamano “exit poll” ma non sono esattamente exit poll per come li intendiamo noi: anche perché non si potranno mostrare le indicazioni di voto per i singoli candidati – i seggi saranno ancora aperti in tutto il paese – ma soltanto le risposte ad alcune domande più generali. Già quelle, però, potrebbero darci qualche indicazione su come andrà la notte.

Il NEP per esempio chiede agli intervistati di dichiarare la propria etnia, e nel 2020 fu evidente da subito che i Democratici avevano recuperato qualche consenso fra gli elettori e le elettrici bianche. Nel 2016 Hillary Clinton aveva ottenuto il 37 per cento del voto dei bianchi, mentre Donald Trump il 58 per cento (almeno secondo gli exit poll), con un distacco di 21 punti: Clinton poi perse le elezioni.

Nel 2020 invece Biden ottenne il 41 per cento del voto dei bianchi, e il divario con Trump si ridusse al 17 per cento. Era dal 2008 che un candidato Democratico non superava il 40 per cento del consenso fra i bianchi. Biden vinse poi le elezioni, grazie soprattutto a un piccolo vantaggio accumulato in stati prevalentemente bianchi come Pennsylvania, Michigan e Wisconsin.

Se Harris dovesse ottenere percentuali simili o addirittura superiori fra gli elettori bianchi è possibile aspettarsi un suo buon risultato negli stati in cui i bianchi sono ancora la stragrande maggioranza della popolazione, fra cui diversi stati in bilico. Un sondaggio realizzato in Iowa e di cui si sta parlando molto negli ultimi giorni, perché dà Harris addirittura avanti in uno stato popolato soprattutto da elettori ed elettrici bianche in cui tutti davano per scontata una vittoria di Trump, potrebbe essere il segnale che nelle ultime settimane diversi bianchi indecisi alla fine abbiano votato per Harris. Potrebbe, ma non è detto.

In rosso la percentuale di elettori ed elettrici che ha votato per i Repubblicani, in blu quella che ha scelto i Democratici, secondo gli exit poll NEP del 2020

Sempre il NEP chiede a elettori ed elettrici quale sia il tema per loro più importante. Nel 2020 il 35 per cento rispose che era lo stato dell’economia, e l’83 per cento di loro finì per votare per Trump. Nel caso entrambi questi numeri aumentassero, quest’anno, sarebbe un ottimo segnale per Trump, che durante la campagna elettorale ha insistito moltissimo sull’aumento del costo della vita avvenuto durante la presidenza di Joe Biden.

All’una di mattina di mercoledì: Georgia e Virginia
All’una di notte italiana chiuderanno il resto dei seggi in Indiana e Kentucky e tutti i seggi in South Carolina, Vermont, Virginia e Georgia. Gli stati da tenere d’occhio saranno soprattutto gli ultimi due.

Ormai da una decina d’anni la Virginia non è più uno stato in bilico: il fatto che ci abitino moltissime persone che lavorano nella città di Washington, quindi tendenzialmente giovani e istruite, l’ha resa uno stato che vota per i Democratici con un discreto margine. Nel 2020 Biden vinse con un distacco di 10 punti su Trump, e l’agenzia di stampa Associated Press “chiamò” la sua vittoria – cioè stabilì che Biden avrebbe ottenuto più voti di Trump, alla fine dello scrutinio – all’1:36, quindi poco più di mezz’ora dopo la chiusura dei seggi.

Se a quell’ora la Virginia dovesse essere ancora molto in bilico, sarebbe un brutto segnale per Kamala Harris.

La Georgia invece è uno degli stati in bilico da tenere d’occhio con maggiore attenzione durante la notte elettorale. Nel 2020 Biden vinse per circa 11mila voti, quest’anno i sondaggi danno Trump avanti di un paio di punti. È possibile che il vincitore o la vincitrice in Georgia si sapranno soltanto dopo molte ore o anche giorni di scrutinio: se invece Trump dovesse vincere già durante la notte, per lui sarà un ottimo segnale. Nel 2016, quando vinse a sorpresa le elezioni presidenziali, Trump vinse staccando Hillary Clinton di circa 5 punti. Quell’anno Associated Press assegnò la Georgia a Trump alle 5:33 di mercoledì mattina.

(AP Photo/Brynn Anderson)

North Carolina e Pennsylvania
Fra l’1:30 e le 2 ora italiana chiuderanno i seggi in stati in cui a meno di enormi e impronosticabili sorprese vincerà Trump – Ohio, West Virginia, Alabama, Florida, Mississippi, Missouri, Oklahoma, Tennessee – e in altri in cui invece vincerà Harris – Connecticut, Delaware, Illinois, Maryland, Massachusetts, New Hampshire, New Jersey, Rhode Island, e Washington DC.

In tutti questi stati la vittoria sarà assegnata a Trump o Harris alla chiusura dei seggi, o comunque poco dopo. Nel 2020, per dire, Associated Press assegnò la vittoria della West Virginia a Trump nel momento esatto in cui chiusero i seggi, alle 1:30 di mercoledì, mentre per il Missouri ci vollero circa due ore e mezza di scrutinio, e l’assegnazione arrivò alle 4:35 di mercoledì mattina (Trump vinse comunque con 15 punti di scarto su Biden).

Ma a quest’ora i seggi chiuderanno soprattutto in due importanti stati in bilico: North Carolina e Pennsylvania. Soprattutto la Pennsylvania quest’anno è lo stato in cui Harris e Trump devono vincere per avere buone speranze di diventare presidente.

Negli ultimi cinquant’anni il North Carolina ha votato per un presidente Democratico soltanto due volte, nel 1976 e nel 2008: ormai da anni però il margine fra i due partiti si è progressivamente ridotto, tanto che i sondaggi danno Harris e Trump praticamente pari. Nel 2016 Trump vinse con un margine di poco meno di tre punti, e Associated Press diede la notizia della sua vittoria alle 5:11 di mercoledì mattina. Per Trump, vincere nel North Carolina non significherebbe moltissimo: del resto ottenne più voti di Biden anche nel 2020. Se invece dovesse vincere Harris, magari già nelle prime ore di mercoledì mattina, sarebbe un eccellente segnale per il resto della nottata.

Chiunque vincerà la Pennsylvania, invece, guadagnerebbe ottime possibilità di diventare presidente: soprattutto perché è lo stato fra quelli in bilico che assegna il numero più alto di grandi elettori, cioè di delegati che votano materialmente per il presidente (più popoloso è uno stato, più alto è il numero di grandi elettori che esprime). Per essere eletto un candidato o una candidata ne deve raggiungere 270: da sola la Pennsylvania garantisce al candidato che ottiene anche un solo voto in più di tutti gli altri nel proprio territorio 19 grandi elettori, cioè il 7 per cento di quelli che servono per vincere.

– Leggi anche: Lo stato dove Kamala Harris non può perdere

Storicamente poi l’andamento del voto in Pennsylvania è piuttosto allineato con quello di altri due stati in bilico che si trovano più o meno nella stessa regione degli Stati Uniti, Michigan e Wisconsin. Se un certo candidato o candidata ottiene un buon risultato in Pennsylvania, c’è una buona possibilità che farà lo stesso anche in Michigan e Wisconsin, dove i seggi chiudono un filo dopo. Nel 2016 Trump vinse sia in Pennsylvania sia in Michigan sia in Wisconsin, costruendo proprio lì la sua vittoria. Nel 2020 Biden fece lo stesso, staccando Trump di qualche migliaio di voti in tutti e tre gli stati.

Riassumendo:
• Per Trump sarebbero ottimi segnali rimanere vicino a Harris in Virginia e vincere già nelle prime ore del mattino in Georgia. Se poi vincesse presto in North Carolina e Pennsylvania, a Harris servirebbe un mezzo miracolo per batterlo.

• Per Harris ci vorrà un filo di tempo in più per capire che possibilità avrà. Qualcosa si potrà intuire dagli exit poll: se nel voto fra i bianchi non crollerà, significherà quantomeno che dovrebbe giocarsela. Un primo ottimo segnale potrebbe essere una vittoria in Georgia. Più probabilmente bisognerà aspettare i primi segnali dalla Pennsylvania, nelle prime ore di mercoledì.

E più tardi?
Fra le 3 e le 4 di mercoledì mattina chiuderanno i seggi in moltissimi altri stati: quelli da seguire con più attenzione saranno Michigan, Wisconsin e Arizona (alle 3) e Nevada (alle 4).

I primi due appartengono al cosiddetto Blue Wall, una regione in cui dagli anni Ottanta fino ai Duemila i Democratici vincevano quasi senza sforzi, ma in cui Trump ha guadagnato terreno soprattutto grazie alla sua presa su elettori ed elettrici bianchi non particolarmente istruiti, cioè il pezzo principale del suo elettorato (nonché ancora oggi la maggioranza delle persone, nel Blue Wall). Arizona e Nevada appartengono invece alla cosiddetta Sun Belt: stati che fino a poco tempo fa votavano con grande margine per i Repubblicani, ma che si stanno spostando sempre più a sinistra per via del dinamismo e della crescita economica e demografica delle loro grandi città.

Una prima indicazione di come andranno Harris e Trump in Michigan e Wisconsin si potrebbe ottenere dalla Pennsylvania, in cui i seggi chiuderanno un’ora prima, cioè alle 2 di mattina; si può fare più o meno lo stesso ragionamento per la Georgia, in cui chiuderanno all’una, rispetto ad Arizona e Nevada, altri due stati che tendono a votare in maniera simile, anche se non sempre e non ovunque.

Buona parte di questi ragionamenti salterà, se Harris e Trump saranno davvero vicinissimi, come sembrano dire diversi sondaggi, in tutti gli stati in bilico: in quel caso per determinare il vincitore o la vincitrice di queste elezioni potrebbero volerci giorni, esattamente come accadde nel 2020 quando i media statunitensi assegnarono la vittoria (in seguito certificata anche dallo scrutinio dei voti finali) a Joe Biden, cinque giorni dopo la chiusura dei seggi.