La massoneria non potrà sfrattare il Senato da Palazzo Giustiniani

I giudici del Tar hanno respinto il ricorso del Grande Oriente d’Italia, che da decenni chiedeva allo Stato di riavere la sua sede storica dopo la confisca di quasi 100 anni fa

Palazzo Giustiniani a Roma (Fabio CampanaAnsa)
Palazzo Giustiniani a Roma (Fabio CampanaAnsa)
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Il tribunale amministrativo del Lazio (TAR), l’organo di primo grado della giustizia amministrativa, ha respinto il ricorso della più importante e numerosa organizzazione massonica italiana, il Grande Oriente d’Italia (GOI), che da tempo chiedeva allo Stato di restituire un antico palazzo che fu la sua sede storica. La contesa, che va avanti ormai da alcuni anni, riguarda Palazzo Giustiniani a Roma, che fu confiscato dal Regno d’Italia nel 1925 e ora ospita l’appartamento di rappresentanza del presidente del Senato, gli uffici dei presidenti emeriti della Repubblica e del Senato e alcuni uffici amministrativi sempre del Senato. Da decenni il GOI ne chiede la restituzione, invano, e adesso il TAR del Lazio ha dato ragione al Senato.

Per i giudici il ricorso presentato dalla società Urbs srl per conto del GOI è inammissibile. Nella sentenza i giudici hanno sottolineato una serie di contraddizioni nelle tesi sostenute dal GOI, che chiede il rilascio del palazzo oltre a un risarcimento danni. Un elemento centrale della sentenza riguarda un decreto ministeriale del 1926 con cui l’allora ministero della Pubblica Istruzione esercitò il diritto di prelazione sull’immobile, rendendo lo Stato il legittimo proprietario di Palazzo Giustiniani: secondo i giudici il decreto è solido e non contestabile.

A quel decreto il GOI si oppose soltanto nel 2020, invece che entro i 60 giorni previsti. Inoltre, nel 1927 il GOI rinunciò alle «pretese giurisdizionali», riconoscendo la validità del diritto di prelazione esercitato con il decreto del 1926 e ottenendo in cambio quattro milioni di lire. Il diritto di prelazione dello Stato era dovuto al fatto che al momento della compravendita di Palazzo Giustiniani da parte del GOI i proprietari dell’immobile non avevano denunciato la transazione al ministero della Pubblica Istruzione, come invece avrebbero dovuto fare dal momento che il palazzo era stato dichiarato bene di notevole interesse storico-artistico.

Per capire meglio questa vicenda bisogna però tornare un po’ indietro. Il palazzo in via della Dogana Vecchia fu la sede del GOI dal 1901 al 1925. Nel 1911 i massoni lo acquistarono. Per anni i rapporti con le istituzioni furono buoni ma quando il regime fascista prese il potere le cose cambiarono. La legge numero 2029 del 1925, una delle leggi che Benito Mussolini definì «fascistissime», mise al bando la “Libera Muratoria”, un’altra definizione della massoneria. Nel 1925 Palazzo Giustiniani venne confiscato e l’edificio fu assegnato al Regno d’Italia, che lo diede in gestione al Senato. Grazie a un accordo informale, la massoneria continuò comunque a occuparne una parte.

Dopo la caduta del fascismo il GOI provò più volte a chiedere la restituzione di Palazzo Giustiniani, sostenendo che l’accordo del 1927 fosse frutto di una costrizione perpetrata dal regime fascista, ma i tentativi non andarono a buon fine. Nel 1985 il GOI si trasferì nella Villa del Vascello, sul colle del Gianicolo, dove si trova tuttora. Da allora il Senato dispone di tutto l’edificio.

Nel 1991 l’allora presidente del Senato, Giovanni Spadolini, firmò una transazione per la quale 140 metri quadrati di Palazzo Giustiniani sarebbero stati assegnati al GOI, ma non ebbe seguito effettivo. In seguito si susseguirono altre cause e altri ricorsi, fino all’ultima sentenza del TAR del Lazio.

– Leggi anche: Perché il Senato e la massoneria si contendono un antico palazzo romano

Tra le altre cose, i giudici hanno scritto che le violenze perpetrate dal regime fascista non intaccano la validità degli atti amministrativi del Regno d’Italia. Il TAR ha evidenziato poi che, a differenza degli episodi di persecuzione nei confronti dei massoni, gli atti dei ministeri fascisti «si iscrivono in una cornice di legalità»: sono cioè giuridicamente validi, anche se sono stati varati durante una dittatura. Il GOI puntava invece a dimostrare l’illegittimità del decreto del 1926 sostenendo che fosse conseguenza dell’occupazione forzata e violenta del regime fascista.

Il GOI aveva fatto ricorso al TAR il 18 aprile 2024 dopo che una serie di accertamenti avevano confermato la competenza della giustizia amministrativa su questo caso. Da un comunicato pubblicato domenica si capisce che il GOI non è ancora disposto a rinunciare del tutto a Palazzo Giustiniani, e che intende intraprendere nuove azioni legali.