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  • Giovedì 31 ottobre 2024

I sette stati in bilico che decideranno le elezioni negli Stati Uniti

Sono i posti dove Harris e Trump sono vicinissimi nei sondaggi: gli altri, a meno di grosse sorprese, possiamo quasi dimenticarceli

Una veduta di Phoenix, Arizona (AP Photo/Ross D. Franklin)
Una veduta di Phoenix, Arizona (AP Photo/Ross D. Franklin)
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Il sistema elettorale degli Stati Uniti prevede che per essere eletti i candidati presidenti ottengano almeno 270 grandi elettori, cioè delegati, che poi effettivamente scelgono il presidente. Ciascuno stato esprime un numero di delegati in base alla propria popolazione; e in ciascuno stato vince tutti i delegati il candidato presidente che ottiene anche un solo voto in più degli avversari. Per queste ragioni è molto più importante vincere, anche con scarsissimo margine, in molti stati anche medio-piccoli, anziché ottenere poche ma larghissime vittorie.

Questa è la ragione, in estrema sintesi, per cui le elezioni presidenziali statunitensi si decidono soprattutto negli stati in cui i due principali candidati, cioè in questo caso Donald Trump del Partito Repubblicano e Kamala Harris del Partito Democratico, sono dati più vicini dai sondaggi: anche solo una differenza di poche migliaia di voti può decidere se a ottenere i 16 grandi elettori della Georgia, per esempio, sarà Harris o Trump.

Ed è anche per questo che vale la pena conoscere meglio i sette stati in cui Harris e Trump sono più vicini, e in cui di fatto si sta svolgendo quasi tutta la campagna elettorale nelle settimane che precedono il voto, previsto per il 5 novembre: Pennsylvania, Michigan, Wisconsin, Arizona, Nevada, Georgia e North Carolina.

Pennsylvania (19 grandi elettori)

È considerato lo stato che Harris non può perdere, per vincere le elezioni. È il più popoloso degli stati in bilico, quindi quello che assegna più grandi elettori, e per i Democratici è più contendibile di altri: come gli altri stati del cosiddetto Blue Wall (Michigan e Wisconsin) dal 1992 a oggi ha votato quasi sempre per il candidato presidente dei Democratici, tranne che nel 2016, e anche il suo popolare governatore, Josh Shapiro, è stato eletto coi Democratici.

In Pennsylvania ci sono grandi centri urbani come Pittsburgh e Philadelphia, dove ormai da decenni vincono i Democratici, e popolari case di riposo dove vanno a vivere pensionati tendenzialmente di sinistra che lavoravano nelle grandi città dell’est, come New York. Ma anche diverse zone rurali e deindustrializzate dove Trump va fortissimo. Nel 2020 il presidente uscente Joe Biden vinse per appena 81mila voti.

Un comizio per Harris all’università di Pittsburgh (Jeff Swensen/Getty Images)

Anche a questo giro i sondaggi danno Harris e Trump praticamente pari, ed entrambi i comitati elettorali stanno spendendo un sacco di soldi e risorse per ottenere anche un solo voto in più dell’avversario. In totale solo in Pennsylvania i due comitati hanno speso più di mezzo miliardo di dollari in spot elettorali televisivi. Anche Elon Musk, il celebre imprenditore che in questa campagna elettorale sta facendo di tutto per fare eleggere Trump, da giorni si è stabilito in Pennsylvania per coordinare meglio le attività a sostegno di Trump.

North Carolina (16 grandi elettori)

È uno stato in cui nell’ultimo mezzo secolo i Repubblicani hanno tradizionalmente ottenuto più voti dei Democratici, tranne che nel 1976 e nel 2008: al contempo però il suo elettorato si sta spostando progressivamente a sinistra. Soprattutto nelle città come Charlotte, la città più grande, che dal 2009 a oggi ha eletto soltanto sindaci Democratici (quella attuale, Vi Lyles, è una dipendente pubblica afroamericana).

Nel 2020 Trump vinse con un margine di appena 74mila voti; anche quest’anno i sondaggi lo danno leggermente avanti.

Georgia (16 grandi elettori)

Dopo che la Georgia aveva saldamente votato per i Repubblicani praticamente dal 1996 al 2016, nel 2020 Joe Biden riuscì a vincere per circa 11mila voti, dopo uno scrutinio che andò avanti per parecchi giorni. Il merito di quella vittoria fu accreditato soprattutto a Stacey Abrams, importante leader locale del partito, che si spese moltissimo per aumentare il consenso dei Democratici nella ampia comunità afroamericana.

Abrams durante un comizio nel 2022 (AP Photo/Ben Gray, File)

Oggi dopo una serie di sconfitte politiche Abrams ha un ruolo di secondo piano – ha da poco avviato un podcast – e Trump sta cercando voti soprattutto nella comunità religiosa cristiana, a cui non dispiacciono alcune sue posizioni molto conservatrici (in Georgia il 42 per cento delle persone dice di andare a una funzione religiosa almeno una volta a settimana). Gli ultimi sondaggi danno Trump avanti di un paio di punti.

Michigan (15 grandi elettori)

È lo stato di Detroit, dell’industria dell’auto e quindi di una ampia classe di operai che ultimamente si sta spostando a destra per via delle sempre minori opportunità di lavoro.

Nel 2020 in Michigan Trump ottenne la percentuale più alta di voti dati a un candidato Repubblicano dagli anni Ottanta. Nello stato fra l’altro vive un’ampia comunità di persone musulmane originarie del Nord Africa e del Medio Oriente, assai scontente dell’appoggio dato da Biden a Israele durante l’invasione della Striscia di Gaza. A fine settembre Amer Ghalib, popolare sindaco di un sobborgo di Detroit, ha detto esplicitamente che voterà per Trump.

Ghalib insieme a Trump durante un recente comizio (Win McNamee/Getty Images)

I Democratici stanno cercando di raggiungere soprattutto la comunità afroamericana – che nel 2016 votò per Hillary Clinton con percentuali molto basse – e le donne che vivono nei sobborghi benestanti delle grandi città, spesso poco allineate alle posizioni di Trump sui diritti civili e l’aborto. I sondaggi danno Harris in leggero vantaggio.

Arizona (11 grandi elettori)

Tradizionalmente uno stato Repubblicano, negli ultimi anni si è spostato progressivamente a sinistra per via dell’aumento della popolazione nella comunità latinoamericana e di una città molto dinamica come Phoenix, la capitale, che attira un sacco di persone istruite e quindi tendenzialmente più sensibili al messaggio dei Democratici.

Una studentessa gira su uno skateboard in un quartiere di Phoenix, Arizona (AP Photo/Matt York)

In Arizona comunque i Repubblicani rimangono fortissimi, e lo si vede dal numero di elettori registrati col partito che ha votato in anticipo, di gran lunga superiore a quello dei Democratici. Per decenni la politica locale è stata dominata da John McCain, politico Repubblicano assai moderato e molto ostile a Trump: forse anche per questo però il consenso per Trump è più basso di quanto ci si possa aspettare, tanto che nel 2020 Biden vinse di circa 11mila voti. I sondaggi comunque danno Trump in leggero vantaggio rispetto a Harris.

Wisconsin (10 grandi elettori)

Dal punto di vista economico e demografico è piuttosto simile al Michigan e alla Pennsylvania, tanto che fino a qualche anno fa i tre stati venivano definiti un Blue Wall, una regione cioè in cui i Democratici vincevano quasi senza sforzi (il blu è il colore del partito).

Esattamente come il Michigan e la Pennsylvania, anche il Wisconsin alle elezioni presidenziali del 2016 votò per Donald Trump. Nel 2020 Biden vinse per 20mila voti, oggi la situazione è molto molto più incerta: nelle ultime settimane i Democratici si stanno concentrando in maniera un po’ controintuitiva sul perdere “meglio” nelle zone rurali, dove quasi sicuramente vinceranno i Repubblicani, perché nelle principali città dello stato prenderanno un sacco di voti molto facilmente.

Nevada (6 grandi elettori)

È il meno popoloso degli stati in bilico e forse quello più in bilico in assoluto: negli ultimi 10 sondaggi realizzati 3 danno Harris e Trump pari, 4 danno Trump avanti, 2 Harris davanti a Trump (in uno di questi addirittura di quattro punti). Dal 2008 a oggi i Democratici hanno sempre vinto, alle elezioni presidenziali come a quelle per il Senato: al momento il Nevada è uno dei quattro stati americani ad avere eletto due senatrici donne su due posti disponibili, Jacky Rosen e Catherine Cortez Masto.

Quest’anno però i Repubblicani sembrano avere qualche speranza in più, principalmente perché sta puntando molto sul fatto che durante l’amministrazione Biden è aumentato molto il costo della vita: è un messaggio che risuona parecchio in Nevada, lo stato che ha il tasso di disoccupazione più alto a livello nazionale – 5,6 per cento – e dove decine di migliaia di persone fanno lavori pagati poco o male nell’accoglienza dei turisti a Las Vegas.