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  • Mercoledì 30 ottobre 2024

Il governo vuole fare arrivare in Italia 10mila infermieri indiani

Per sopperire alla cronica mancanza di personale sanitario nelle strutture: ne ha parlato il ministro Schillaci

Foto di un'infiermiera in un'ospedale di Milano
(Alessandro Bremec/LaPresse)
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In un’intervista a Repubblica il ministro della Salute Orazio Schillaci ha parlato di un piano per portare in Italia circa 10mila infermieri dall’India, con l’obiettivo di sopperire temporanemente alla cronica carenza di personale sanitario nelle strutture italiane. Non è la prima volta che menziona il progetto: già a inizio ottobre, durante il G7 tra ministri della Salute, aveva annunciato di aver parlato a lungo con la viceministra indiana proprio di questo, e che a breve si sarebbe arrivati a un accordo.

Non ci sono però ancora dettagli, né si sa dove andranno questi infermieri: «L’idea è di farli reclutare direttamente dalle Regioni», ha detto Schillaci, e serviranno non solo per gli ospedali ma anche per le RSA e le altre strutture territoriali. Dal punto di vista della verifica dei requisiti Schillaci ha detto che andrà valutata la conoscenza della lingua, mentre «sulla formazione professionale non ci sono problemi, in India è buona»: è dunque possibile che l’accordo preveda una sorta di equivalenza del titolo di studio tra la laurea italiana e quella indiana.

Sebbene non sia una soluzione definitiva per risolvere le criticità strutturali di tutto il sistema sanitario, l’arrivo di infermieri indiani riuscirebbe quantomeno a colmare in parte il rinvio del grande piano di assunzioni da 30mila persone, di cui il ministro Schillaci parlava da mesi e che doveva essere finanziato dai nuovi fondi per la sanità previsti dalla legge di bilancio: le risorse si sono però rivelate molto minori del previsto, tra molte polemiche.

Alcune Regioni, secondo Schillaci, si starebbero già muovendo per inserire nell’organico gli infermieri indiani: è il caso per esempio della Campania, dove sarebbe già in corso una ricognizione per capire l’eventuale fabbisogno di infermieri stranieri, con una certa resistenza dei sindacati e delle strutture locali.

Una soluzione di questo tipo era già stata adottata in Calabria, dove quasi trecento medici provenienti da Cuba lavorano già da due anni grazie a un accordo tra la Regione e una società partecipata dal governo cubano firmato a luglio del 2022. L’arrivo di questi medici era stato accompagnato fin da subito da critiche e polemiche, ma alla fine si sono rivelati un buon sostegno per il servizio sanitario calabrese, estremamente carente e sotto commissariamento da oltre un decennio.

Schillaci sostiene che in India ci siano «tantissimi» infermieri – «3,3 milioni» ha detto nell’intervista – molti di più dei 398mila attualmente attivi in Italia. In realtà in rapporto alla popolazione, dunque considerando la platea di potenziali pazienti da assistere, l’India non è messa benissimo e rischia: secondo gli ultimi dati relativi al 2021 dell’OCSE, Organizzazione Internazionale per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, l’India ha 1,6 infermieri ogni mille abitanti, contro i 6,2 in Italia.

La situazione italiana è comunque peggiore di quella di paesi simili in termini di economia e sviluppo. I 6,2 infermieri ogni mille abitanti sono largamente meno della media OCSE di 9,2, e anche rispetto a quella dei paesi europei di simile grandezza: la Germania ne ha 12, la Francia ne ha 9,7 e la Spagna 6,3. Complessivamente i 6,2 infermieri sono di un quarto inferiori alla media europea.

Secondo la Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche gran parte del problema risiede nella scarsa valorizzazione della professione, sia dal punto di vista sociale che economico: in media gli infermieri guadagnano 34mila euro l’anno contro una media di 42mila euro del complesso del settore sanitario. È una cifra anche molto inferiore agli stipendi che si ricevono negli altri paesi, e per questo motivo la Federazione stima che ogni anno vadano a lavorare all’estero tra i 200 e i 300 infermieri che hanno studiato in Italia: negli ultimi 6 anni il 13 per cento di tutti gli studenti della disciplina ha trovato lavoro altrove.