Un po’ di dati interessanti sulle elezioni regionali in Liguria
A Orlando non è bastato vincere a Genova, e il Movimento 5 Stelle ha fatto un mezzo disastro
Le elezioni regionali in Liguria, vinte dal candidato del centrodestra Marco Bucci, hanno fatto emergere vari dati interessanti che consentono di fare qualche considerazione: sia sull’efficacia della campagna elettorale dei due principali candidati – il sindaco di Genova Bucci, appunto, e Andrea Orlando del Partito Democratico – sia sullo stato di salute delle alleanze e dei partiti che le compongono, ma anche su alcune dinamiche più prettamente locali.
In elezioni pesantemente condizionate dalla scarsa affluenza (ha votato poco meno del 46 per cento degli aventi diritto, a fronte del 53,4 per cento del 2020), Bucci ha vinto con il 48,77 per cento dei consensi, contro il 47,36 per cento ottenuto da Orlando: tra i due c’è stata una differenza di circa 8.400 voti. È un distacco contenuto, in cui è stato decisivo soprattutto il buon risultato delle liste che sostenevano Bucci nelle aree periferiche, secondo una tendenza ormai consolidata che vede il centrosinistra radicato quasi solo nelle aree urbane e nel centro delle città. Orlando ha infatti vinto in tre delle quattro città capoluogo di provincia: Genova, La Spezia e Savona. Ma ha ottenuto scarsi risultati nei comuni più piccoli. A Imperia, invece, il centrodestra ha vinto sia in città sia in provincia.
Orlando ha vinto a Genova, La Spezia e Savona: ma non a Imperia
I risultati di Genova sono particolarmente interessanti, per vari motivi. Innanzitutto queste elezioni hanno confutato un luogo comune che aveva finora trovato quasi sempre fondamento: e cioè che vincere a Genova, nella città che da sola ha più della metà del milione e mezzo di abitanti dell’intera Liguria, garantisce di per sé la vittoria in regione. A Orlando invece vincere ampiamente nel comune e prendere più voti di Bucci anche nella provincia non è bastato.
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Il dato sul comune è notevole. Bucci governa Genova da sette anni, rieletto per un secondo mandato nel 2022, ed è sempre stato considerato un sindaco con un buon gradimento, apprezzato per il suo operato e il suo impegno dopo il crollo del ponte Morandi: nonostante questo, e contro le previsioni, nella sua città ha perso in modo netto. Nel comune Orlando ha vinto di oltre 18.000 voti, ottenendo la maggioranza relativa in quasi tutti i quartieri (tranne la zona di Carignano e Foce, e qualche seggio qua e là, dove ha prevalso Bucci). È un risultato che in queste ore ha portato molti a rivedere in chiave meno positiva l’amministrazione di Bucci, ma che molto probabilmente risente dell’inchiesta sulla corruzione che ha riguardato l’ex presidente Giovanni Toti – anche lui di centrodestra – portandolo alle dimissioni: l’inchiesta aveva molto a che fare con Genova e con i traffici del porto. Meno bene è andata per Orlando nel resto della provincia, e soprattutto nel Tigullio, l’area che si estende a est di Genova fino alla provincia di La Spezia. Lì Bucci ha vinto un po’ ovunque, attenuando significativamente l’effetto della sconfitta nella città di Genova: in questo modo nell’intera provincia il distacco rispetto a Orlando si è ridotto a settemila voti.
In modo simile a Savona Orlando ha vinto con un buon margine in città – distanziando Bucci di oltre 20 punti e di 4.500 voti – ma non nei comuni periferici (alcuni piuttosto popolosi: Albenga, Alassio, Finale Ligure): a livello provinciale alla fine ha vinto il centrodestra di tremila voti. A La Spezia invece il centrosinistra è andato un po’ meglio nei comuni più piccoli e alla fine la coalizione che sosteneva Orlando è arrivata prima in provincia. È verosimile però che Orlando sperasse di vincere con più margine a La Spezia, la sua città, dove ha invece prevalso di soli duemila voti.
A Imperia, invece, la provincia storicamente più di destra della Liguria, Bucci ha vinto nettamente, con quasi 25 punti e 16mila voti di vantaggio su Orlando: è stato questo il luogo decisivo per il successo del centrodestra, anche grazie al contributo non trascurabile di Claudio Scajola. Ex ministro berlusconiano, per molti anni è stato uno dei dirigenti più importanti di Forza Italia prima di ritirarsi nella sua città, Imperia appunto, dove è tornato a fare il sindaco dal 2018: è stato probabilmente il suo consenso a garantire una buona dose di preferenze a Bucci, come testimonia il risultato delle liste di Forza Italia in provincia. In tutta la Liguria Forza Italia non è arrivata all’8 per cento ed è risultata la quarta forza del centrodestra, mentre nella provincia di Imperia ha preso il 17,5 per cento e nel capoluogo è stata la prima lista della coalizione con il 21 per cento.
Il PD è andato bene, il centrosinistra no
Altri dati interessanti riguardano il risultato dei vari partiti. Il PD è stato il primo partito in regione col 28,4 per cento dei consensi e 160mila voti, a cui va forse aggiunta buona parte del 5 per cento e dei 30mila voti presi dalla lista civica del candidato, “Andrea Orlando presidente”. Un risultato che consolida quello positivo ottenuto alle europee di giugno (il 26,2 per cento e 164mila voti, con un’affluenza maggiore di quella attuale), e che è notevolmente migliore di quello delle scorse regionali del 2020, quando il PD prese il 19,8 per cento e 124.500 voti.
Il PD è stato nettamente il primo partito in tutte e quattro le province e ha preso quasi il doppio del partito attualmente più popolare del paese, Fratelli d’Italia, che invece è andato peggio del previsto con il 15 per cento circa. Il partito della presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha probabilmente risentito un po’ dei consensi raccolti dalle due liste civiche in favore di Bucci, che sommate hanno preso pure loro il 15 per cento. È in ogni caso un risultato visibilmente inferiore rispetto alle europee di giugno, dove Fratelli d’Italia era stato il primo partito in regione col 26,7 per cento e 167.500 voti: quasi il doppio dei circa 84mila di questa tornata elettorale.
Se il risultato di queste regionali è stato interpretato come positivo per il PD, sono emersi allo stesso tempo anche i molti difetti della coalizione di centrosinistra. A parte Alleanza Verdi e Sinistra, che ha preso il 6 per cento, il resto del cosiddetto “campo largo” è stato un mezzo disastro. È notevole soprattutto il pessimo risultato del M5S, che ha ottenuto il 4,5 per cento con 25.600 voti. Assai meno della metà del consenso ottenuto alle europee di giugno (10,1 per cento e quasi 64mila voti) e peggio anche del già negativo 7,7 per cento delle regionali del 2020 (che corrispondevano a quasi 49mila voti). È un risultato che conferma i grossi limiti del M5S nelle elezioni locali, ma che forse risente anche dei recenti litigi tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo, con uno scambio di accuse e ingiurie che si protrae da mesi e che proprio negli ultimi giorni si è esasperato ulteriormente. Conte ha minacciato ritorsioni legali contro Grillo; Grillo ha auspicato la fine del M5S e ha fatto sapere di non essere andato a votare, lui che è genovese: il tutto a pochi giorni da un’elezione così importante.
Finora il M5S a livello locale ha fatto risultati buoni o discreti – o quantomeno ha evitato di complicare la vita al centrosinistra – soltanto quando ha potuto esprimere una propria candidata presidente, com’era stato nel caso della Sardegna lo scorso febbraio. In Liguria il risultato negativo è stato ancor più evidente perché Conte, a fronte di un consenso territoriale così scarso, aveva invece avuto un ruolo determinante nel definire la coalizione del centrosinistra. Era stato lui infatti a esprimere un veto sulla presenza dei candidati di Italia Viva e di +Europa nelle liste a favore di Orlando, e il PD ha finito con l’assecondarlo.
L’assenza di Italia Viva ha privato Orlando del sostegno di una politica locale piuttosto influente, e cioè Raffaella Paita, ex dirigente del PD e ora senatrice di Italia Viva, che gode di un certo seguito nell’elettorato moderato e nei settori imprenditoriali regionali. Al di là del contributo in termini di voti (Paita alle recenti europee in Liguria aveva ottenuto 4.200 preferenze) ha agevolato la narrazione di Bucci in campagna elettorale secondo cui quella di Orlando era una coalizione troppo sbilanciata a sinistra e succube della cultura antisviluppo del M5S, specie sul tema delle infrastrutture: era una retorica da campagna elettorale e quindi certamente esagerata, ma che ha avuto una certa fortuna, riconoscono anche nello staff di Orlando. Del resto una dinamica simile si era già vista in Basilicata: alle regionali dello scorso febbraio Conte aveva imposto un veto sulla presenza dei candidati di Renzi e di Carlo Calenda nelle liste del centrosinistra, e il contributo di questi candidati era poi stato decisivo per far vincere la coalizione di centrodestra.
Quanto hanno influito i due candidati
Al di là delle questioni legate ai partiti, i due candidati presidenti hanno avuto un certo peso. Come spesso succede in elezioni locali, i voti presi dalle coalizioni e quelli presi dai candidati non coincidono, perché molte persone votano solo per il candidato senza esprimere preferenze per i partiti. In questo caso entrambi i candidati hanno garantito un valore aggiunto alle proprie coalizioni, ma il contributo di Bucci è stato maggiore. Il sindaco di Genova ha preso infatti 19.200 voti in più rispetto alle liste di centrodestra, Orlando ne ha presi 13.400 in più rispetto alle liste di centrosinistra. Con dati del genere solitamente significa che le candidature sono state buone entrambe, ma quella di Bucci è stata evidentemente più decisiva.
A queste regionali era inoltre possibile il voto disgiunto: si poteva cioè votare per un candidato presidente e allo stesso tempo per una lista della coalizione opposta. Anche se non è stato decisivo, ci sono stati elettori che hanno votato per partiti di centrosinistra pur esprimendo la preferenza per Bucci, il candidato del centrodestra. Bucci ha beneficiato di questo “movimento” di elettori di circa mezzo punto, e Orlando al contrario ha avuto mezzo punto di voto disgiunto negativo. Può sembrare una piccola differenza, ma in un’elezione così equilibrata anche questo ha fatto la differenza: il voto disgiunto ha pesato per circa 6mila voti, su 8.400 di distacco tra i due candidati.