Cosa faranno le leggi israeliane contro l’UNRWA
Il governo israeliano impedirà all'agenzia ONU di lavorare nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, con conseguenze potenzialmente catastrofiche per centinaia di migliaia di palestinesi
Le due leggi approvate lunedì sera dal parlamento israeliano che impediscono all’agenzia dell’ONU per i profughi palestinesi (UNRWA) di operare in Israele avranno verosimilmente conseguenze molto concrete. Metteranno infatti a rischio la consegna di aiuti umanitari in Cisgiordania e soprattutto nella Striscia di Gaza, dove la situazione della popolazione è disperata e per sopravvivere centinaia di migliaia di persone dipendono proprio dal supporto dell’UNRWA.
Le due leggi sono state approvate a larga maggioranza, con voti sia del governo sia dell’opposizione – hanno votato contro soltanto i parlamentari di origine araba – e sono state accolte dall’esecutivo del primo ministro Benjamin Netanyahu come un successo: da tempo Israele accusa l’UNRWA di avere legami con Hamas, e considera l’agenzia dell’ONU complice del terrorismo contro gli israeliani, tutte accuse che l’agenzia ha sempre negato e che non sono mai state davvero provate. Al contrario, molti paesi in tutto il mondo, anche alleati di Israele come gli Stati Uniti, hanno condannato l’approvazione delle leggi, sostenendo che i nuovi divieti imposti all’UNRWA potrebbero avere conseguenze gravissime sulla popolazione civile palestinese.
Le leggi entreranno in vigore tra 90 giorni, poco meno di tre mesi. La prima vieta del tutto all’UNRWA di operare in territorio israeliano, e prevede che l’organizzazione «non opererà nessuna missione, non fornirà alcun servizio e non farà nessuna attività – direttamente o indirettamente – nel territorio sovrano dello stato di Israele». Questo è un passaggio importante perché Israele ha annesso illegalmente ai propri confini la parte est di Gerusalemme e la considera proprio «territorio sovrano».
A Gerusalemme Est si trova una delle più importanti sedi dell’UNRWA, e l’agenzia gestisce il campo profughi palestinese di Shuafat, dove garantisce servizi sanitari, istruzione e molto altro. È probabile che quando la legge entrerà in vigore, l’UNRWA sarà costretta a chiudere la propria sede e a interrompere il lavoro nel campo.
La Striscia di Gaza e la Cisgiordania non fanno parte di quello che Israele considera il proprio «territorio sovrano», ma qui interviene la seconda legge, che priva l’UNRWA delle esenzioni fiscali di cui ha goduto finora, priva i suoi membri dell’immunità diplomatica e soprattutto impedisce a tutti i funzionari dello stato israeliano di avere contatti di ogni tipo con l’organizzazione dell’ONU.
Dopo l’invasione della Striscia, Israele controlla tutti i varchi terrestri che conducono a Gaza, e oggi l’UNRWA ha bisogno di coordinarsi con l’esercito israeliano per portare i camion di aiuti nel territorio della Striscia e per gestirne la distribuzione. Questa parte è un po’ meno chiara, perché non sono ancora state pubblicate interpretazioni ufficiali su come sarà messa in pratica la legge: ma è possibile che quando entrerà il vigore il divieto per tutti i funzionari israeliani di avere contatti con l’UNRWA il coordinamento con l’esercito israeliano debba essere interrotto. A quel punto, diventerà impossibile per l’agenzia portare gli aiuti all’interno della Striscia.
Anche in Cisgiordania la nuova legge potrebbe avere effetti gravi: lì l’esercito israeliano controlla oppure occupa, a seconda dei casi, ampie zone del territorio, al punto che è quasi impossibile raggiungere le comunità palestinesi senza passare per zone controllate dall’esercito o checkpoint stradali presidiati da soldati israeliani. Anche qui c’è un elemento di incertezza, ma è possibile che, se l’esercito e le autorità israeliane non saranno autorizzate ad avere contatti con l’agenzia, il lavoro umanitario sarà reso estremamente complicato.
L’UNRWA (che è l’acronimo di Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi nel vicino Oriente) assiste poco meno di 6 milioni di rifugiati palestinesi in tutto il Medio Oriente: di questi, 1,7 milioni si trovano nella Striscia di Gaza, e circa 870 mila tra Cisgiordania e Gerusalemme Est (gli altri sono sparsi tra Giordania, Libano e Siria).
Nella Striscia di Gaza, in particolare, in quest’anno di guerra l’UNRWA è stata fondamentale per la consegna di cibo e aiuti umanitari alla popolazione civile. Assieme alla Mezzaluna Rossa (il modo in cui la Croce Rossa è chiamata in molti paesi musulmani) distribuisce la quasi totalità degli aiuti dell’ONU che entrano nel territorio della Striscia, essenziali per evitare che la popolazione muoia di fame. L’agenzia gestisce anche strutture sanitarie, che per esempio negli ultimi mesi sono state fondamentali per la campagna di vaccinazione contro la poliomielite, che ha riguardato 640 mila bambini.
Nella Striscia l’UNRWA gestisce anche circa 180 scuole (sono così tante perché molte di queste sono di fatto singole classi), che con la guerra però hanno interrotto ogni attività. Molti edifici scolastici oggi sono diventati rifugi per gli sfollati, e alcuni sono stati bombardati dall’esercito israeliano. Nel resto del Medio Oriente l’UNRWA fornisce aiuti umanitari, istruzione e assistenza sanitaria a decine di campi profughi palestinesi.
Il primo ministro israeliano Netanyahu ha fatto capire piuttosto chiaramente che l’obiettivo delle leggi è quello di annullare le attività dell’UNRWA in Palestina: «Dei lavoratori dell’UNRWA erano coinvolti in attività terroristiche e devono essere ritenuti responsabile», ha scritto su X, e ha aggiunto che nei 90 giorni prima che le leggi entrino in vigore Israele è pronto a trovare un’alternativa per garantire la consegna di aiuti umanitari, facendo capire in questo modo che l’UNRWA non sarà più in grado di farlo.
Tuttavia, come ha scritto in un comunicato il segretario generale dell’ONU Antonio Guterres, l’entrata in vigore delle leggi «potrebbe avere effetti devastanti per i rifugiati palestinesi nei territori occupati», perché «non c’è alternativa all’UNRWA». Lo stesso hanno sostenuto i ministri degli Esteri di Canada, Australia, Francia, Germania, Giappone, Corea del Sud e Regno Unito, che in un comunicato congiunto in cui condannano le leggi israeliane hanno scritto: «Senza il suo lavoro, la fornitura di assistenza e servizi che includono l’istruzione, la sanità, la distribuzione di carburante a Gaza e in Cisgiordania potrebbe essere seriamente ostacolata se non resa impossibile».
Matthew Miller, portavoce del dipartimento di Stato degli Stati Uniti, ha detto lunedì ai giornalisti che «se l’UNRWA se ne va, ci saranno civili – compresi ragazzi e bambini – che non potranno più avere accesso al cibo, all’acqua e alle medicine di cui hanno bisogno per vivere: è inaccettabile».
L’UNRWA ha 30 mila dipendenti in tutto il Medio Oriente, 13 mila dei quali si trovano nella Striscia di Gaza: è quasi impossibile sostituire una forza lavoro così ampia in poco tempo, e mentre è in corso una guerra devastante.
Israele accusa da tempo l’UNRWA di avere legami e collusioni con Hamas e di coprire attività terroristiche. All’inizio di quest’anno il governo israeliano aveva accusato alcuni dipendenti dell’agenzia di aver preso parte all’attacco del 7 ottobre 2023 in cui 1.200 israeliani furono uccisi da miliziani di Hamas. Queste accuse, tra le altre cose, spinsero alcuni paesi occidentali a sospendere i propri finanziamenti all’UNRWA (sono poi stati ripristinati). L’agenzia stessa licenziò alcuni suoi dipendenti a seguito di un’indagine interna, anche se ha sempre negato di essere collusa con Hamas.
In ogni caso le critiche di Israele all’agenzia dell’ONU risalgono a ben prima del 7 ottobre. L’UNRWA fu creata nel 1948, dopo la fondazione dello stato di Israele e l’espulsione forzata di centinaia di migliaia di palestinesi, ed è l’unica agenzia dell’ONU ad avere come missione la cura e la gestione di una sola categoria di profughi, i profughi palestinesi. Secondo l’ONU, lo status di «profughi palestinesi» è riconosciuto a «tutte le persone la cui residenza abituale fosse in Palestina fra il 1° giugno 1946 e il 15 maggio 1948», nonché ai loro figli, nipoti e discendenti per linea paterna.
Significa che oggi i 6 milioni di discendenti di questi profughi originari del 1948 sono ancora considerati profughi, anche se molti di loro non sono nati in Palestina, o vivono stabilmente in zone della Palestina diverse da quelle dei loro antenati, come la Striscia di Gaza o la Cisgiordania. In quanto profughi, tutte queste persone godrebbero almeno in teoria del diritto a ritornare nelle case dei propri avi, nel territorio che oggi è di Israele. Come è facile immaginare, per la politica israeliana questo è impensabile: «L’UNRWA riempie (i palestinesi) di storie sul fatto che potranno ritornare in Israele. Questo non succederà», ha detto a CNN Yulia Malinovsky, una deputata del partito israeliano di destra Israel Beitenu.
Secondo molti la campagna del governo israeliano contro l’UNRWA non ha tanto come obiettivo i legami tra l’agenzia e il terrorismo, quanto lo status speciale che l’agenzia (e tutto l’ONU) attribuisce ai profughi palestinesi. Da tempo il governo di Netanyahu vorrebbe che l’ONU abolisse l’UNRWA, e soprattutto che privasse dello status di profughi i palestinesi che sono nati fuori dalla Palestina. L’obiettivo ultimo, in sostanza, è quello di rendere impossibili le condizioni di vita di queste persone per spingerle a lasciare i territori in cui vivono oggi.