Gli elettori indecisi che Trump e Harris stanno cercando di convincere
Potrebbero essere determinanti per decidere chi vincerà le elezioni del 5 novembre, soprattutto quelli dei cosiddetti "stati in bilico"
Kamala Harris e Donald Trump sono sostanzialmente pari nei sondaggi condotti a livello nazionale sulle elezioni presidenziali del 5 novembre, e anche nei sette stati in bilico, quelli da cui dipende l’esito dell’elezione, sono distanziati da pochi punti percentuali. In un’elezione così incerta, una categoria di elettori potrebbe rivelarsi determinante: gli “indecisi”.
Il giornalista Ronald Brownstein ha scritto sull’Atlantic che esistono due tipologie di elettori indecisi: da un lato quelli cosiddetti “persuadibili”, ossia persone che hanno intenzione di votare per qualcuno ma non sanno ancora per chi. Dall’altro ci sono gli elettori “irregolari”, il cui dubbio non è per chi votare, ma proprio se votare o meno.
È difficile sapere con un livello accettabile di accuratezza quanti siano gli elettori indecisi, e i dati variano da sondaggio a sondaggio. Secondo gli ultimi risultati ottenuti dalle indagini del New York Times/Siena College, sarebbero circa il 3,7 per cento dell’elettorato degli stati in bilico (North Carolina, Arizona, Nevada, Georgia, Wisconsin, Michigan, Pennsylvania), ossia 1 milione e 200mila persone. È una quota molto piccola rispetto ai 244 milioni di cittadini statunitensi che potranno votare, ma potrebbe comunque rivelarsi fondamentale.
Sempre secondo lo stesso sondaggio, gli elettori indecisi sono perlopiù persone giovani, non bianche e senza una laurea. Il 21 per cento degli indecisi negli stati in bilico sono persone nere, un segmento demografico che tradizionalmente vota per il Partito Democratico ma che negli ultimi anni si sta spostando verso destra, avvicinandosi ai Repubblicani.
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Secondo un altro sondaggio diffuso a inizio ottobre e condotto sempre dal New York Times/Siena College, i principali motivi che frenano gli elettori indecisi degli stati in bilico a votare per Trump sono la sua personalità, descritta da alcuni degli intervistati come arrogante e imprevedibile, e il suo modo di fare caotico e disfunzionale. Per quanto riguarda Harris, invece, gli elettori hanno espresso dubbi sulla sua onestà, affidabilità e sulle sue capacità di gestire in modo soddisfacente l’economia.
Negli ultimi mesi i comitati elettorali di Harris e Trump si stanno dando parecchio da fare per raggiungere gli indecisi e convincerli a votare. Il New York Times ha scritto che gli analisti della campagna di Harris hanno assegnato un “punteggio di contattabilità” (“contactability score”) a ogni elettore considerato indeciso negli stati in bilico, per quantificare quanto sarà difficile raggiungerlo e individuare il modo migliore per farlo.
La campagna di Trump ha calcolato che circa il 5 per cento dell’elettorato negli stati in bilico è indeciso. Gran parte di queste persone si trova in una situazione di difficoltà economica: fa più di un lavoro e guadagna in media 15mila dollari all’anno in meno rispetto agli elettori che hanno già deciso per chi votare. L’economia e l’aumento dei prezzi sono i principali elementi di preoccupazione per molti elettori a livello nazionale: tra gli indecisi ci sono persone a cui non piace Trump, ma riconoscono che la loro situazione economica era migliore durante il suo mandato, tra il 2016 e il 2020.
Il comitato elettorale di Harris sostiene, in base alle analisi e ai sondaggi, di poter convincere circa il 10 per cento degli elettori indecisi negli stati in bilico. Tra questi ci sono molte donne che in passato hanno votato per i Repubblicani ma ora non condividono alcune delle idee e delle proposte di Trump, soprattutto sull’aborto, uno dei temi più discussi nella campagna elettorale.
Molti elettori indecisi, soprattutto tra gli “irregolari” (cioè quelli che non sanno se votare o astenersi), non sono soliti seguire la politica né frequentare i mezzi di informazione tradizionali, come i giornali o la tv. Per raggiungerli, nelle ultime settimane sia Harris che Trump hanno partecipato a numerosi podcast e dato interviste a media che raramente frequentano.
Lo scorso 16 ottobre, per esempio, Harris ha dato un’intervista all’emittente televisiva Fox News: il giornalista Bret Baier l’ha messa parecchio in difficoltà, interrompendola spesso con domande insistenti e un contraddittorio molto acceso su alcuni temi particolarmente discussi, tra cui l’immigrazione. Per Harris è comunque stato un modo per raggiungere un pubblico più ampio, composto anche da elettori tradizionalmente Repubblicani ma insoddisfatti di Trump.
Harris ha partecipato anche a molti podcast: alcuni esempi sono Call Her Daddy, il secondo podcast più ascoltato al mondo e molto popolare tra le giovani donne statunitensi, e The Breakfast Club, condotto tra gli altri dal comico Charlamagne Tha God, che è molto popolare tra i giovani afroamericani.
Trump invece venerdì scorso ha partecipato al podcast The Joe Rogan Experience, tra i più ascoltati al mondo e con un largo pubblico di uomini giovani, dove emerge spesso tra le altre cose la sua opposizione alla cosiddetta “cultura woke”. Ha partecipato anche a una town hall della rete televisiva in lingua spagnola Univision, dove ha risposto ad alcune domande da parte di elettori indecisi con origini latinoamericane, un segmento demografico molto conteso tra i due candidati (i town hall sono eventi di confronto che i candidati alla presidenza fanno con gli elettori, con la mediazione di un giornalista della rete che li organizza).
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