Le elezioni in Bulgaria, in loop
Ci sono appena state le elezioni e nessuno ha ottenuto la maggioranza. Ci sono appena state le elezioni e nessuno ha ottenuto la maggioranza. Ci sono appena state…
Domenica in Bulgaria ci sono state le settime elezioni parlamentari in tre anni, ed è andata come alle precedenti sei: anche stavolta nessun partito ha ottenuto una chiara maggioranza. Come in altre quattro occasioni – inclusa l’ultima, a giugno – ha ottenuto più voti il centrodestra dell’ex primo ministro Boyko Borisov, Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria (GERB), che dunque proverà per primo a formare un governo: sarà molto complicato, perché anche il nuovo parlamento è frammentato e diversi partiti rifiutano di collaborare tra di loro.
Questa prolungata crisi politica, cominciata nel 2021, ha visto alternarsi governi di coalizione assai fragili a governi ad interim: i secondi hanno accompagnato il paese a elezioni dopo la caduta dei primi. L’instabilità istituzionale ha avuto conseguenze limitate sulla vita quotidiana dei cittadini, salvo accrescere la loro disillusione verso la politica, ma ha rallentato riforme che hanno compromesso gli obiettivi della Bulgaria. Su tutti l’adozione dell’euro, che non avverrà prima del 2025, e la piena entrata nell’area Schengen, quella che permette la libera circolazione: due processi rinviati già due volte.
I risultati di domenica sono simili a quelli delle elezioni di giugno, convocate assieme a quelle per il rinnovo del Parlamento Europeo.
La principale differenza è che GERB ha incrementato i suoi voti di un paio di punti percentuali. Il partito di estrema destra filorusso Rinascita (Vazrazhdane), terzo col 13,4 per cento, è invece andato peggio del previsto, visto che gli ultimi sondaggi lo davano al secondo posto. Domenica Borisov ha detto di essere disposto a «lavorare con tutti, eccetto Rinascita». Il secondo partito più votato è stato Continuiamo il cambiamento (PP-DB), che fino a marzo aveva governato insieme ai rivali di GERB, quando le divisioni avevano fatto fallire la pianificata rotazione dell’incarico di primo ministro.
Anche se collaborassero nuovamente, GERB e PP-DB non avrebbero però la maggioranza all’Assemblea nazionale, il parlamento monocamerale bulgaro da 240 seggi. Inoltre è poco probabile che GERB si allei con i due partiti (DPS e APS) nati dalla scissione del Movimento per i Diritti e le Libertà, popolari fra la minoranza turca della popolazione, perché secondo i dirigenti di GERB la cosa non piacerebbe ai loro elettori storici.
Svetoslav Todorov, giornalista di Sofia che lavora per media internazionali come Balkan Insight e Veridica, dice che lo scenario più probabile è che si torni a votare un’ottava volta.
Borisov è stato primo ministro quasi ininterrottamente tra il 2009 e il 2021. Nel 2021 PP-DB vinse le elezioni contrapponendosi a lui con un programma anticorruzione, particolarmente efficace per via dei gravi scandali avvenuti negli anni di Borisov. Fino al 2022 PP-DB ha governato insieme ai Socialisti (eredi del Partito Comunista che governò in modo autoritario il paese dal 1946 al 1990) e a C’è un popolo come questo (ITN), un partito populista di destra che a luglio aveva tentato invano di formare un esecutivo. Dal 2023 PP-DB aveva invece governato con GERB, sulla base delle comuni posizioni europeiste e di sostegno dell’Ucraina dopo l’invasione russa del febbraio 2022.
Le possibili combinazioni senza l’estrema destra filorussa, insomma, sono già state esaurite. I dirigenti di PP-DB hanno detto comunque che non sosterranno la nomina di Borisov a primo ministro, ma che l’incarico dovrebbe andare a una figura indipendente. Alle scorse elezioni, a giugno, l’affluenza era stata del 34 per cento – il minimo storico. Stavolta è leggermente aumentata, al 38 per cento.
L’instabilità politica di questi anni, come detto, non ha aiutato la Bulgaria a migliorare la sua situazione interna né quella europea. Nonostante sia membro dell’Unione Europea dal 2007, i processi per la completa adesione all’Eurozona sono stati rinviati all’anno prossimo perché il paese non ha raggiunto gli standard sull’inflazione richiesti dall’Unione. Da marzo i controlli dei passaporti sono terminati sulle frontiere aeree e marittime della Bulgaria (quindi in porti e aeroporti), ma non sono stati ancora aboliti per chi passa via terra.
Questa situazione ha aumentato l’influenza del presidente della Repubblica, Rumen Radev.
Radev, un ex generale, è in carica dal 2017 ed è al secondo e ultimo mandato quinquennale; sulla politica estera ha posizioni filorusse. Fino a una riforma costituzionale approvata nel dicembre 2023, alla dissoluzione del parlamento (il passaggio che precede le elezioni anticipate) i deputati decadevano. Radev ha sfruttato i vuoti di potere tra un’elezione e l’altra per nominare suoi alleati politici nei governi ad interim, nelle istituzioni e nelle aziende controllate dallo stato.
Nell’agosto del 2022, dopo le dimissioni dell’allora primo ministro Kiril Petkov, per esempio, Radev sostituì il consiglio d’amministrazione dell’azienda statale del gas, Bulgargaz, e destituì i governatori regionali indicati dal governo uscente.
La riforma costituzionale che ha controbilanciato i poteri del presidente era stata merito dell’ultimo governo di coalizione, guidato da Nikolai Denkov e caduto a marzo, ed era stata sostenuta anche dal partito della minoranza turca. La strategia di indire elezioni anticipate per uscire dalle crisi politiche era stata sfruttata molto spesso da Borisov, finché non gli si era ritorta contro.
«Un po’ alla volta, il sistema politico bulgaro si è trasformato in una cleptocrazia dove le affiliazioni geopolitiche e il posizionamento destra-sinistra non hanno praticamente più peso», spiega Todorov. Secondo il giornalista, lo stallo non ha avuto conseguenze tangibili sulla vita dei cittadini, preoccupati soprattutto per l’inflazione. «Forse il fatto che siamo andati avanti senza di loro dice qualcosa dei precedenti governi. In sostanza, per la maggioranza dei cittadini la politica è passata in secondo piano», conclude Todorov.
Quella che Todorov definisce «apatia», cioè la delusione dell’opinione pubblica verso la classe politica, è il principale fattore della bassa affluenza. A sua volta, però, la bassa affluenza agevola i partiti nazionalisti e filorussi che, in un contesto in cui vanno a votare meno persone, riescono a far “pesare” di più i loro consensi – e superano più facilmente la soglia di sbarramento (del 4 per cento). Per questo Rinascita, che chiede l’abolizione delle sanzioni alla Russia di Vladimir Putin, nella scorsa legislatura aveva acquisito abbastanza influenza da far approvare, anche coi voti dei partiti filoccidentali, una legge che ha vietato la “propaganda” sui temi legati alla comunità LGBT+ nelle scuole.