Il piano di Volkswagen di chiudere stabilimenti in Germania sembra più concreto
Lo ha detto la presidente del consiglio di fabbrica dell'azienda automobilistica tedesca, che è in crisi da tempo
Lunedì il consiglio di fabbrica di Volkswagen, cioè l’organo che rappresenta i lavoratori del più importante gruppo automobilistico nell’Unione Europea, ha detto che sono previsti la chiusura di tre fabbriche in Germania ed estesi licenziamenti. Il gruppo Volkswagen, che comprende i marchi Audi, Porsche e Seat, è in crisi da tempo e in queste settimane stava discutendo con i sindacati un piano per ridurre i costi a fronte del calo delle vendite, dopo aver già prospettato la possibilità di chiudere alcuni stabilimenti per la prima volta nella sua storia.
Questo scenario finora era però rimasto un’ipotesi: lunedì Daniela Cavallo, la presidente del consiglio di fabbrica, ne ha parlato come di una cosa concreta e imminente durante un discorso ad alcune centinaia di dipendenti della fabbrica di Wolfsburg, la più grande del gruppo. Lunedì Volkswagen ha detto di non voler commentare quelle che ha definito «speculazioni sulle trattative confidenziali con IG Metall e il consiglio di fabbrica».
IG Metall è il principale sindacato dei lavoratori del gruppo e sta partecipando alle trattative con l’azienda, che finora ha respinto le sue richieste. Cavallo non ha detto quali fabbriche verrebbero chiuse, tra le 10 che Volkswagen ha in Germania, né quante persone verrebbero licenziate. «I dirigenti sono assolutamente seri su questo. Non si tratta di uno spauracchio per la contrattazione collettiva», ha detto Cavallo.
A settembre Volkswagen aveva già annunciato l’annullamento di diversi contratti collettivi e di un accordo aziendale che era in vigore da trent’anni e impediva licenziamenti di massa almeno fino al 2029. Volkswagen ha quasi 700mila dipendenti, di cui 300mila in Germania.
Secondo Cavallo, «nessuno [dei lavoratori tedeschi] è al sicuro» e l’azienda avrebbe chiesto loro una riduzione dello stipendio del 10 per cento, senza prospettive di aumenti nei prossimi due anni.
Lunedì uno dei portavoce del governo tedesco, Wolfgang Büchner, ha detto di essere a conoscenza della situazione e che la posizione del cancelliere, Olaf Scholz, resta quella di difendere i posti di lavoro: «Le possibili scelte sbagliate del management nel passato non devono ritorcersi sui lavoratori». Anche il governo della Bassa Sassonia, lo stato che controlla il 20 per cento dei voti nel consiglio d’amministrazione di Volkswagen, ha sempre detto che la priorità è tutelare i posti di lavoro.
La crisi di Volkswagen ha ripercussioni enormi a livello economico, ma anche a livello culturale e politico, perché l’azienda è da sempre un simbolo del rilancio industriale della Germania nel secondo dopoguerra e dell’eccellenza tedesca nel settore delle auto. Le sue difficoltà sono quindi fonte di preoccupazione e imbarazzo per il governo di Scholz, di centrosinistra e già alquanto impopolare, ora accusato anche di non aver impedito il declino della società più importante del paese.
Il gruppo Volkswagen ha ventuno stabilimenti sparsi in tutta la Germania.
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