Come Terminator diventò un riferimento culturale
Fu il primo successo di James Cameron e il primo film di una serie che rese popolari l’immagine del robot spietato e una certa idea di futuro
Parlando del suo film Terminator, uscito negli Stati Uniti il 26 ottobre 1984, in diverse occasioni il regista James Cameron ha raccontato che l’idea gli venne in mente dopo aver fatto un sogno spaventoso tre anni prima, una notte in cui aveva la febbre. Sognò uno scheletro di metallo cromato che emergeva dalle fiamme di un incendio: sarebbe poi diventata una delle scene finali del film, il primo di una saga che ebbe un’influenza culturale profonda sulle rappresentazioni dei robot e del futuro nell’immaginario collettivo.
Pur mostrando a distanza di 40 anni alcuni limiti sul piano della produzione – e diverse parti «cringe», secondo lo stesso Cameron – Terminator fu il film che più di ogni altro contribuì a rendere popolare una particolare immagine dei robot: quelli all’apparenza indistinguibili dagli umani, se non per la loro resistenza sovrumana e per l’endoscheletro metallico, appunto. È soprattutto per il clamoroso successo commerciale di Terminator che la parola “cyborg” – unione di “organismo” e “cibernetico” – entrò nel linguaggio comune, più di quanto non fosse successo fino a quel momento per effetto della letteratura di fantascienza o di altri film.
Un film statunitense molto più sofisticato e strutturato uscito due anni prima, Blade Runner di Ridley Scott, aveva introdotto il tema dei replicanti: esseri artificiali ma che di umano avevano molto più che l’aspetto. Al contrario, il cyborg di Terminator di umano aveva soltanto i tessuti biologici: era per il resto una macchina incapace di pensare o provare sentimenti. Fu il primo e più popolare robot spietato della storia del cinema: programmato soltanto per uccidere una persona, Sarah Connor, e qualunque altra avesse tentato di impedirglielo.
Da lì in poi la parola stessa del titolo del film, “terminator”, diventò d’uso comune anche in paesi non anglosassoni per definire qualsiasi “cattivo” particolarmente ostinato e insensibile.
La ragione per cui Terminator è considerato un film di fantascienza abbastanza unico nel suo genere è che fu girato con mezzi e approcci più tipici dei B-movie di un altro genere: lo slasher, sottogenere dell’horror popolare tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta, in cui il cattivo è un assassino seriale spesso mascherato. Non spaventava come un horror, ma era sicuramente più cupo e spaventoso di quanto lo fossero di solito i film d’azione.
A rendere spaventoso il film contribuì in modo significativo anche la colonna sonora, poi diventata celebre. La scrisse Brad Fiedel, compositore statunitense già autore di colonne sonore di film horror che facevano largo uso di sintetizzatori.
A parte gli effetti visivi e l’idea del cyborg, il punto di forza del film era la storia, la cui premessa è un viaggio nel tempo (argomento che l’anno successivo Robert Zemeckis avrebbe poi reso ancora più popolare con Ritorno al futuro, uscito nel 1985). “Terminator” è il nome del modello di cyborg che nel film arriva da un futuro postapocalittico in cui le macchine hanno preso il sopravvento sugli umani. La società che le controlla ha inviato nel passato il cyborg – interpretato da Arnold Schwarzenegger – per fermare una ribellione degli umani prima che abbia luogo nel futuro.
Il modo per fermare la ribellione è uccidere nel passato una ragazza chiamata Sarah Connor – interpretata da Linda Hamilton – prima che da lei nasca il futuro capo della resistenza, John Connor. Il film è il racconto dello scontro tra il cyborg e un altro viaggiatore nel tempo: un soldato umano – interpretato da Michael Biehn – inviato nel passato anche lui ma dalla resistenza, proprio per difendere Sarah Connor. È una trama abbastanza complicata, a parole, ma una delle abilità di Cameron è lasciare che a spiegarla siano gli eventi e i personaggi, senza troppi passaggi didascalici.
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All’epoca del film Cameron era un regista alle prime armi. Il sogno dello scheletro metallico lo aveva fatto in una stanza d’albergo a Roma, dove si trovava per girare il suo primo film, Piraña paura, sequel dell’horror del 1978 Piranha, diretto da Joe Dante. Era un B-movie horror come tanti sequel che in quegli anni in Italia venivano prodotti sfruttando il successo di un precedente film statunitense.
Dopo aver scritto la sceneggiatura di Terminator, Cameron l’aveva fatta circolare tra alcuni possibili produttori ma senza ottenere finanziamenti. Alla fine aveva svenduto il progetto a una sua collaboratrice californiana, Gale Anne Hurd (che avrebbe poi sposato nel 1985), a condizione che fosse lui a dirigere il film in caso di approvazione. Distribuito dalla società Orion Pictures, fu un grandissimo successo: guadagnò oltre 78 milioni di dollari, con un budget di appena 6,4 milioni. E permise a Cameron di emergere come uno dei più promettenti registi di action movie in circolazione.
Fu un punto di svolta anche per Schwarzenegger, all’epoca noto perlopiù come il bodybuilder interprete del ruolo da protagonista in due film tratti dalla serie di racconti fantasy Conan il barbaro. Fu adattissimo per la parte del cyborg, nonostante Cameron volesse inizialmente darla a un altro attore suo amico. «Schwarzenegger è adatto alla recitazione cinematografica tanto quanto lo sarebbe al balletto, ma la sua presenza in Terminator non è un deterrente. Questo è un film sui mostri, e il ruolo del mostro si adatta benissimo a lui», scrisse il New York Times.
Uno dei fattori più influenti sulla popolarità di Terminator nel tempo fu soprattutto il successo del secondo film, Terminator 2 – Il giorno del giudizio. Uscito nel 1991, è spesso citato come raro esempio di sequel per molti aspetti migliore del primo film, anche perché girato con molte più risorse a disposizione: i soli costi della scena iniziale in CGI ambientata nel futuro superarono tutto il budget del primo film. Furono gli unici due diretti da Cameron, in una saga fatta anche di film trascurabili, oltre che di serie tv, videogiochi e fumetti.
Molti degli spunti ripresi nei film successivi erano già tutti nel primo, incluse alcune battute poi molto citate di Schwarzenegger. Furono soltanto 17 in totale, ma bastarono a caratterizzare non solo il personaggio del film ma anche la carriera cinematografica dello stesso Schwarzenegger.
Nonostante lo scarso successo di altri film della saga e spinoff, sostanzialmente privi dell’originalità del soggetto iniziale di Cameron, Terminator continua da 40 anni a essere apprezzato da un pubblico esteso e trasversale. Per il tipo di storia che racconta e per il modo in cui lo fa, definendo un rapporto conflittuale tra gli umani e le macchine con toni apocalittici ma a tratti anche con umorismo, non è mai stato più attuale di adesso, ha scritto l’Independent.
Molto prima che gli effetti del cambiamento climatico e i rischi dell’intelligenza artificiale diventassero temi dominanti nel dibattito pubblico, Terminator propose una storia catastrofica basata sull’idea che l’unico modo di salvare l’umanità fosse tornare indietro nel tempo.