Alle elezioni in Giappone andrà come sempre, o quasi
Vincerà il partito Liberal Democratico, come succede dalla fine della Seconda guerra mondiale, ma probabilmente con un margine ridotto: si vota domenica
Le elezioni parlamentari in Giappone sono quasi sempre una questione piuttosto scontata: dalla fine della Seconda guerra mondiale a oggi il paese è sempre stato governato dallo stesso partito, il conservatore Partito Liberal Democratico (PLD), con due piccole eccezioni, nel 1993-1996 e nel 2009-2012. Domenica si terranno nuove elezioni, e il risultato più probabile è sempre lo stesso: il PLD sarà quasi certamente il partito più votato del paese, e rimarrà alla guida del governo.
Al tempo stesso, però, secondo i sondaggi i consensi dei Liberal-democratici sono in notevole calo e per la prima volta da molti anni c’è una possibilità che il PLD e il suo principale alleato, il partito buddista conservatore Komeito, non ottengano la maggioranza assoluta alla Dieta nazionale, cioè il parlamento giapponese. Questa possibilità è abbastanza lontana, ma fa sì che le elezioni di domenica siano, di fatto, le più incerte degli ultimi 10 anni – sempre tenendo conto dell’eccezionale stabilità della politica giapponese.
Le elezioni sono state indette il 1° ottobre di quest’anno da Shigeru Ishiba, il nuovo primo ministro del paese, del PLD. Ishiba è stato nominato primo ministro in seguito a primarie interne al PLD dopo le dimissioni del suo predecessore, Fumio Kishida. Dopo le primarie Ishiba era stato eletto segretario del PLD ed era poi diventato automaticamente primo ministro, in base alla norma per cui il leader del partito di governo è anche il leader del governo stesso.
Ishiba avrebbe potuto godere di una maggioranza schiacciante in parlamento e avrebbe potuto guidare il Giappone fino alla scadenza della legislatura, alla fine del 2025. Ma per cercare di dare legittimità alla sua nuova leadership, indebolita da scandali su presunti fondi politici irregolari, ha deciso di indire nuove elezioni, molto rapidamente: la campagna elettorale è durata meno di un mese.
Attualmente il PLD ha 247 seggi nella Camera bassa del parlamento giapponese, ben oltre la soglia dei 233 che costituiscono la maggioranza assoluta. Gode inoltre del sostegno del Komeito, che ha 32 seggi. Tutti i sondaggi confermano che alle elezioni di domenica il PLD sarà il partito più votato, con un consenso che è misurato oltre il 40 per cento. Al tempo stesso, tuttavia, è quasi sicuro che il partito perderà un buon numero di seggi: secondo un sondaggio pubblicato questa settimana dall’Asahi Shimbun, uno dei più importanti quotidiani del paese, il PLD potrebbe perdere tra i 30 e i 50 seggi, e il Komeito ottenerne meno di 30.
Nel caso peggiore per i conservatori significherebbe che la coalizione di governo potrebbe perdere la maggioranza assoluta in parlamento.
Quasi sicuramente, tuttavia, l’opposizione non avrà le forze per approfittarne: i partiti progressisti che si oppongono al PLD sono deboli e frammentati. Il più rilevante, che ha sempre costituito il fulcro dell’opposizione, è il Partito Costituzionale Democratico (PCD), un partito di centrosinistra guidato da Yoshihiko Noda, che fu primo ministro tra il 2011 e il 2012. Noda, un politico centrista, sta cercando di attrarre al PCD l’elettorato più moderato del paese, con qualche successo. I consensi del partito sono in aumento, ma non comunque in quantità sufficienti da determinare un cambio di governo: attualmente il PCD controlla 98 seggi, e i sondaggi gliene attribuiscono 120.
Alla fine, il risultato più probabile delle elezioni è che il PLD e il suo alleato Komeito riescano comunque a ottenere la maggioranza. Se però non ci riusciranno, allora i due partiti conservatori avranno bisogno di allargare la propria coalizione. Potrebbero includere il Partito Democratico per il Popolo, un partito centrista che chiede un abbassamento delle tasse, oppure il Partito dell’Innovazione, una formazione populista e antisistema che ha fatto campagna elettorale soprattutto contro la corruzione politica.
È invece molto improbabile che, anche se i conservatori perderanno la maggioranza, il PCD e gli altri partiti progressisti riusciranno a ottenere abbastanza seggi da formare un governo alternativo.