E le coppie che hanno già iniziato la gestazione per altri?
Dopo l'approvazione che l'ha resa un “reato universale” molte si chiedono cosa succederà quando torneranno in Italia coi propri figli nati all'estero
di Alessandra Pellegrini De Luca
Dal giorno in cui è stata approvata la legge che ha reso un “reato universale” la gestazione per altri (GPA), la tecnica di procreazione assistita che prevede che qualcuno porti avanti una gravidanza per altre persone, decine di coppie che sono nel mezzo del percorso si sono rivolte ad associazioni e avvocati per capire cosa le aspetta.
La legge da poco approvata rende illegale fare ricorso alla GPA, una tecnica che in Italia è già vietata, anche se lo si fa all’estero (come finora avevano sempre fatto molte coppie, proprio per via del divieto in Italia): significa che da quando la legge entrerà in vigore, dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, chi avrà fatto ricorso a questa tecnica all’estero potrà venire indagato e subire un processo, venendo eventualmente condannato, anche se la gestazione per altri è avvenuta in un paese in cui è legale. La legge non fa nessuna distinzione tra paesi in cui la GPA è regolamentata in maniera da tutelare le donne gestanti e paesi in cui non lo è.
Al momento molte coppie italiane si trovano già all’estero, in attesa della nascita di bambini e bambine insieme alle donne gestanti in avanzato stadio di gravidanza: molte di loro si chiedono se una volta rientrate in Italia con i figli e le figlie verranno arrestate o indagate. «Ci stiamo confrontando coi nostri avvocati sia in Italia che negli Stati Uniti e non abbiamo idea di cosa ci aspetti ora», dicono Francesca ed Emanuele, una coppia eterosessuale italiana che ha avviato un percorso di GPA in California.
Francesca ed Emanuele sono due nomi di fantasia: per ragioni di privacy e per evitare di rendere più probabili eventuali conseguenze penali, la coppia ha raccontato la propria esperienza a condizione di non dare dettagli di identità. Hanno scelto di diventare genitori con la gestazione per altri perché lei non poteva portare avanti una gravidanza: ha la sindrome di Rokitansky, una malattia rara per cui si nasce senza utero e che è una delle ragioni per cui si ricorre a questa tecnica.
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Ci sono grossi dubbi sull’applicabilità della legge che rende la gestazione per altri un “reato universale”: anche se il codice penale italiano contiene strumenti per punire chi compie reati previsti solo dall’ordinamento penale italiano all’estero, la legge ha molte incongruenze dal punto di vista giuridico e non è chiaro come effettivamente potrà avvenire l’avvio di un’indagine, la raccolta delle prove e di fatto la costruzione dell’accusa, per cui al momento è complicato immaginarne le conseguenze precise.
L’approvazione della legge è anzitutto una scelta identitaria, pensata per il suo valore simbolico, di posizionamento del governo rispetto al tema della gestazione per altri, la tecnica di fecondazione assistita più complessa e divisiva di tutte. La GPA è legale in decine di paesi del mondo, con gradi di regolamentazione e tutele per le persone coinvolte molto diverse: il che rende difficile parlare di “gestazione per altri” come se fosse la stessa cosa da tutte le parti.
Filomena Gallo, avvocata e segretaria nazionale dell’associazione Luca Coscioni, che si occupa di diritti riproduttivi da anni, dice che si sono già rivolte all’associazione 30 coppie che stanno affrontando un percorso di gestazione per altri all’estero, e che l’associazione si è resa disponibile ad assisterle legalmente in caso di processo.
Come avviene in generale per chi fa ricorso alla GPA, la maggior parte di loro (26) sono coppie eterosessuali, e un numero molto minore (le restanti 4) sono coppie omosessuali. Provengono da diverse regioni italiane (Sicilia, Calabria, Puglia, Lazio, Toscana e Lombardia), e nella maggior parte dei casi hanno avviato un percorso di gestazione per altri perché la donna non poteva portare avanti una gravidanza per ragioni mediche, per esempio per via di tumori o patologie.
Gallo ha aggiunto che hanno mediamente tra i 27 e i 40 anni, e che molte di loro hanno conservato i propri gameti (le cellule sessuali, in questo caso gli ovuli) per poterli utilizzare nella gravidanza per altri e avere quindi figli geneticamente legati a loro (significa che viene creato un embrione coi gameti della coppia e successivamente impiantato nell’utero della donna gestante, che si limita a portare avanti la gravidanza e non ha nessun legame genetico col nato).
Molte coppie si sono rivolte anche a Famiglie Arcobaleno, la principale e più importante associazione italiana che riunisce genitori omosessuali o in relazioni omosessuali in Italia. In questo caso sono stati svolti soprattutto incontri informativi per raccogliere domande e preoccupazioni, al momento senza una strategia precisa su cosa fare: «Siamo un’associazione di genitori: non avevamo davvero mai previsto di doverci occupare di diritto penale», dice Alessia Crocini, presidente di Famiglie Arcobaleno.
Secondo Filomena Gallo e Angelo Schillaci, professore di Diritto pubblico comparato all’università di Roma “La Sapienza” e membro del gruppo legale di Famiglie Arcobaleno, finché non inizierà un’indagine o un processo è quasi impossibile immaginare le ricadute di questa legge. «Come farà l’ufficiale di Stato civile a verificare che il certificato di nascita da registrare è stato scritto dopo una gestazione per altri?», chiede Filomena Gallo. Si riferisce al fatto che le coppie che hanno fatto ricorso alla gestazione per altri all’estero devono registrare in Italia il certificato di nascita estero del bambino.
In moltissimi stati, quando il bambino o la bambina nasce, sul certificato di nascita vengono scritti i nomi dei genitori intenzionali, cioè quelli che hanno firmato il consenso informato per iniziare la pratica e farlo nascere e che in moltissimi casi hanno anche fornito il materiale genetico: sul certificato non c’è il nome della donna gestante (come avviene invece in paesi come il Regno Unito, dove la gestante deve acconsentire in un momento successivo a un procedimento di adozione).
Nel caso di una coppia eterosessuale, quindi, il certificato di nascita da registrare all’anagrafe italiana potrebbe essere indistinguibile da quello di un figlio nato all’estero senza gestazione per altri. Ovviamente nel caso di una coppia omosessuale maschile il ricorso alla gestazione per altri è più evidente, motivo per cui si dice che la nuova legge colpisce soprattutto le coppie omosessuali, quelle che fanno ricorso alla GPA in percentuale minore. Qualche giorno fa la ministra per la Famiglia e le Pari opportunità Eugenia Roccella ha invitato i medici italiani che vengano a conoscenza di eventuali gestazioni per altri all’estero di denunciare i propri pazienti: il presidente della Federazione degli ordini dei medici, Filippo Anelli, le ha risposto che il compito dei medici «è curare» e che sono «esentati dal denunciare la persona assistita».
Un’altra incognita riguarda il momento in cui una pratica di gestazione per altri si considera avviata: «Quando è stato compiuto il reato? Con la firma del consenso informato, con l’impianto dell’embrione, con l’inizio della gravidanza o con la nascita del bambino?», si chiede Schillaci. Anche Gallo fa notare che non è chiaro come verranno raccolte le prove o se le autorità estere saranno disposte a collaborare e quanto. Per verificare il ricorso alla gestazione per altri le autorità italiane dovranno mettersi in contatto coi paesi esteri e chiedere documentazioni di vario tipo, e non è detto che i paesi esteri in cui la pratica è legale vorranno farlo.
Contattato dal Post, per esempio, il ministero della Salute del Canada, uno dei paesi in cui vanno più frequentemente le coppie italiane, ha detto che si occupa solo della gestazione per altri svolta dai cittadini e dalle cittadine canadesi, e non di quella a cui fanno ricorso le coppie straniere, e che in ogni caso la gestione della sanità è decentralizzata nelle varie province. Al momento quindi non è chiaro come il ministero potrebbe fornire informazioni utili a portare avanti eventuali indagini contro cittadini italiani. In Canada la gestazione per altri è legale solo in forma solidale: è cioè illegale pagare qualcuno per portare avanti una gravidanza, ed è previsto solo un rimborso spese.
Gallo e Schillaci dicono di star lavorando per capire quali possibili strategie difensive mettere in atto, nel caso di indagini, e che molto dipenderà anche da come si muoveranno le procure. Entrambi, comunque, pensano che ci siano ragioni per ritenere la legge che considera la gestazione per altri “reato universale” incostituzionale sotto diversi punti di vista e che ci siano i requisiti per sottoporla alla Corte Costituzionale (che negli ultimi vent’anni ha abolito diversi divieti sulla fecondazione assistita in Italia). «L’obiettivo del terrore comunque è stato raggiunto», dice Gallo parlando delle preoccupazioni delle molte coppie che sono nel mezzo del percorso di gestazione per altri.
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Francesca ed Emanuele sono molto all’inizio del percorso: nel loro caso la gravidanza non è ancora iniziata. Francesca ha raccontato che la sera dell’approvazione della legge sul “reato universale” lei e suo marito stavano facendo il primo incontro su Zoom con una possibile donna gestante: in California, diversamente da altri paesi, il rapporto con la donna gestante è aperto, non ci sono vincoli di anonimato, e le due parti possono mettersi d’accordo anche su come impostare il rapporto successivo alla nascita del bambino o della bambina, frequentandosi o meno. Esistono anche studi su come stanno i nati e le nate da GPA e sul tipo di relazione che hanno con la gestante.
In California la gestazione per altri è legale anche in forma commerciale, cioè sotto compenso. Ci sono generalmente dei requisiti per diventare una gestante: la donna deve avere già avuto figli propri e aver quindi già fatto esperienza della gravidanza e del parto, non essere in condizioni di bisogno economico, poter scegliere per chi portare avanti una gravidanza e per chi no.
I requisiti non sono contenuti nella legge di riferimento sulla fecondazione assistita, che si occupa solo della parte medica, ma sui siti delle molte agenzie che si occupano di trovare le donne gestanti, come in questo caso. Per trovare una donna gestante, Emanuele e Francesca si sono rivolti a un’agenzia formata interamente da donne gestanti o ex gestanti.
Prima di andare in California, Francesca ed Emanuele avevano già iniziato un percorso di gestazione per altri in Grecia, paese europeo in cui invece la gestazione per altri è legale solo in forma solidale, come in Canada. Mentre andavano avanti col percorso, la clinica a cui si erano rivolti è finita in un grosso scandalo, tuttora in corso, in cui è emerso che era coinvolta in un sistema di sfruttamento di donne gestanti e di traffico di materiale genetico.
Al momento Francesca ed Emanuele non sanno che fine ha fatto una parte degli embrioni creati coi loro gameti: «Non sappiamo nemmeno se siano stati impiantati o meno, e non abbiamo idea di chi fossero le eventuali gestanti, perché a metà percorso la clinica si è resa irreperibile», dice Francesca. La coppia è in causa con la clinica greca, e mesi dopo la scoperta di questo scandalo ha deciso di rivolgersi a una clinica in California dopo aver ricevuto varie rassicurazioni da parte di una coppia di conoscenti che lo riteneva uno stato molto ben regolamentato.
«Quando affronti un percorso così complesso all’estero, in un paese che non è il tuo, in una lingua che non è la tua, con un rapporto tra medico e paziente che non è quello del paese in cui vivi, sei molto più esposto alla possibilità di finire in mezzo a casi del genere, a non aver saputo valutare tutto, anche se avevi le migliori intenzioni», dice Francesca. Lei e il marito intendono procedere col percorso di gestazione per altri, nonostante la legge sul “reato universale”, e sono tra quelle che hanno già chiesto assistenza legale.