Una turista svizzera è stata uccisa in Algeria, paese che negli ultimi tempi sta provando a incentivare il turismo

Un cartello che segnala l'ingresso a Djanet
(habib kaki, CC BY 3.0 via Wikimedia Commons)

Lo scorso 11 ottobre una turista svizzera è stata uccisa durante un tour nella città algerina di Djanet, nel sud-est del paese. Il ministero degli Esteri svizzero ha confermato la notizia della «morte violenta» martedì, senza però citare la sua identità né fornire dettagli per questioni di privacy. La donna faceva parte di un gruppo di cinque persone svizzere: secondo quanto riferito dal quotidiano francese Libération sarebbe stata uccisa da un uomo armato di coltello in un bar della città e due persone sospettate di essere coinvolte sarebbero state fermate. Le autorità algerine non hanno commentato.

È la prima volta da molti anni che una persona straniera viene uccisa nel paese. Dopo una devastante guerra civile combattuta negli anni Novanta, la situazione in Algeria è rimasta perlopiù stabile: il governo e l’esercito del paese hanno usato la paura delle violenze di allora come strumento per indebolire i movimenti di ribellione, riuscendo a contenere anche le primavere arabe. Anche per migliorare la sua reputazione, di recente il governo algerino ha introdotto politiche per incentivare il turismo, per esempio alleggerendo l’iter per la richiesta dei visti e puntando sulle formazioni rocciose nel deserto del Sahara o su località come Djanet, che la stampa nazionale descrive come uno dei «gioielli turistici del paese». Ciononostante resta ancora molto indietro rispetto a Tunisia e Marocco, due paesi dell’area dove il turismo è invece ormai consolidato.