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  • Giovedì 24 ottobre 2024

Negli Stati Uniti i sondaggi non sono mai stati così incerti

Harris e Trump sono praticamente in parità in tutti gli stati in bilico, e per questo si stanno concentrando nel convincere gli elettori indecisi

Donald Trump davanti a uno schermo che mostra l'immagine di Kamala Harris a un comizio
Donald Trump davanti a uno schermo che mostra l'immagine di Kamala Harris a un comizio (AP Photo/Evan Vucci)

A dieci giorni dalle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, i sondaggi tra Kamala Harris e Donald Trump mostrano una quasi perfetta parità: la distanza è di fatto la più ravvicinata da quando nella politica americana vengono fatti sondaggi con tecniche moderne. In tutti e sette gli stati in bilico, cioè gli stati americani che potrebbero decidere la vittoria o la sconfitta dei candidati, Harris e Trump si trovano in parità o comunque hanno un distacco all’interno del margine di errore. Tutti i sondaggisti più noti sostengono che in questo momento sia impossibile definire quale dei due candidati è in vantaggio.

Questa situazione sta spingendo i comitati elettorali di Harris e Trump a fare campagne precise e localizzate per cercare di convincere gli ultimi elettori indecisi negli stati in bilico: sono solo poche centinaia di migliaia di persone, che però potrebbero essere determinanti.

Gli stati in bilico sono Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, North Carolina, Pennsylvania e Wisconsin. Potrebbero esserci delle sorprese anche altrove, ovviamente: per esempio Kamala Harris ha una remotissima possibilità di ottenere un buon risultato in Texas.

Da quando a luglio il presidente Joe Biden aveva rinunciato alla sua candidatura lasciando il posto alla vicepresidente Harris, i sondaggi negli stati in bilico hanno sempre mostrato i due candidati molto vicini. Nelle ultime settimane, tuttavia, i margini di vantaggio si sono ristretti in una maniera tale da raggiungere una quasi perfetta parità. Questo è dovuto soprattutto a un piccolo recupero di Donald Trump, che se fino al mese scorso era indietro di qualche decimo ora è di fatto tornato competitivo ovunque.

Nel grafico qui sotto si vede la media dei sondaggi negli stati in bilico raccolta da Nate Silver, un rispettato sondaggista americano: Silver ha consultato vari sondaggi da lui ritenuti affidabili e li ha raggruppati insieme per fare una media complessiva.

Come si vede dal grafico, con l’eccezione dell’Arizona e della Georgia, dove Trump ha un vantaggio più consistente, il divario tra i due candidati è sempre di meno di un punto percentuale. Stiamo parlando in ogni caso di una distanza che si trova all’interno del margine di errore fisiologico dei sondaggi: significa che, di fatto, Harris e Trump sono in parità dappertutto.

Ovviamente c’è sempre la possibilità che uno dei due candidati sia stato in qualche modo sottovalutato o sopravvalutato. Nelle ultime due elezioni presidenziali, nel 2016 e nel 2020, Trump era sempre stato sottovalutato perché in entrambi i casi i sondaggi gli attribuivano consensi inferiori a quelli che poi ha avuto il giorno delle elezioni: nel 2020, per esempio, Biden vinse con un margine notevolmente inferiore rispetto a quello che prevedevano i sondaggi.

Donald Trump

Donald Trump (AP Photo/Evan Vucci)

Non ci sono certezze, ma si possono fare alcune ipotesi. Come ha scritto di recente Nate Silver, è possibile che ancora una volta Trump sia stato sottovalutato perché, come già avvenuto in passato, i suoi elettori sono i più difficili da individuare e da contattare.

Da sempre i sondaggi politici sono fatti telefonando a migliaia di persone e chiedendo loro per quale candidato voteranno. Il problema è che più del 90 per cento delle persone contattate dai sondaggisti (in alcuni casi più del 99 per cento) non risponde alle domande e si rifiuta di dire per chi voterà. E gli elettori di Trump, in particolare, sono meno propensi a rispondere degli elettori Democratici. Questo significa che per i sondaggisti è particolarmente difficile costruire un campione davvero rappresentativo degli elettori di Trump, che quindi finisce per essere sottovalutato prima del voto.

Come ha notato il Washington Post, se quest’anno Trump fosse sottovalutato allo stesso modo in cui era stato sottovalutato alle elezioni del 2020, vincerebbe in tutti e sette gli stati in bilico, ottenendo così un successo ampio.

Molti sondaggisti sostengono di aver fatto gli aggiustamenti necessari per annullare questo fenomeno e cercare di rendere i sondaggi che riguardano Trump più rappresentativi e affidabili, ma non è detto che ci siano riusciti. D’altro canto, c’è perfino la possibilità che questi aggiustamenti siano stati eccessivi e che i sondaggisti, timorosi di aver sottovalutato Trump, abbiano modificato i loro modelli a tal punto da favorirlo: in questo caso, quella sottovalutata potrebbe essere Harris.

Kamala Harris

Kamala Harris (AP Photo/Matt York)

Davanti a sondaggi così ravvicinati e incerti, i comitati elettorali di entrambi i candidati stanno concentrando le loro energie sugli elettori indecisi negli stati in bilico.

Come ha raccontato il New York Times, gli strateghi di Trump sono convinti che ormai soltanto il 5 per cento degli elettori faccia parte della categoria più preziosa: quella degli indecisi che però possono ancora essere convinti. Queste persone, secondo le analisi dei trumpiani, sono tendenzialmente giovani, hanno un titolo di studio basso e sono piuttosto varie dal punto di vista etnico: in molti degli stati in bilico le minoranze costituiscono una parte consistente della popolazione, e per esempio in Georgia gli afroamericani e i latinos sono un terzo degli elettori.

Questi sono anche gli elettori meno appassionati di politica, che non utilizzano i media tradizionali e che si informano soprattutto in altri modi. Anche per questo, nelle ultime settimane Trump ha fatto moltissime apparizioni in podcast e canali streaming che riteneva fossero seguiti dal tipo di elettori che sta cercando di attrarre.

Secondo il comitato elettorale di Kamala Harris, invece, gli elettori indecisi e ancora contendibili negli stati in bilico sono circa il 10 per cento del totale, più di quanto stimi il comitato di Trump. Harris, tra le altre cose, si sta concentrando sul cercare di convincere i Repubblicani moderati, e in particolare le donne che in passato hanno votato Repubblicano ma che si sono allontanate dal partito a causa delle politiche di Trump sul diritto all’aborto e su altre questioni.

Tra le altre cose, Harris sta facendo molti eventi di campagna elettorale con Liz Cheney, l’ex deputata Repubblicana e figlia del vicepresidente Repubblicano Dick Cheney, e con vari altri conservatori moderati che le hanno dato il proprio sostegno.