Il festival più divisivo del punk rock

Nel 2025 tornerà il Warped Tour, che aiutò il genere a uscire dalla nicchia e proprio per questo fu anche molto odiato

di Susanna Baggio

Una tenda con il logo del Warped Tour durante una data a San Diego, in California, il 22 giugno del 2018 (Adam Amengual/ The New York Times, Contrasto)
Una tenda con il logo del Warped Tour durante una data a San Diego, in California, il 22 giugno del 2018 (Adam Amengual/ The New York Times, Contrasto)
Caricamento player

Da giovedì 24 ottobre si potranno comprare i biglietti per il Warped Tour che si terrà nel 2025, la nuova edizione di un famoso festival musicale itinerante che dal 1995 al 2018 portò in giro, soprattutto in Nord America, centinaia di band più o meno punk rock: dai Rancid ai Green Day, dai Bad Religion ai Blink-182, dai Taking Back Sunday ai My Chemical Romance. Definito spesso “il campo estivo del punk rock”, il Warped Tour è stato il festival itinerante più longevo degli Stati Uniti, nonché quello che più di tutti ha contribuito a definire la cultura del genere e a sviluppare quella dei festival musicali nel paese, non senza critiche. Trent’anni dopo la prima edizione, sarà comunque una cosa molto diversa.

Le nuove date del Warped Tour sono state annunciate il 17 ottobre, dopo settimane di voci legate a quanto fatto trapelare da Kevin Lyman, il suo storico creatore. A differenza del passato non sarà itinerante, e si svolgerà in tre città in tre diversi weekend: il 14 e il 15 giugno a Washington DC, il 26 e il 27 luglio a Long Beach, in California, e il 15 e il 16 novembre a Orlando, in Florida. Non si sa ancora chi suonerà, ma Lyman ha promesso per ogni data tra le 70 e le 100 band, tra cui «alcune sorprese eccezionali».

Originariamente il Warped Tour funzionava così: una lunga carovana fatta di bus, camion e furgoni viaggiava per Stati Uniti e Canada, e centinaia di band si esibivano tutte insieme nello stesso giorno davanti a migliaia di persone (molte solo per certe date). I concerti venivano allestiti nei parcheggi degli stadi o dei grandi centri commerciali, dove era facile improvvisare dei backstage fatti con gazebo e sedie pieghevoli, e montare palchi più o meno grandi, spesso senza transenne, per favorire l’interazione con il pubblico. Il festival aveva decine di date e i biglietti non erano eccessivamente costosi, dai 20 ai 40 dollari.

Il bassista dei Pennywise Randy Bradbury canta una canzone della band attorniato da alcuni fan alla data del Warped Tour a Las Vegas, il 23 giugno del 2001 (Ethan Miller, JP, Reuters)

A Lyman l’idea del Warped Tour era venuta nei primi anni Novanta, quando lavorava come responsabile del palco del Lollapalooza, al tempo a sua volta un festival itinerante. Era cresciuto nella scena hardcore punk e ska della California del sud e voleva portare alcune delle sue band preferite in giro per il paese con un tour senza pretese e soprattutto senza logiche di puro interesse commerciale. L’obiettivo di Lyman era creare un senso di comunità che mettesse insieme le varie correnti del punk, di chi lo suonava e di chi lo ascoltava. Intuendo che la cultura dello skate era parte integrante di quella della sua musica preferita, coinvolse anche skateboarder e ciclisti di BMX, che si esibivano durante i concerti.

La prima edizione fu di venticinque date, di cui due in Canada: la prima a Salt Lake City, nello Utah, il 4 agosto del 1995, e l’ultima a Irvine, in California, il 4 settembre. Oltre a band punk rock californiane come Face To Face, Good Riddance e Lagwagon c’erano anche i newyorkesi Sick Of It All, che facevano hardcore, i No Doubt e i Sublime, che suonavano un misto di ska, punk e new wave, e i Deftones, che divennero presto uno dei gruppi più famosi del nu metal.

Il festival aveva comunque ottenuto piccole sponsorizzazioni da aziende come la Converse (quella delle All Star) e dalla rivista musicale Spin, in ogni caso insufficienti per coprire i costi di produzione. Fu invece cruciale la collaborazione di Vans, che era già uno dei marchi più rappresentativi della cultura skate californiana e dal 1996 sponsorizzò il festival in ogni sua edizione, tanto che molti lo conoscono proprio come Vans Warped Tour. Stava diventando, come ha scritto Hilary George-Parkin su Vox, un anticipatore dei festival più commerciali e legati alla cultura consumistica americana.

Era l’epoca in cui la musica punk rock si stava diffondendo anche nella cultura mainstream grazie a dischi come Dookie dei Green Day e Smash degli Offspring, entrambi usciti nel 1994. Non c’erano smartphone, Internet era poco diffuso e, almeno nei primi anni, non si sapeva ancora cosa fossero i social network. Il programma della giornata era scritto su grossi cartelli appiccicati a un gigantesco gonfiabile posizionato vicino all’ingresso.

Il Warped Tour era un carrozzone caotico e spensierato, dove il pubblico poteva sfogarsi e ascoltare nuova musica. Al tempo stesso era una situazione unica anche per le band: non c’erano grossi trattamenti di favore per quelle più note e alla fine dei concerti tutti cenavano insieme in un barbecue improvvisato. Ed era frequente vedere un componente di un gruppo famoso in mezzo al pubblico di uno meno conosciuto.

La popolarità del festival crebbe soprattutto dal 1999, anche grazie all’enorme successo di Enema of the State dei Blink-182, che ci avevano già suonato nel 1996 e nel 1997, e ci ritornarono come delle star. Da allora nel programma del festival furono progressivamente introdotte band di generi diversi, in particolare quelli che negli Stati Uniti dei primi anni Duemila spopolarono prima grazie a MTV e poi grazie a Myspace e infine Facebook e Instagram, come il pop punk, l’emo e il metalcore. Dal punk rock dei primi tempi il Warped Tour si aprì così a band come Paramore e The Used, oppure ancora Avenged Sevenfold e Bring Me The Horizon, sempre più vicine al pop punk o al rock che al punk alternativo.

Un ragazzo fa crowd surfing durante una data del Warped Tour a Montreal, Canada, il 13 agosto del 2004 (Roger Lemoyne/ Redux, Contrasto)

Il festival fu anche tra i primi a includere rapper, artisti rock o pop: ci si esibirono tra gli altri Eminem, Joan Jett e i Black Eyed Peas, ma anche Katy Perry. Nel 2005, dieci anni dopo la prima edizione, il Warped Tour contava undici palchi e 48 date, e ogni estate vendeva centinaia di migliaia di biglietti. Tra il 2012 e il 2018 arrivò anche in Europa, Australia e Giappone, seppur con pochissime date.

Per certi adolescenti – la parte di pubblico maggiore – non c’era sogno più grande che vedere tutte le band del momento in un unico posto, in un giorno solo, mentre le band ne apprezzavano apertamente lo spirito cameratesco: molte parteciparono per varie edizioni, Simple Plan e Less Than Jake più di tutti. Era insomma uno dei festival più attesi dell’estate, come cantavano gli stessi Blink-182 nella canzone del 2001 “The Rock Show”.

In sé, comunque «era una contraddizione», ha scritto George-Parkin: era un festival punk rock e al contempo «una prodigiosa macchina di marketing», un evento che di fatto riguardava «tanto i brand quanto le band». Per Gina Arnold, autrice di un libro dedicato ai principali festival negli Stati Uniti, gli organizzatori capirono fin da subito che potesse essere «inteso come un mercato: non tanto di idee [ospitava anche banchetti di associazioni non profit, ndr], ma di cose». Non solo i dischi e le magliette delle band, ma anche i prodotti dei marchi del momento.

Joan Jett suona al Warped Tour con il gruppo Joan Jett and The Blackhearts a Uniondale, New York, il 5 agosto del 2006 (Bryan Bedder/ Getty Images)

In un’intervista data a Billboard nel 2018, Lyman disse di aver sentito che certi giorni i My Chemical Romance guadagnavano dai 30mila ai 50mila dollari solo con il merchandising venduto durante il festival. Marchi di abbigliamento da skate come Volcom e Hurley davano il nome ad alcuni dei palchi del festival, come l’azienda di strumenti e accessori per chitarre Ernie Ball, che organizzava una sfida tra band emergenti chiamata battle of the bands, e quella della bevanda Monster, presto ribattezzata «l’energy drink ufficiale del festival».

È anche per questo che fin dall’inizio il Warped Tour attirò le critiche di una buona parte dei puristi del punk: in parte perché accettare sponsorizzazioni da grandi aziende andava contro i valori del movimento e in parte perché, sempre a loro dire, band dal grande successo commerciale e musicalmente più pop come Sum 41 o Simple Plan non avevano niente a che vedere con lo spirito originale del festival.

Brett Gurewitz, fondatore della storica band dei Bad Religion e di Epitaph Records, una delle etichette discografiche più note di musica punk e affini, ha spiegato al Los Angeles Times che «quando nacque il Warped Tour negli Stati Uniti non c’era alcuna cultura dei festival». A detta di Gurewitz, Lyman diede ai gruppi della sua etichetta e a quelli di molte altre «una possibilità che altrimenti non avrebbero mai avuto». Fu insomma un modello positivo, che ispirò poi festival più piccoli e altri eventi simili: tanto che alcuni l’hanno definita la cosa migliore mai successa al punk rock.

Allo stesso tempo ci fu anche chi, come Brendan Kelly dei Lawrence Arms, una delle band più apprezzate di Chicago, lo definì «la cosa peggiore mai successa al punk rock, o in generale alla musica DIY» (do it yourself, cioè che fa le cose da sé). Kelly spiegava che prima in estate le band più famose ne portavano in tour una o due più piccole, così anche nei piccoli locali c’erano concerti una, due o tre volte alla settimana. A suo dire tuttavia il Warped Tour fagocitò quasi tutte, con il risultato che le alternative erano due: o suonare «‘contro’ il Warped Tour, una cosa che faceva schifo; o suonare proprio al Warped Tour, che faceva ancora più schifo». Secondo i critici, nelle parole di Kelly, il festival stava «smantellando da solo tutto quello che era stato costruito nel giro di decenni».

Nel tempo inoltre il Warped Tour fu criticato sia perché la sua lineup era composta per la stragrande maggioranza da band di uomini bianchi, sia perché tollerò a lungo abusi, comportamenti sessisti e misogini. Nel 2015 Jake McElfresh, in arte Front Porch Step, fu invitato a suonare nonostante diverse ragazze minorenni gli avessero rivolto accuse di molestie sessuali. Due anni dopo, nel tentativo di essere più inclusivo, al festival furono invitate tra le altre la band femminista di Baltimora War On Women e alcune attiviste di Safer Spaces, un’organizzazione che si batte affinché i concerti siano ambienti sicuri per donne e ragazze.

La loro presenza fu notata e apprezzata ma, durante un concerto nella seconda settimana di tour, il cantante dei Dickies rivolse parole volgari e sessiste dal palco contro un’attivista dell’organizzazione. Kira-Lynn Ferderber, un’educatrice che aveva accompagnato in tour le War on Women, raccontò che ogni giorno c’erano ragazze che le parlavano delle violenze sessuali che avevano subìto, anche durante lo stesso festival.

Il cantante dei Rise Against Tim McIlrath durante una data del Warped Tour a Uniondale, New York, il 5 agosto 2006 (Bryan Bedder/ Getty Images)

Con il cambiamento dei gusti del pubblico, l’aumento dei costi di produzione e la crescente popolarità di altri grossi eventi, come il Coachella, il Warped Tour perse l’importanza culturale che aveva avuto per oltre vent’anni. L’ultima edizione si tenne appunto nel 2018, seguita da una manciata di concerti spot, come quello per il venticinquesimo anniversario della prima, nel 2019.

Adesso Lyman, che non ha mai smesso di occuparsi di musica e concerti, ha detto a Rolling Stone di sperare di recuperare parte dell’atmosfera originaria del festival. Le date previste per il 2025 hanno l’obiettivo di «trasmettere a una nuova generazione lo stesso senso di appartenenza e libertà che il Warped Tour ha sempre promosso», ha detto, aggiungendo di non escludere la possibilità di organizzarne altre, se tutto andrà bene.

Nel frattempo sui social network la notizia del ritorno del Warped Tour ha suscitato reazioni diverse. C’è chi si è detto pronto a mandare in rosso il suo conto corrente, e chi invece nota con un certo rammarico che non sarà più il Warped Tour di una volta, ma un festival come tanti altri. C’è poi chi ha criticato il prezzo dei biglietti, che pur avendo un costo molto inferiore a quelli di eventi come il When We Were Young (un altro grosso festival con band famose nei primi anni Duemila) partiranno da 150 dollari, contro le poche decine del passato. Infine, come sempre, c’è chi ha lasciato parlare dei meme:

– Leggi anche: L’emo è tornato di moda