La carriera nel tennis di Dominic Thiem si è fermata sul più bello
Il torneo più importante che ha vinto, US Open nel 2020, è stato anche l'ultimo: dopo quattro anni di problemi fisici e motivazionali si è ritirato
Martedì sera il tennista austriaco Dominic Thiem ha giocato nel torneo di Vienna l’ultima partita della sua carriera: aveva annunciato che si sarebbe ritirato dopo questa competizione e ai sedicesimi di finale ha perso (6-7, 2-6) contro l’italiano Luciano Darderi. Thiem rimane ancora oggi uno degli unici due giocatori uomini nati negli anni Novanta (l’altro è Daniil Medvedev) ad aver vinto un torneo del Grande Slam, i più importanti nel tennis. Tra il 2017 e il 2020 è stato uno dei migliori tennisti al mondo, e per qualche tempo la prima alternativa a Novak Djokovic, Roger Federer e Rafael Nadal (i cosiddetti big three) che ancora dominavano il tennis; nel marzo del 2020 raggiunse il terzo posto nel ranking.
Proprio quando arrivò all’apice, con la vittoria degli US Open nel settembre del 2020, il percorso sportivo di Thiem quasi si arrestò, o comunque si ridimensionò molto e improvvisamente, a causa di diversi problemi di salute fisica e mentale che lo condizionarono a lungo e che l’hanno portato, infine, alla decisione di ritirarsi a soli 31 anni. La carriera di Thiem è quindi facilmente divisibile in due parti: la prima, fino alla fine del 2020, nella quale raggiunse molti risultati importanti, vincendo in totale 17 titoli, e continuò a migliorare vari aspetti del suo tennis; la seconda, dal 2021 in poi, in cui non riuscì mai a tornare ai livelli precedenti o a vincere altri tornei (ha giocato una sola finale nelle ultime quattro stagioni, quella dell’ATP 250 di Kitzbühel del 2023, perdendola nettamente contro Sebastián Báez, un tennista che non può essere considerato nemmeno paragonabile al miglior Thiem).
Thiem vinse i suoi primi tre titoli da professionista nel 2015, tutti e tre sulla terra rossa di Nizza, Umag e Gstaad. Nei primi anni il suo stile di gioco combattivo e resistente e i suoi colpi (un dritto arrotato e potentissimo, un rovescio a una mano non molto convenzionale e un servizio altrettanto forte e a effetto) furono efficaci soprattutto sulla terra rossa. Tra il 2016 e il 2019 raggiunse per due volte la semifinale e per due volte la finale del Roland Garros, il torneo del Grande Slam che si gioca su quella superficie, perdendo in un caso contro Djokovic e negli altri tre contro Nadal, che sulla terra rossa di Parigi è sempre stato quasi imbattibile.
Nel frattempo migliorò molto, soprattutto nel rovescio, grazie alla grande dedizione che vari allenatori, tennisti e commentatori hanno spesso attribuito a Thiem. A differenza della maggior parte dei rovesci a una mano, eleganti stilisticamente e molto tecnici, quello dell’austriaco era molto potente e richiedeva una preparazione lunga e precisa per essere efficace. Con il tempo Thiem riuscì a farlo funzionare bene, ma era un colpo molto dispendioso, che eseguì al meglio solo per un breve periodo, quello che coincise con i suoi maggiori successi. Grazie agli sviluppi del suo gioco, cominciò a ottenere risultati importanti e prestigiosi anche sul cemento.
Nel 2019 in particolare vinse in tutto cinque titoli, tra i quali il Masters 1000 di Indian Wells e gli ATP 500 di Pechino e Vienna (che si giocano sul cemento), e raggiunse la finale delle ATP Finals, il torneo in cui a fine anno si affrontano gli otto migliori giocatori della stagione. In un documentario uscito nel 2019 sulla televisione austriaca, Nadal disse che «non è più una questione di cosa debba migliorare per diventare il numero uno, ma di quando lo diventerà», accostando Thiem a se stesso per il modo in cui «entrambi abbiamo la determinazione di giocare ogni punto come fosse l’ultimo». I due si sono affrontati in 16 occasioni: 6 volte ha vinto Thiem, che ha un bilancio più che discreto anche contro Djokovic (5 vittorie e 7 sconfitte) e Federer (5 vittorie e 2 sconfitte).
Thiem ha battuto per 4 volte Nadal sulla terra rossa, l’ultima nel 2019 a Barcellona
Il 2020 fu anche per lo sport un anno condizionato dalla pandemia da Covid-19, con diversi tornei che furono rimandati o cancellati. Fu però anche l’anno della consacrazione definitiva per Thiem, perché vinse per la prima volta un torneo del Grande Slam, i quattro tornei che sono non solo i più prestigiosi per storia e valore (economico e di punti per il ranking), ma un modo per misurare la bravura e il successo di un tennista. Thiem, che quell’anno giocò anche la finale degli Australian Open (perse contro Djokovic dopo essere stato in vantaggio per 2 set a 1), fu il primo tennista a vincere uno Slam tra quelli nati negli anni Novanta, una generazione di giocatori che ha faticato molto a emergere prima per la permanenza ai vertici dei big three e successivamente per l’arrivo di nuovi, talentuosi tennisti nati negli anni Duemila (soprattutto Jannik Sinner e Carlos Alcaraz).
La vittoria di Thiem fu importante e meritata, ma decisamente particolare per via del contesto in cui si giocarono il torneo e la finale. Fu il primo Slam dal 1999 in cui non erano presenti né Federer né Nadal, mentre Djokovic, considerato il grande favorito, fu squalificato per aver inavvertitamente colpito un giudice di linea con una pallina lanciata in aria alla fine di uno scambio, per frustrazione. Soprattutto, le partite si giocarono senza spettatori a causa delle restrizioni per la pandemia, una circostanza amplificata dal fatto che il campo centrale degli US Open è lo stadio di tennis più grande al mondo, e solitamente lì il pubblico è decisamente rumoroso.
In finale ci arrivarono Thiem e Alexander Zverev, un altro dei giocatori nati negli anni Novanta che è da anni tra i migliori ma non è ancora riuscito a vincere un torneo del Grande Slam. L’occasione forse irripetibile di vincere uno Slam generò una finale giudicata nel complesso brutta e poco spettacolare, nonostante Thiem avesse vinto rimontando il vantaggio di 2 set a 0 di Zverev (il punteggio fu 2-6, 4-6, 6-4, 6-3, 7-6).
Nei giorni scorsi Thiem ha dato un’intervista a Tennis Majors in cui ha parlato di come si sentì nei mesi successivi a quell’importante vittoria: «Pensavo addirittura che mi avrebbe reso felice per sempre e che mi avrebbe cambiato la vita per sempre, ma ovviamente non è così. È un’illusione. Fondamentalmente, non cambiò nulla. Realizzai presto che [vincere uno Slam] non mi avrebbe per forza reso felice per sempre». Thiem non ha mai detto di aver avuto forme di depressione, ma in alcune occasioni ha fatto riferimento alla perdita di stimoli e obiettivi che seguì la vittoria degli US Open.
Nella stessa intervista a Tennis Majors ha detto anche che «il tema della salute mentale mi ha riguardato per molto tempo. La depressione accompagna molte persone durante la loro vita. Col tempo, ho fatto sempre più cose per avere un maggior equilibrio e combattere il problema. Credo però che fare il tennista, con gli alti e i bassi, l’adrenalina, i vuoti, i viaggi e il jet lag, non aiuti ad avere uno stile di vita salutare».
A questi problemi di origine più mentale e psicologica si aggiunsero per Thiem quelli fisici: prima al ginocchio e poi al polso destro. Quest’ultimo in particolare lo condizionò per il resto della carriera, costringendolo non solo a saltare vari tornei, ma anche a cambiare il modo di impugnare la racchetta e di colpire la pallina, snaturandosi e peggiorando l’efficacia dei suoi colpi. Gli US Open del 2020 sono stati l’ultimo dei diciassette tornei vinti da Thiem.