Comincia un’NBA eccezionalmente incerta
Nel campionato di basket nordamericano ci sono buone ragioni per aspettarsi la settima vincitrice diversa in sette anni: sarebbe la prima volta
Nella notte tra martedì e mercoledì comincia l’NBA, il principale campionato di basket nordamericano, che nelle ultime sei stagioni ha avuto sei vincitori diversi. In ordine, dal 2019, hanno vinto il titolo i Toronto Raptors, i Los Angeles Lakers, i Milwaukee Bucks, i Golden State Warriors, i Denver Nuggets e infine i Boston Celtics, che la scorsa stagione sono stati nettamente la miglior squadra e hanno dominato sia la regular season – cioè la lunga prima parte di stagione che funziona più o meno come un campionato, diviso in due gironi detti conference, una per la parte est e una per la parte ovest degli Stati Uniti – sia i playoff (a cui accedono le migliori 16 squadre). Nella storia dell’NBA era successo solamente un’altra volta che ci fossero sei campioni diversi in sei anni (tra il 1975 e il 1980), e non è mai successo che ci siano vincitrici diverse per sette stagioni consecutive: se succedesse quest’anno sarebbe quindi la prima volta.
Per questa varietà di squadre vincitrici, a cui se ne aggiungono altre tre che hanno giocato le Finals negli ultimi sei anni, molti commentatori hanno cominciato a definire questa come la parity era dell’NBA, un periodo in cui cioè tante squadre diverse possono potenzialmente vincere il titolo e nel quale è difficile creare quella che in inglese viene chiamata “dinasty”, un ciclo di successo di una squadra che vince più volte il campionato o che comunque rimane competitiva ai massimi livelli per diverse stagioni consecutive.
Non è detto che effettivamente alla fine di questa stagione ci sia una vincitrice ancora diversa, visto che Boston viene considerata di nuovo la favorita; Denver, che vinse due anni fa e ha in squadra quello che è considerato il miglior giocatore del momento (Nikola Jokic), è un’altra candidata credibile, così come Milwaukee (e nei Lakers c’è sempre LeBron James). Ma non è nemmeno uno scenario improbabile, perché tra le squadre che non hanno vinto negli ultimi anni diverse possono ambire realisticamente al titolo. Ci sono i Dallas Mavericks, che di recente sono arrivati fino alle Finals di NBA, e gli Oklahoma City Thunder, una squadra giovane ed entusiasmante già dalla scorsa stagione, e poi New York, Philadelphia, Phoenix e altre che potrebbero andare molto bene, sistemando alcune mancanze.
Prima di questa nuova parity era, l’NBA aveva avuto grande successo grazie soprattutto a eccezionali cicli vincenti basati su stili di gioco e giocatori molto forti e riconoscibili: i Chicago Bulls di Michael Jordan negli anni Novanta, i Los Angeles Lakers di Shaquille O’Neal e Kobe Bryant e i San Antonio Spurs allenati da Gregg Popovich a inizio Duemila, e poi l’ultima, i Golden State Warriors degli Stephen Curry e Klay Thompson, considerati tra i migliori tiratori da tre punti di sempre. Negli ultimi anni invece, per via di alcune coincidenze e cambiamenti, è diventata per certi versi più “democratica”: sembra che chi guida l’NBA stia cercando di insistere per rendere questo un punto di forza, e che anche il pubblico e i tifosi apprezzino una competizione più distribuita.
Con l’introduzione dei play-in, le partite che anticipano i playoff e si giocano tra la settima e la decima classificata di ogni conference (ai playoff vanno le prime otto a Est e a Ovest), più squadre possono ambire a entrare nei playoff, e quindi cercano di attrezzarsi per essere competitive e, contemporaneamente, fanno esperienza in partite in cui sono costrette a vincere (questo succede anche nel nuovo torneo che da due anni si gioca in mezzo alla stagione). Le nuove regole finanziarie da un lato hanno aumentato il cosiddetto salary cap, il limite di soldi che una squadra può spendere per pagare gli stipendi ai giocatori, ma dall’altro hanno introdotto maggiori penalità per punire o scoraggiare le squadre che superano quella soglia, livellando le possibilità economiche, che sono nel contempo migliorate anche per le squadre più piccole grazie ad accordi televisivi e commerciali sempre più ricchi.
Allo stesso tempo i cosiddetti super team, le squadre in cui sono stati riuniti in maniera spesso poco lungimirante e sensata tre giocatori molto forti (i Brooklyn Nets di Irving, Harden e Durant, i Los Angeles Clippers di Leonard, George e Harden, i Phoenix Suns di Paul, Booker e Durant), hanno tutti ottenuto risultati negativi, mentre squadre storicamente meno vincenti e ricche sono riuscite a diventare competitive con una migliore programmazione.
Tra le possibili nuove vincitrici, come detto, la più accreditata è probabilmente Dallas, perché già l’anno scorso riuscì a vincere le finali di Western Conference e a raggiungere la Finals (cioè l’ultima serie di partite tra le vincitrici delle due conference) e quest’anno ha aggiunto un tiratore di altissimo livello, Klay Thompson, a una squadra già competitiva, guidata dall’eccezionale Luka Doncic e da Kyrie Irving. In un articolo con cui il sito sportivo ESPN ha analizzato alcuni dei temi principali in vista della nuova stagione si legge che le abilità di Thompson sono «esattamente ciò di cui Dallas ha bisogno», ma che per il giocatore potrebbe essere difficile adeguarsi a un nuovo sistema di gioco dopo tredici anni trascorsi a giocare nei Golden State Warriors.
A Ovest però anche gli Oklahoma City Thunder sono ritenuti una squadra pronta per salire ancora di livello. Lo scorso anno vinsero più partite di tutti nella Western Conference durante la stagione regolare, 57 su 82, giocando un basket spettacolare e ad alto ritmo, agevolato anche dall’età media molto bassa (erano la più giovane squadra dell’NBA). The Athletic prevede che faranno ancora meglio e che siano ancora i principali favoriti per il primo posto nella stagione regolare: l’esperienza fatta la scorsa stagione ai playoff, quando persero proprio contro Dallas, li aiuterà probabilmente a essere più competitivi.
Un’altra squadra sorprendente della scorsa stagione a Ovest furono i Minnesota Timberwolves, che giocarono ottimi playoff ed eliminarono i campioni in carica dei Denver Nuggets, puntando soprattutto su un’eccezionale difesa. In estate Minnesota ha ceduto ai New York Knicks Karl-Anthony Towns in uno scambio che ha portato a Minnesota Julius Randle e Donte DiVincenzo e, scrive ESPN, bisognerà vedere se riuscirà a ricreare un gruppo affiatato come la scorsa stagione. Anche i Phoenix Suns sono accreditati come squadra competitiva, e avranno probabilmente un’ultima occasione per cercare di vincere il loro primo titolo della storia prima di dover creare una nuova squadra senza Kevin Durant, che ha 36 anni e negli ultimi quindici è stato tra i migliori attaccanti dell’NBA.
Nella Eastern Conference invece c’è una favorita evidente, e sono i Boston Celtics, ma diverse squadre hanno l’obiettivo di essere contender (cioè pretendenti al titolo) credibili. I New York Knicks, dopo molte stagioni deludenti, nelle ultime due si sono qualificati per i playoff e hanno superato il primo turno: quest’anno con il playmaker Jalen Brunson in continua crescita e l’aggiunta di Towns e di Mikal Bridges vengono indicati da diversi commentatori come una possibile sorpresa. Questo potrebbe anche essere una cosa negativa, però, perché a New York ci sono costantemente aspettative molto alte sulla squadra che spesso vengono deluse.
Anche Philadelphia ha iniziato quasi tutte le ultime stagioni con grandi attese, perché in squadra c’è Joel Embiid, un giocatore di eccezionale talento, e attorno a lui c’erano altri giocatori molto forti. Ogni volta però le cose sono andate storte per vari motivi, tra cui i frequenti infortuni anche e soprattutto dello stesso Embiid. Con lui ci sarà Paul George, e in generale la squadra sembra completa ed equilibrata: «Hanno una buona combinazione di talento di alto livello e profondità [intesa come alto numero di giocatori buoni, ndr] per raggiungere le finali di Conference: se Embiid starà bene fisicamente la sua squadra avrà una possibilità», scrive ESPN. The Athletic invece nelle sue previsioni mette Philadelphia al quarto posto a Est dietro a Boston, Cleveland e New York: i Cleveland Cavaliers sono un’altra squadra da tenere d’occhio tra le possibili nuove vincitrici.