Le speranze di un cessate il fuoco a Gaza continuano a diminuire
Il segretario di Stato statunitense Antony Blinken sta provando a far ripartire le trattative con un altro viaggio in Medio Oriente, ma senza grandi prospettive di riuscirci
Il segretario di Stato statunitense Antony Blinken arriverà martedì in Israele per una nuova serie di incontri volti a riaprire le trattative per un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Sarà l’undicesimo viaggio di Blinken in Medio Oriente da quando è iniziata la guerra, il 7 ottobre 2023: durerà una settimana, Blinken incontrerà il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente Isaac Herzog e poi si sposterà in Giordania e in Qatar, gli altri principali paesi coinvolti come intermediari nelle trattative.
Il nuovo tentativo di Blinken di riavviare una trattativa che preveda un’interruzione delle operazioni militari e la liberazione degli ostaggi da parte di Hamas è stato deciso dopo la morte del leader di Hamas, Yahya Sinwar, ucciso dall’esercito israeliano la scorsa settimana. Esistevano piccole speranze che la morte del capo di Hamas potesse favorire le discussioni per la fine della guerra, ma Hamas e soprattutto Israele non hanno mostrato nei giorni successivi aperture o cambi di approccio. Non ci sono quindi molti motivi per pensare che l’undicesima missione di Blinken ottenga risultati concreti: l’influenza dell’amministrazione statunitense su Israele si è dimostrata in questi mesi minima e le imminenti elezioni presidenziali negli Stati Uniti (il 5 novembre) rendono ancora più improbabile uno sviluppo immediato.
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Il governo israeliano non sembra avere particolari interessi nel concedere al presidente uscente Joe Biden una vittoria diplomatica, preferendo rinviare ogni discorso a gennaio, quando si insedierà una nuova amministrazione. Netanyahu inoltre ha rapporti stretti con il candidato Repubblicano Donald Trump, che già nel precedente mandato aveva dimostrato un appoggio incondizionato alle politiche di Israele e che nelle recenti dichiarazioni ha sostenuto la guerra intrapresa dal suo governo.
Alcuni portavoce hanno definito gli obiettivi della missione di Blinken: non solo riprendere le trattative per fermare la guerra a Gaza, ma anche discutere le future modalità di governo della Striscia e favorire l’ingresso di aiuti umanitari, che Israele perlopiù blocca ancora, nonostante le forti pressioni internazionali. Ma è probabile si parli anche degli altri due fronti aperti dall’esercito israeliano.
Riferendosi alla crescente intensità delle operazioni militari israeliane contro Hezbollah, l’inviato speciale del governo statunitense in Libano Amos Hochstein ha detto lunedì che «la situazione è degenerata a un livello fuori controllo». Intanto, il prospettato attacco israeliano all’Iran (in ritorsione all’intenso lancio di missili iraniani dello scorso 1° ottobre) potrebbe causare un ulteriore ampliamento della guerra.
Per quel che riguarda le trattative per il cessate il fuoco, le condizioni di partenza di entrambe le parti non sembrano essere cambiate: Hamas chiede un’interruzione delle operazioni e un ritiro totale dell’esercito israeliano dalla Striscia (condizione sempre rifiutata dalla controparte), mentre Israele vuole il rilascio di tutti gli ostaggi ancora presenti a Gaza.
L’unica novità potrebbe essere una trattativa sul corpo di Sinwar, che Hamas avrebbe interesse a seppellire in terra palestinese e che potrebbe diventare un “elemento di scambio”. Rappresentanti statunitensi e israeliani hanno poi espresso il timore che l’uccisione di Sinwar possa aver portato, o possa portare, a vendette sugli ostaggi ancora presenti nella Striscia.
Inoltre al momento non è chiaro chi sia autorizzato a parlare e prendere decisioni per Hamas, dopo l’uccisione di Sinwar: la successione a capo dell’organizzazione non è ancora definita. Il primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdulrahman Al Thani ha detto mercoledì che non ci sono stati contatti o trattative sul cessate il fuoco nelle ultime tre o quattro settimane: «Ci stiamo muovendo nello stesso circolo, con il silenzio di tutte le parti in causa».