In Austria l’incarico di formare un governo non è stato dato all’estrema destra
Nonostante avesse vinto le elezioni: ci proverà Karl Nehammer, cancelliere uscente e leader del Partito Popolare
Martedì il presidente austriaco, Alexander Van der Bellen, ha incaricato di formare un governo Karl Nehammer, il cancelliere uscente e leader del Partito Popolare (ÖVP), di centrodestra. I Popolari erano arrivati secondi alle elezioni del 29 settembre, vinte dal Partito della Libertà (FPÖ) di estrema destra, ma durante le consultazioni i principali partiti hanno confermato di non essere disposti a governare insieme all’FPÖ – che da solo non ha la maggioranza in parlamento – per via delle sue posizioni estremiste, euroscettiche, molto ostili all’immigrazione e, in tempi più recenti, no-vax.
Per questa ragione Van der Bellen ha scelto Nehammer, dandogli indicazione di avviare le trattative con il Partito Socialdemocratico (SPÖ), di centrosinistra: quest’ultimo nella scorsa legislatura era all’opposizione (il precedente governo di Nehammer era invece sostenuto dai Verdi) ma si è reso disponibile a entrare in coalizione con i Popolari. Van der Bellen ha detto che confida «nel senso di responsabilità» dei due partiti, invitandoli a trovare un compromesso.
Popolari e Socialdemocratici avrebbero una maggioranza fragile al Nationalrat, la camera bassa austriaca: insieme esprimono 92 deputati (51 l’ÖVP e 41 la SPÖ) su 183 seggi totali. La coalizione con due soli partiti avrebbe, insomma, un solo voto di margine nelle votazioni. Van der Bellen ha detto che si aspetta «una maggioranza stabile» e per questo è possibile che Popolari e Socialdemocratici cerchino un terzo alleato. I dirigenti dei liberali di NEOS, che erano arrivati quarti, hanno detto di essere disposti a partecipare a «un governo orientato alle riforme».
Ora inizieranno le trattative tra i leader di ÖVP e SPÖ, ed eventualmente NEOS, che ha posto come condizione «un clima di fiducia su basi paritarie». Nehammer ha escluso una collaborazione con l’FPÖ nonostante il suo partito governi insieme all’estrema destra in diverse regioni austriache. Tra Popolari e Socialdemocratici ci sono storiche differenze ideologiche, soprattutto sulle tasse e l’economia, che andranno risolte in un eventuale programma comune.
Van der Bellen lunedì insieme ai leader di ÖVP, SPÖ e FPÖ
Herbert Kickl, il leader dell’FPÖ, in questi giorni ha definito «coalizione dei perdenti» qualsiasi assetto che lo escludesse. I dirigenti dell’estrema destra hanno molto contestato il fatto che l’incarico non sia stato conferito a Kickl in virtù del primo posto alle elezioni (lo stesso risultato delle europee di giugno, peraltro). «A molti di voi questo potrà sembrare uno schiaffo in faccia. Ma vi assicuro: non è stata ancora detta l’ultima parola», ha scritto sui social Kickl martedì.
Diversi esponenti dell’FPÖ hanno accusato di «non rispettare la volontà popolare» Van der Bellen, che è stato un importante politico dei Verdi e ha sconfitto per due volte (nel 2016 al ballottaggio e nel 2022 al primo turno) il candidato dell’FPÖ alle presidenziali. Martedì, nel suo discorso, Van der Bellen ha ribadito che le elezioni non sono «una corsa in cui il partito che arriva primo diventa automaticamente il capo del governo» e che «nessuno può rivendicare [di parlare per] l’intero popolo».
Il quotidiano austriaco Der Standard ha ricordato che, cinque anni fa, servirono cento giorni perché dall’incarico all’allora leader dell’ÖVP Sebastian Kurz si arrivasse al giuramento del nuovo governo (in coalizione coi Verdi). In media, nella storia repubblicana austriaca, ci sono voluti più di 62 giorni per la formazione di un nuovo esecutivo.
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