È morto l’influente religioso turco Fethullah Gülen
Fu prima un alleato e poi uno dei principali oppositori del presidente Erdoğan, e nel 2016 fu accusato di aver tentato un colpo di stato: aveva 83 anni
Domenica è morto a 83 anni il predicatore e studioso dell’Islam turco Fethullah Gülen, che un tempo era molto influente nella politica del suo paese, che fino a una decina di anni fa era un alleato politico del presidente Recep Tayyip Erdoğan (al potere dal 2003) e che divenne poi uno dei suoi maggiori oppositori. Attorno a Gülen sono ruotate molte delle recenti crisi politiche che hanno coinvolto il governo della Turchia, tra cui il colpo di stato, poi fallito, del luglio del 2016. La morte di Gülen è stata annunciata su un sito web dove venivano pubblicati con regolarità i suoi sermoni.
Fethullah Gülen ha sempre predicato una visione moderata dell’Islam, compatibile con la scienza, la democrazia, la modernità e il riconoscimento di alcuni diritti civili. Dal 1999 viveva in una sorta di esilio autoimposto in Pennsylvania, negli Stati Uniti.
Nato in una famiglia religiosa, Gülen ottenne nel 1959 la licenza di predicatore iniziando a predicare nella città di Edirne, nella parte occidentale della Turchia, dove divenne assistente di un imam presso una moschea. Dopo aver svolto il servizio militare all’inizio degli anni Sessanta riprese la propria attività a Edirne, ma cominciò ad avere un seguito sempre maggiore quando si trasferì a Smirne dedicandosi, soprattutto, ai giovani e agli studenti, aprendo spazi di studio e dormitori grazie al contributo di donatori locali.
Iniziò così a formarsi il primo nucleo di una comunità che crebbe nel tempo e che si riunì al movimento fondato da Gülen chiamato Hizmet (“Servizio”) e di cui secondo Erdoğan facevano e fanno tuttora parte molti giornalisti, esponenti della magistratura e delle forze dell’ordine turche. Hizmet continuò a crescere, così come la rete di scuole fondate da Gülen in Turchia, ma anche in molti altri paesi.
Quando Erdoğan divenne primo ministro nel marzo del 2003 il suo partito, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP), e il movimento di Gülen continuarono a mantenere le relazioni positive che già avevano coltivato e che furono utili sia al consolidamento del potere dell’AKP sia alla crescita dell’influenza di Hizmet: molti suoi sostenitori entrarono a far parte delle principali istituzioni statali, soprattutto nella magistratura e nella polizia.
Della rivalità tra Erdoğan e Gülen si cominciò a parlare, in particolare, nel dicembre del 2013 quando il partito di Erdoğan rimase coinvolto in un grosso scandalo sulla corruzione. Diversi membri dell’AKP furono arrestati – tra cui il figlio dell’allora ministro dell’Economia, quello del ministro dell’Interno e il direttore generale di Halkbank, una grande banca controllata dallo stato – e alcuni ministri del governo furono costretti a dimettersi. Nel febbraio del 2014 ci fu un altro episodio: due giornali turchi filo-governativi pubblicarono un’inchiesta per denunciare l’esistenza di un vastissimo programma di intercettazioni messo in piedi dalla magistratura ai danni dei membri dell’AKP e in molti sostennero che Gülen avesse avuto un ruolo centrale nella vicenda. Nel dicembre dello stesso anno, e secondo molti osservatori come risposta allo scandalo della corruzione e alla vicenda delle intercettazioni, la polizia turca arrestò decine di persone in tredici province della Turchia, tra cui molti giornalisti che lavoravano nei media critici verso il governo. L’accusa nei loro confronti era di avere cospirato insieme a Fethullah Gülen per indebolire il governo.
Nel 2014 Gülen fu accusato di guidare un’organizzazione terroristica. Secondo Erdoğan e i suoi alleati, questa rete legata a Hizmet rappresentava uno «stato nello stato», una specie di organizzazione segreta con l’obiettivo di rovesciare il governo che diede seguito ai propri obiettivi organizzando nel luglio del 2016 un colpo di stato poi fallito. Gülen, che aveva posizioni molto radicali e critiche verso Erdoğan, ha sempre però negato ogni suo coinvolgimento in quella vicenda.
Il fallito colpo di stato contro Erdoğan del 2016 aggravò comunque le divisioni. A partire da lì il presidente avviò infatti licenziamenti e azioni penali contro centinaia di migliaia di persone considerate vicine al predicatore o parte del suo movimento. La Turchia avanzò anche più volte agli Stati Uniti la richiesta di estradizione nei confronti di Gülen, mai concessa perché le prove del suo sostegno al colpo di stato non vennero fornite. La notizia della morte di Gülen è stata riportata dai media turchi, ma il governo non ha rilasciato ancora alcun commento.