Perché tanti impermeabili sono gialli?

Nell'immaginario comune, ma anche in giro: la risposta inizia nei paesi piovosi del nord Europa e prosegue coi film horror

(AP Photo/Ariana Cubillos)
(AP Photo/Ariana Cubillos)

Enzo Ferrari, fondatore della Ferrari, diceva che se dai a un bambino un foglio di carta e dei colori e gli chiedi di disegnare una macchina la farà sicuramente rossa. Allo stesso modo, se si chiede a un bambino di disegnare un impermeabile, è molto probabile che lo faccia giallo: il colore che contraddistingue questo capo di abbigliamento da sempre e quello più radicato nell’immaginario collettivo, oltre che molto ripreso dai marchi di abbigliamento.

Secondo una prima ricostruzione, la consuetudine di usare mantelline gialle si sarebbe diffusa accidentalmente. In Scozia nel Diciannovesimo secolo le fabbriche tessili realizzavano vele in lino da montare sulle navi che trasportavano merci (i cosiddetti clipper) lungo le rotte commerciali della Gran Bretagna. Lo stesso materiale utilizzato per costruire le vele veniva impiegato anche per realizzare le mantelline che i marinai indossavano per proteggersi dal vento e dalla pioggia. Solitamente queste mantelline venivano rivestite di olio di lino, che serviva a rendere il tessuto impermeabile: man mano che l’olio invecchiava, le mantelline si scolorivano fino a ingiallire.

L’impermeabile per come lo conosciamo oggi invece fu inventato da Charles Macintosh, un chimico di Glasgow, nel 1823. Semplificando, applicò una soluzione di gomma naturale (caucciù) e nafta tra due strati di stoffa. In realtà non è chiaro se questa combinazione sia stata inventata proprio da Macintosh, dato che un suo connazionale, il chirurgo James Syme, descrisse la stessa cosa in un articolo scientifico pubblicato sulla rivista Annals of Philosophy nel 1818, cinque anni prima che Macintosh depositasse il brevetto. Tuttavia, è certo che Macintosh fu il primo a pensare di utilizzarla allo scopo di impermeabilizzare i tessuti.

Nel 1830 la Mackintosh (la società che Macintosh fondò nel 1824, e che si differenzia dal cognome del suo fondatore per una “k”) fu acquisita dalla società dell’industriale inglese Thomas Hancock, considerato il fondatore dell’industria britannica della gomma. Da quel momento in poi il “mac” – come divenne noto nel linguaggio comune questo indumento – diventò un prodotto largamente utilizzato non soltanto da chi per lavoro trascorreva lunghi periodi in mezzo al mare, ma anche dalle forze dell’ordine, dai ferrovieri e da chi praticava equitazione.

Dall’industrializzazione in poi, tra marinai e pescatori si diffusero gli impermeabili gialli principalmente per una questione di sicurezza: essendo infatti un colore acceso, consentiva di essere individuati facilmente in mezzo a una tempesta. Il giallo diventò anche il colore più utilizzato tra gli operai che lavoravano nei cantieri edili o nella costruzione di strade, anche perché ben visibile nelle giornate di nebbia.

(Francesco Anselmi/Contrasto)

Anche se negli ultimi due secoli ha avuto diversi passaggi di proprietà, la Mackintosh esiste ancora oggi: produce impermeabili molto ricercati e costosi, di cui è per esempio un grande ammiratore Liam Gallagher, il cantante del gruppo rock inglese degli Oasis.

Nella seconda metà dell’Ottocento l’utilizzo degli impermeabili fu sdoganato anche nei paesi scandinavi, e in particolare in Norvegia, dove è stata creata tutta una mitologia attorno al capitano Helly Juell Hansen, che dà il nome a uno dei marchi di abbigliamento da vela più famosi al mondo.

Secondo un aneddoto ripreso dal sito ufficiale dell’azienda, durante un viaggio in nave nel 1877 Hansen avrebbe ideato un metodo per impermeabilizzare le mantelline simile a quello dei marinai scozzesi di inizio Ottocento, ossia ricoprire delle tele di cotone con dell’olio di lino. Hansen e sua moglie Margarethe decisero di realizzare dei capi d’abbigliamento a partire da questo principio, soprattutto pantaloni e “cerate” (ossia impermeabili), e per farlo avviarono una piccola produzione artigianale nella loro casa di Moss, in Norvegia. L’anno dopo Hansen e la moglie ottennero un certificato di eccellenza presentando i loro prodotti all’Esposizione universale di Parigi, e cominciarono a esportarli in tutto il mondo.

Hillary Clinton indossa un impermeabile giallo durante un evento pubblico a Grafton, in West Virginia (Joe Raedle/Getty Images)

Seppur realizzati con un metodo più artigianale e meno tecnico rispetto ai Mackintosh, anche gli impermeabili di Helly Hansen diventarono dei capi d’abbigliamento famosi e diffusi. La popolarità del marchio aumentò nel 1914, quando l’azienda passò al figlio Leiv Helly-Hansen, che creò le prime collezioni casual (e quindi indirizzate al grande pubblico, non soltanto per marinai e pescatori). Anche in questo caso, uno dei colori più utilizzati per gli impermeabili fu il giallo.

Probabilmente un altro motivo per cui il giallo è ancora così associato agli impermeabili è il fatto che i protagonisti di diverse opere di finzione utilizzano spesso questi indumenti e di questo colore. Per esempio, l’utilizzo di un impermeabile giallo è diventato un espediente visivo diffusissimo nei film e nei romanzi horror. Tra i tanti, forse il più celebre è quello di George Denbrough, uno dei bambini protagonisti di It, che nelle sequenze iniziali di entrambi i film tratti dal romanzo di Stephen King (quello del 1990 e quello del 2017) indossa un impermeabile giallo mentre insegue una barchetta di carta sotto la pioggia.

Anche il protagonista di Milo, un film horror del 1998 diretto da Pascal Franchot che ai tempi creò un certo scalpore per la sua violenza, indossa un impermeabile giallo.

In tempi più recenti, due casi piuttosto noti sono quelli delle serie Dark e Stranger Things, dove gli impermeabili gialli sono una presenza piuttosto costante, ma anche alcune scene della serie Baby Reindeer riprese nella locandina. Lo sdoganamento di questo capo d’abbigliamento nei film dell’orrore è dovuto anche a esigenze scenografiche: gli impermeabili gialli risaltano nelle scenografie buie e cupe tipiche del genere, e permettono di enfatizzare la presenza scenica dei personaggi.

(Dalla locandina di Baby Reindeer)

In un’intervista a Esquire Henry Selick, il regista di Coraline e la porta magica, film d’animazione horror del 2009 tratto da un famoso romanzo dell’autore inglese Neil Gaiman, ha approfondito questo concetto, spiegando che decise di fare indossare alla protagonista un impermeabile giallo (nell’opera originale ne usa uno blu) perché voleva che «fosse l’unico colore solare nel paesaggio grigio e oscuro dell’Oregon», dove la storia è ambientata.