La Russia è dappertutto nelle elezioni in Moldavia
Domenica si vota per le presidenziali e per un referendum sull'integrazione europea, e la propaganda russa sta cercando in ogni modo di influire sui risultati
Domenica in Moldavia ci saranno due elezioni importanti. Una servirà a eleggere il presidente, o la presidente, del paese; l’altra è un referendum sull’integrazione europea: servirà per cambiare la Costituzione, in modo da includere l’impegno a proseguire l’integrazione nell’Unione Europea.
L’elezione presidenziale e il referendum sono due voti molto delicati per la Moldavia. Negli ultimi anni il governo del paese – che faceva parte dell’Unione Sovietica fino all’agosto 1991 – si è progressivamente distanziato dalla Russia e ha adottato posizioni sempre più filo-occidentali: nel 2022 ha ottenuto ufficialmente lo status di paese candidato all’ingresso nell’Unione Europea. Il risultato delle votazioni inciderà sulle future scelte di politica estera del paese.
Nelle ultime settimane l’Unione Europea ha sostenuto pubblicamente l’attuale governo moldavo, retto dal partito liberale e pro-europeo Partito di Azione e di Solidarietà (PAS) e alla attuale presidente Maia Sandu, anche lei di PAS, filo-occidentale. Il 10 ottobre la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen è andata in visita ufficiale nella capitale moldava, Chisinau, dove ha annunciato il più grosso programma di sostegno finanziario della storia del paese: 1,8 miliardi di euro, pari al dieci per cento del PIL.
Anche la Russia, però, sta cercando – a modo suo – di influenzare il voto, attraverso campagne di disinformazione e finanziamenti occulti. A inizio ottobre le autorità moldave hanno denunciato un vasto piano di frode elettorale, con cui circa 130mila elettori moldavi (quasi il 5 per cento del totale) sarebbero stati pagati con soldi provenienti dalla Russia per votare «no» al referendum.
In primavera la polizia di frontiera moldava ha fermato più di 100 passeggeri che stavano arrivando in Moldavia dalla Russia, passando per l’Armenia: ognuno di loro trasportava una cifra in contanti appena al di sotto dei 10mila euro – la soglia massima per trasportare legalmente contanti senza doverli dichiarare. Anche in questo caso, secondo la polizia moldava, i soldi sarebbero stati usati per finanziare proteste contro il governo e convincere molti elettori a votare contro l’integrazione europea.
Giovedì 17 ottobre le autorità moldave hanno anche annunciato di avere individuato un gruppo di più di 300 persone, che nei mesi scorsi sarebbero state addestrate in Russia, Bosnia Erzegovina e Serbia, allo scopo di creare scontri e disordini durante le votazioni di domenica.
«La Russia sta iniettando milioni […] per cercare di controllare i nostri processi democratici», ha detto al Guardian Olga Roşca, una consigliera di politica estera per la presidente Sandu: «non si tratta di una semplice intromissione: è una interferenza su larga scala, che ha l’obiettivo di destabilizzare il nostro futuro».
Molte di queste attività, secondo le ricostruzioni delle autorità moldave, sono portate avanti da Ilan Shor, un uomo d’affari moldavo che è stato condannato in contumacia nel 2017 dopo aver sottratto dal sistema bancario del paese più di un miliardo di euro. Shor è fuggito prima in Israele e poi in Russia: da anni finanzia diversi partiti politici di orientamento filorusso. Secondo un’inchiesta del Washington Post, nelle sue attività in Moldavia Shor sarebbe stato aiutato direttamente dall’FSB, il servizio segreto russo.
Ufficialmente i partiti riconducibili a Shor, riuniti in un blocco politico chiamato Victorie (Vittoria) – la cui fondazione è stata annunciata da Shor con un evento a Mosca lo scorso aprile – non hanno potuto partecipare alla campagna elettorale per il referendum, perché non sono riusciti a presentare alcuni documenti richiesti dalla Commissione elettorale moldava, l’organismo che organizza le elezioni.
Shor ha comunque cercato di orientare il voto dei cittadini moldavi. A fine settembre ha annunciato su Telegram di voler pagare fino a 375 euro gli elettori che avessero votato no al referendum, e convinto altri a farlo. La settimana scorsa uno dei principali quotidiani moldavi, Ziarul de Garda, ha pubblicato l’inchiesta di una sua giornalista, Mariuta Nistor, che per mesi si è finta una manifestante e ha partecipato a diverse proteste contro il governo dimostrando come siano state organizzate da “attivisti” in realtà pagati direttamente da Shor. In risposta a queste attività, nelle settimane scorse diversi account Telegram legati a Shor sono stati sospesi.
L’opinione pubblica moldava è ancora oggi piuttosto divisa tra una maggioranza favorevole all’integrazione europea e una grossa parte che è più filorussa. Dopo l’indipendenza la Moldavia è stata governata per lo più da politici filorussi, ma negli ultimi anni – benché l’obbligo di rimanere neutrale sia contenuto nella propria Costituzione – il paese si è avvicinato molto all’Unione Europea: quest’anno ha anche firmato un accordo di cooperazione militare con la Francia e un patto di Sicurezza e Difesa con l’Unione Europea.
A partire dall’elezione di Maia Sandu nel 2020, la Russia ha aumentato le proprie interferenze nella politica moldava. Ha sostenuto le attività di Shor; ha bloccato l’importazione di prodotti moldavi come il vino, e soprattutto ha tagliato le forniture di gas e aumentato i prezzi dell’energia per la Moldavia. La Moldavia fino a poco tempo fa era totalmente dipendente dal gas russo (anche se adesso ha iniziato a sostituirlo con fonti alternative): le decisioni della Russia hanno avuto un grosso impatto negativo sull’economia del paese e, inevitabilmente, anche sul lavoro e sulla popolarità del governo moldavo.
La Russia ha anche organizzato campagne di propaganda e notizie false. L’anno scorso sono diventati piuttosto popolari diversi video deepfake che denunciavano (falsi) preparativi militari della Romania per invadere la Moldavia, oppure mostravano Sandu mentre si prendeva gioco delle condizioni di vita dei cittadini moldavi, tra i più poveri in Europa. La scorsa settimana, su Telegram è circolato un altro video falso che mostrava il ministro dell’Economia, Dumitru Alaiba, in una sauna insieme a una donna nuda sotto l’effetto di alcol e droghe.
Buona parte della disinformazione promossa dalla Russia si basa anche sull’ostilità alla promozione dei diritti della comunità LGBT+ da parte dell’Unione Europea, come ha scritto tra gli altri il New York Times, e sulla necessità di proteggere i «valori tradizionali» della società moldava, che è ancora molto legata alla religione ortodossa. Meta, la società che controlla – tra gli altri – Facebook e Instagram, nelle settimane scorse ha annunciato di avere sospeso diversi account responsabili di avere diffuso nel paese notizie false in modo coordinato. Stanislav Secrieru, consigliere per la sicurezza di Sandu, ha detto che quella in corso è «un’epidemia di falsi».
In passato questi tentativi di disinformazione ebbero anche un certo successo: nel 2016, quando si era candidata per la prima volta alla presidenza del paese, Sandu aveva perso le elezioni anche per colpa di una notizia falsa che sosteneva che sarebbe stata pronta ad accogliere 30mila rifugiati siriani.
Secondo diversi esperti le attività della Russia farebbero parte «di una guerra ibrida», che avrebbe l’obiettivo «di rovesciare il governo riformista di Chisinau, prendere il controllo politico della Moldavia e impedire che continui ad avvicinarsi all’Occidente, e in particolare che diventi un paese membro dell’Unione Europea».
Grossa parte di queste preoccupazioni è legata al fatto che truppe russe si trovano già all’interno di quello che la comunità internazionale considera, praticamente all’unanimità, territorio moldavo: circa 1.500 militari russi si trovano in Transnistria, una regione separatista filorussa che ha dichiarato la propria indipendenza dopo un breve conflitto nel 1992, e che oggi è sostanzialmente autonoma. I legami tra la Transnistria e la Russia sono evidenti: tra le altre cose, la Russia le fornisce il proprio gas gratis.
I timori che la Russia possa intervenire per destabilizzare la Moldavia sono aumentati molto dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha minacciato direttamente la Moldavia in più occasioni, sostenendo che sarebbe «destinata a essere la prossima Ucraina» a causa dei suoi tentativi di avvicinarsi sempre più ai paesi occidentali. L’anno scorso le autorità moldave avevano denunciato l’esistenza di un piano russo per realizzare un imminente colpo di stato nel paese e sovvertire l’ordine democratico in Moldavia. In quell’occasione, Sandu aveva detto che la Russia avrebbe aumentato le proprie pressioni sulla Moldavia: «Ci hanno provato usando l’energia, e hanno fallito. Hanno provato a rovesciare il governo, e hanno fallito. Adesso proveranno a interferire con le nostre elezioni, usando un sacco di soldi».