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  • Venerdì 18 ottobre 2024

I 12 migranti detenuti in Albania dovranno essere rilasciati

Erano arrivati mercoledì nei nuovi centri previsti dal governo, ma il tribunale di Roma non ha convalidato il decreto di trattenimento; presto torneranno in Italia

Il centro di prima accoglienza allestito a Shengjin, in Albania (ANSA/Armand Mero)
Il centro di prima accoglienza allestito a Shengjin, in Albania (ANSA/Armand Mero)
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Venerdì mattina il tribunale di Roma non ha convalidato i decreti di trattenimento dei 12 migranti portati nei giorni scorsi nei discussi centri per richiedenti asilo in Albania, quelli voluti dal governo italiano per gestire l’immigrazione e completati la settimana scorsa. Facevano parte del primo gruppo di 16 uomini arrivati nei centri, e c’erano già molti dubbi che sarebbero rimasti lì: nei giorni scorsi quattro di loro erano già stati rimandati in Italia perché non rientravano nei requisiti. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha detto che il governo farà ricorso contro la decisione del tribunale di Roma.

Dopo il loro arrivo in Albania i 12 erano stati trasferiti a Gjader, una frazione del comune di Lezhë nell’entroterra del paese, dove il governo italiano ha costruito un centro di accoglienza. Sebbene i centri siano in Albania tutte le procedure relative all’autorizzazione della detenzione amministrativa e all’esame delle richieste di protezione internazionale devono essere svolte dalle autorità italiane: per ogni migrante che arriva in Albania quindi la questura di Roma emette un decreto di trattenimento – perché le strutture italiane in Albania sono chiuse – poi la 18esima sezione del tribunale civile di Roma, quella competente sull’immigrazione, deve convalidarli. Venerdì mattina il tribunale non lo ha fatto, citando ragioni strutturali legate al percorso di accoglienza in Albania.

Il tribunale di Roma ha detto che dovranno tornare in Italia. Il ministero dell’Interno italiano ha fatto sapere al Post che le 12 persone saranno portate «presto» in Italia: venerdì sera Ansa ha scritto che partiranno già sabato verso Bari, sulla base di quanto saputo da fonti sul posto.

Il governo di Giorgia Meloni aveva puntato moltissimo sulla costruzione dei centri per migranti in Albania, in cui sono state investite decine di milioni di euro. La sentenza del tribunale di Roma al momento rende di fatto impossibile immaginare nuovi trasferimenti. Meloni, che al momento si trova in visita ufficiale in Libano, ha detto di aver convocato un Consiglio dei ministri straordinario per lunedì, in cui il governo cercherà di elaborare una norma per «risolvere questo problema» e tornare a mandare i migranti in Albania. Fratelli d’Italia, il partito di Meloni, ha commentato la sentenza parlando di «magistrati politicizzati», senza fornire ulteriori dettagli o prove a sostegno della sua tesi.

La situazione delle 12 persone rimane comunque piuttosto complessa perché nel frattempo la commissione territoriale (cioè l’organo che valuta le richieste d’asilo delle persone che presentano la domanda in Italia, che in questi giorni si è insediata in Albania) ha esaminato le loro richieste con la cosiddetta procedura accelerata e le ha respinte, arrivando alla decisione con una rapidità mai vista in Italia (di solito ci vogliono mesi per svolgere i colloqui e reperire le informazioni necessarie a ottenere il primo grado di giudizio). Ora i richiedenti asilo avranno 14 giorni di tempo per presentare un ricorso.

La sentenza del tribunale di Roma riguarda soltanto il provvedimento di detenzione, e non la richiesta di asilo. La mancata convalida del trattenimento ha a che fare con una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sulla cosiddetta questione dei “paesi sicuri”. Il nuovo protocollo prevede infatti che in Albania arrivi solo una parte dei migranti soccorsi in acque internazionali, cioè quelli che provengono da “paesi sicuri”, in cui secondo il governo italiano vengono rispettati l’ordinamento democratico e i diritti delle persone. In Albania inoltre secondo il protocollo stabilito dal governo possono finire soltanto migranti non vulnerabili: quindi non donne, bambini, né persone in evidenti condizioni di fragilità.

Quella di “paese sicuro” è una classificazione controversa, dato che diversi paesi che l’Italia considera “sicuri” non hanno ordinamenti democratici né rispettano effettivamente i diritti umani: di recente è stata messa in discussione da una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea emessa il 4 ottobre, di cui il tribunale di Roma ha dovuto tenere conto nel procedimento di convalida, secondo cui per essere considerato sicuro un paese deve esserlo per tutti quelli che ci vivono e in tutto il suo territorio. Quasi nessuno dei 22 paesi che fanno parte della lista stilata dal governo italiano rispetta questi due criteri: come ha fatto notare il tribunale di Roma è il caso anche di Bangladesh ed Egitto, i paesi di origine dei 12 migranti. Nelle ultime due settimane, per altre udienze simili, altri tribunali avevano basato le loro decisioni proprio su questa sentenza.

In una delle sentenze sulle 12 persone migranti lette dal Post il tribunale civile di Roma scrive molto chiaramente che «alla luce dell’interpretazione vincolante del diritto dell’Unione fornita» dalla Corte di Giustizia, «non è possibile designare come sicuro un paese dove si ricorre alla persecuzione […], tortura o pene o trattamenti inumani o degradanti verso categorie di persone, o vi siano minacce dovute alla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto […] in parti del suo territorio».

In sostanza: le 12 persone non potevano essere incanalate nella procedura accelerata di esame delle loro richieste d’asilo, perché i paesi da cui provengono non si possono definire «sicuri» per via della sentenza della Corte di Giustizia del 4 ottobre. A meno di sorprese anche il tribunale che esaminerà il ricorso al respingimento della domanda d’asilo dei 12 migranti non potrà che adeguarsi e stabilire che la loro richiesta venga esaminata con la procedura ordinaria (che non prevede la detenzione, a meno di casi eccezionali).

Gianfranco Schiavone, esperto di diritto delle migrazioni e presidente del Consorzio Italiano di Solidarietà, si aspetta che il governo interverrà per salvare l’intera operazione in Albania, magari con un decreto legge, «malgrado la sentenza del 4 ottobre sia difficilissima da aggirare: il governo italiano si ostina a ritenere sicuri paesi che non lo sono».

La Lega, uno dei partiti al governo, ha detto in una nota che «l’ordinanza che non convalida il trattenimento degli immigrati in Albania è particolarmente inaccettabile e grave», tanto più «nel giorno dell’udienza del processo Open Arms contro Matteo Salvini», leader del partito e attuale ministro delle Infrastrutture: oggi a Palermo c’è infatti l’udienza dedicata all’arringa della difesa di Salvini, accusato di sequestro di persona e omissione di atti d’ufficio per aver impedito alla nave della ong spagnola Open Arms di attraccare a Lampedusa nell’agosto del 2019, dopo aver salvato 147 migranti nel Mediterraneo. Ai tempi Salvini era ministro dell’Interno.

– Leggi anche: Cosa succederà ai migranti portati in Albania, in teoria