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  • Giovedì 17 ottobre 2024

Nel nord della Striscia di Gaza sta di nuovo finendo il cibo

Nella zona è in corso un’offensiva israeliana e stanno arrivando pochissimi camion di aiuti; intanto si parla molto di un piano che prevede un assedio totale della regione

La consegna di pasti al campo di Jabalia, nel marzo 2024
La consegna di pasti al campo di Jabalia, nel marzo 2024 (AP Photo/Mahmoud Essa, File)
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Da quando l’esercito israeliano ha cominciato una nuova grossa offensiva militare nel nord della Striscia di Gaza le condizioni della popolazione civile, già in grave difficoltà, sono diventate disperate. Nelle prime due settimane di ottobre non sono arrivati aiuti umanitari, e le agenzie che ancora operano nell’area stanno finendo il cibo da distribuire alla popolazione.

Questa situazione ha provocato una reazione forte e inedita dell’amministrazione statunitense di Joe Biden, in seguito alla quale tra martedì e mercoledì alcuni camion con aiuti sono infine riusciti a entrare nel nord della Striscia. I camion arrivati negli ultimi due giorni, tuttavia, sono soltanto una frazione di quelli che servirebbero per nutrire la popolazione di Gaza.

Israele ha cominciato nei primi giorni di ottobre una nuova offensiva nel nord della Striscia contro il campo profughi di Jabalia e le vicine località di Beit Hanoun e Beit Lahia, che si trovano tutte a nord della città di Gaza. Prima dell’inizio dell’offensiva in questa regione si trovavano circa 400mila civili, a cui l’esercito israeliano ha ordinato di spostarsi a sud, nell’ennesima evacuazione forzata di questa guerra. Non è chiaro quante persone se ne siano effettivamente andate, ma buona parte della popolazione è rimasta nel nord della Striscia.

Dopo l’ordine di evacuazione Israele ha di fatto impedito l’ingresso di cibo, acqua potabile e altri aiuti umanitari nella zona attaccata: ha bloccato tutti i camion, sostenendo che i miliziani di Hamas nell’area avrebbero potuto approfittarsi degli aiuti e impadronirsene.

La situazione della popolazione civile si è rapidamente deteriorata: il cibo e l’acqua hanno cominciato a scarseggiare, e le scorte delle organizzazioni umanitarie a esaurirsi. Il Programma alimentare mondiale dell’ONU, che gestisce delle operazioni di consegna di cibo nella zona, ha fatto sapere che finirà le scorte in poco più di una settimana se non arriveranno altri aiuti.

Non è la prima volta in quest’anno di guerra che Israele blocca gli aiuti alla popolazione palestinese della Striscia, provocando condizioni umanitarie disastrose. Secondo alcuni palestinesi, però, la carenza di cibo di questi giorni nel nord della Striscia è particolarmente pesante. «La fame attuale è peggiore della precedente. Oggi non c’è niente che possiamo mangiare, i nostri corpi hanno esaurito le energie, non c’è erba per terra, non c’è cibo in scatola di nessun tipo, perché c’è bisogno di moltissimi soldi per comprarlo», ha detto al Financial Times Ibrahim al Kharabishy, un abitante di Jabalia.

Di fatto la popolazione del nord di Gaza si è trovata ancora una volta in una situazione di “assedio totale”, in cui chi non se n’è andato è stato privato di cibo e viveri.

Persone scappano dal nord della Striscia di Gaza il 12 ottobre

Persone scappano dal nord della Striscia di Gaza il 12 ottobre (Mahmoud Issa/Quds Net News)

Davanti a questa situazione, alcune organizzazioni umanitarie e media israeliani hanno cominciato a sostenere la possibilità che l’esercito israeliano stia mettendo in atto il cosiddetto “piano Eiland”, o “piano dei generali”, come viene chiamato in Israele. Questo piano, che prende il nome dal suo ideatore, il generale maggiore in pensione Giora Eiland, prevede il trasferimento forzato di tutta la popolazione del nord della Striscia di Gaza con la minaccia della fame. Secondo questo piano l’esercito israeliano dovrebbe impedire l’accesso degli aiuti finché tutta la popolazione civile di Gaza non sarà stata costretta ad andarsene. A quel punto, sempre secondo il piano, Israele occuperà in maniera temporanea il nord della Striscia, e potrà eradicare completamente Hamas.

Questo piano, che di fatto prevede in maniera molto chiara che Israele commetta crimini di guerra, come ammesso esplicitamente dallo stesso Eiland, è stato presentato al governo il mese scorso da un gruppo di ufficiali e funzionari (Israele è comunque già sotto indagine per genocidio presso la Corte internazionale di giustizia e alcuni suoi ministri sono indagati per crimini di guerra dalla Corte penale internazionale). Secondo fonti di Associated Press, Netanyahu avrebbe letto e valutato il piano.

Israele ha negato di star mettendo in pratica il “piano dei generali”, ma la sola possibilità è stata sufficiente per far reagire l’amministrazione statunitense, che ha inviato al governo israeliano una lettera firmata dal segretario alla Difesa Lloyd Austin e dal segretario di Stato Antony Blinken. Nella lettera, i due hanno scritto che dalla scorsa primavera la quantità di aiuti consegnati nella Striscia di Gaza (nel suo complesso, non soltanto nel nord) si è dimezzata, e che settembre è stato il mese in cui la quantità di aiuti consegnata è stata la più bassa dell’anno.

Austin e Blinken hanno chiesto a Israele di consentire la consegna degli aiuti, e gli hanno dato un mese di tempo per aumentare in modo rilevante l’arrivo dei camion, altrimenti le consegne di armi da parte degli Stati Uniti potrebbero essere a rischio. Martedì, il giorno in cui la lettera è diventata pubblica (era stata consegnata domenica al governo israeliano), 28 camion di aiuti sono infine entrati nel nord della Striscia.

– Leggi anche: Gli Stati Uniti hanno dato a Israele 30 giorni per garantire la consegna degli aiuti umanitari a Gaza

Non è tuttavia sufficiente: secondo stime statunitensi, per garantire le soglie minime di sopravvivenza della popolazione è necessario che nella Striscia nel suo complesso arrivino almeno 350 camion di generi alimentari al giorno; prima dell’inizio della guerra entravano nella Striscia circa 500 camion tutti i giorni.