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  • Mercoledì 16 ottobre 2024

Kamala Harris ha detto che Donald Trump si può definire fascista

Rispondendo a un intervistatore che le ha chiesto perché non si possa parlare di fascismo a proposito delle idee dell'ex presidente

Kamala Harris durante l'intervista in radio del 15 ottobre a Detroit, in Michigan
Kamala Harris durante l'intervista in radio del 15 ottobre a Detroit, in Michigan (Aaron J. Thornton/Getty Images for iHeartMedia)

Martedì durante un’intervista radiofonica Kamala Harris, la vice presidente degli Stati Uniti e candidata dei Democratici alle elezioni di novembre, ha detto che si può definire fascista Donald Trump, l’ex presidente e candidato dei Repubblicani.

Harris era a Detroit, in Michigan, ed è stata intervistata da Charlamagne Tha God, il co-conduttore di The Breakfast Club, un programma che ha 8 milioni di ascoltatori al mese, in maggioranza neri. L’ospitata di Harris era diretta principalmente a loro, che sono circa il 13 per cento dell’elettorato del Michigan.

Durante la trasmissione (dal minuto 14:30 circa) Harris ha presentato il voto del 5 novembre come una scelta tra due persone e due idee di futuro completamente diverse:

Sono due visioni molto diverse della nostra nazione. Una ha a che fare con l’andare avanti, il progresso, investire nelle persone americane, nelle loro ambizioni, e con l’affrontare i loro problemi. E l’altro è Donald Trump, che vuole riportarci indietro.

Lì il conduttore l’ha interrotta: «L’altra ha a che fare col fascismo. Perché non possiamo dirlo?» Al che Harris ha risposto:

Sì che possiamo dirlo.

È la prima volta che Harris accusa Trump di essere fascista, seppur indirettamente: in passato lo ha criticato soprattutto attribuendogli inclinazioni autoritarie e simpatie per i dittatori. Durante il dibattito televisivo di settembre, per esempio Harris gli aveva rinfacciato «un’amicizia con un conclamato dittatore [il presidente russo Vladimir Putin], che ti mangerebbe a pranzo». Anche martedì Harris ha definito «un segno di debolezza [il fatto che Trump] voglia assecondare i dittatori».

Non è stata l’unica accusa di fascismo a Trump di cui si è parlato in questi giorni negli Stati Uniti. Nell’ultimo libro del giornalista Bob Woodward, il generale Mark Milley (che è stato capo di stato maggiore dell’esercito tra il 2015 e il 2023, e quindi anche durante la presidenza Trump) ha detto di ritenere il candidato dei Repubblicani «la persona più pericolosa per questo paese» e un «fascista fino al midollo». In passato Trump aveva detto che Milley meriterebbe di essere condannato a morte per tradimento per aver rassicurato alcuni funzionari del governo cinese del fatto che gli Stati Uniti non stessero cercando un confronto militare con la Cina.

Negli ultimi mesi, la retorica di Trump ha assunto toni sempre più autoritari e violenti. Per esempio lo scorso dicembre aveva detto: «Non sarò un dittatore, tranne il primo giorno dopo l’elezione». Tra le altre cose, Trump ripete tuttora la bugia secondo cui le elezioni del 2020 non sarebbero state legittimamente vinte da Joe Biden ma gli sarebbero invece state rubate, ha definito gli avversari politici «parassiti da estirpare» (un’espressione usata in passato da dittatori come Adolf Hitler e Benito Mussolini) e ha dichiarato che gli immigrati «stanno avvelenando il sangue della nazione».

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