Kamala Harris sta provando a guadagnarsi i voti dell’elettorato nero
È un segmento che i Democratici hanno dato a lungo per scontato, ma ora, soprattutto tra i maschi, molti si stanno spostando verso l’astensione o i Repubblicani
A tre settimane di distanza dalle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, la candidata del partito Democratico Kamala Harris sta concentrando buona parte del suo tempo e delle sue risorse su una categoria demografica che da tempo i Democratici consideravano pressoché sicura: quella delle persone nere.
La scelta è dovuta ai dati emersi dagli ultimi sondaggi, secondo cui le persone nere, e soprattuto i maschi, si stanno gradualmente allontanando dal partito Democratico per avvicinarsi al candidato Repubblicano Donald Trump oppure stanno decidendo di non andare a votare. Questo cambiamento può risultare sorprendente, soprattutto se si considerano le molte affermazioni razziste e discriminatorie ripetute di frequente da Trump e dal suo candidato alla vicepresidenza, J.D. Vance, sui migranti e sulle persone non bianche.
Le persone appartenenti a minoranze etniche, come i neri o i latinoamericani, votano di solito in grande maggioranza per il partito Democratico, che generalmente è associato a politiche progressiste e tolleranti. Da quando Harris, che ha origini afroamericane e asiatiche, ha sostituito il presidente Joe Biden nella candidatura alla presidenza il sostegno per i Democratici tra l’elettorato nero è aumentato, ma è rimasto inferiore ai dati degli ultimi anni, almeno secondo i sondaggi sulle intenzioni di voto. Sta anzi emergendo e diventando sempre più rilevante lo scarso entusiasmo dell’elettorato afroamericano per il partito, e la propensione di molte persone all’astensione.
Nel 2020 Biden vinse le presidenziali anche perché era riuscito a ottenere più del 90 per cento dei voti degli afroamericani. Oggi invece, secondo un sondaggio condotto tra l’elettorato nero dal New York Times e dal Siena College, voterebbe per Harris il 78 per cento degli elettori neri. È comunque tanto, ma è meno di prima e molto meno di qualche anno fa: nel 2016 l’allora candidata Democratica Hillary Clinton ottenne i voti dell’88 per cento degli elettori neri.
Secondo la maggior parte degli analisti, questa disaffezione non ha a che fare direttamente con Harris, ma con un cambiamento nelle priorità dell’elettorato e con una serie di convinzioni che si stanno rivelando sempre meno accurate per descrivere la società statunitense.
A lungo l’analisi del voto e delle strategie elettorali dei partiti si è basata su una supposizione, e cioè che mano a mano che la composizione demografica degli Stati Uniti fosse diventata più eterogenea dal punto di vista etnico, l’elettorato si sarebbe naturalmente spostato verso i Democratici, percepiti come più progressisti e aperti nei confronti delle minoranze. Ma questa supposizione si basa sull’idea che il tema dell’appartenenza etnica sia (e rimanga sempre) il tema più importante per quegli elettori, e il fattore principale che influenza le loro decisioni: si pensava insomma che i neri e i latinoamericani avrebbero sempre votato per i Democratici solo per il fatto di essere neri o latinoamericani.
È evidente però che le categorie demografiche non sono dei gruppi monolitici, ma sono composte da persone con idee ed esperienze diverse che ne definiscono le convinzioni politiche. Ridurre tutto l’elettorato nero o latino a un gruppo omogeneo, e pensare che tutti voteranno sempre nello stesso modo, è quindi un errore.
Negli ultimi anni l’elettorato nero si è spostato su posizioni più vicine a quelle di Trump che a quelle di Harris: secondo il sondaggio citato prima, al momento il 56 per cento dei neri che «probabilmente» andrà a votare ritiene che gli Stati Uniti dovrebbero concentrarsi meno sulle questioni di politica estera e più su quelle di politica interna; il 40 per cento è favorevole all’idea di un muro lungo il confine tra Stati Uniti e Messico; il 41 per cento all’espulsione dei migranti che arrivano negli Stati Uniti per vie illegali.
Secondo i sondaggi oggi gli elettori neri sono interessati soprattutto all’andamento dell’economia, citata come prima fonte di preoccupazione dal 20 per cento degli intervistati. Solo il 2 per cento ha citato il razzismo come primo elemento di preoccupazione.
Harris sta faticando ad attrarre i consensi soprattutto dei maschi neri: secondo il sondaggio l’83 per cento delle donne nere voterebbe Harris, contro il 70 per cento dei maschi. Al contrario, il 20 per cento dei maschi neri voterebbe Trump contro il 12 per cento delle donne. È un tema sfaccettato: da un lato vale la stessa spiegazione di prima, ovvero che anche per i maschi neri l’inflazione e la riduzione del potere d’acquisto sono oggi più importanti di altri temi. Dall’altro lato diverse analisi recenti hanno evidenziato un generale spostamento degli uomini, di tutte le etnie, verso posizioni più conservatrici.
Harris si è resa conto di questa debolezza, e nelle ultime settimane sta promuovendo misure e facendo discorsi indirizzati proprio a questa parte dell’elettorato. Lunedì il suo comitato elettorale ha presentato un programma pensato nello specifico per i maschi neri. Include prestiti agevolati per gli imprenditori afroamericani, programmi per favorire la loro formazione superiore e l’accesso a lavori ben retribuiti, un’iniziativa per promuovere la ricerca nelle patologie più diffuse in questo segmento della popolazione, come il diabete, e per garantire a tutti l’accesso a beni primari come l’acqua potabile.
Oltre al programma, alcuni politici Democratici molto noti si stanno spendendo in iniziative rivolte nello specifico a questo segmento. Nell’ultima settimana per esempio l’ex presidente Barack Obama, ancora molto popolare nella comunità nera statunitense, ha registrato 21 video per la campagna di Harris, ha tenuto diversi comizi molto partecipati e dato varie interviste.
Visitando una sede della campagna elettorale di Harris a Pittsburgh, in Pennsylvania (uno stato in bilico dove i Democratici devono vincere a novembre), Obama si è rivolto in modo diretto ai maschi neri, dicendo di non vedere tra loro lo stesso entusiasmo che c’era quando lui era candidato: «State venendo fuori con ogni tipo di ragione e di scusa, e questo per me è un problema», ha detto. «In parte questo mi fa pensare, e mi sto rivolgendo direttamente agli uomini, che, beh, semplicemente non vi piace l’idea di avere una donna come presidente».
Lo stesso sta facendo anche l’ex presidente Democratico Bill Clinton, che domenica e lunedì è stato in Georgia, un altro stato in bilico dove un terzo dell’elettorato è nero.
La stessa Harris sta facendo comizi in college e università storicamente più frequentate dalle persone nere, e sta dando interviste a programmi molto seguiti dalla comunità afroamericana. Per esempio ha partecipato al podcast All the Smoke, condotto dagli ex giocatori di basket neri Matt Barnes e Stephen Jackson: in due settimane la puntata ha raggiunto quasi 600mila visualizzazioni, più della metà degli iscritti al canale. Oppure a un evento organizzato a Detroit, in Michigan, dal programma radio The Breakfast Club, condotto tra gli altri dal comico Charlamagne Tha God che è molto popolare tra i giovani afroamericani.