Il ciclismo su pista italiano è forte, anche se non ha i velodromi
In Italia c'è un solo impianto coperto e solo tre hanno la pista in legno, la superficie utilizzata nelle competizioni internazionali come i Mondiali di questi giorni
Mercoledì mattina sono cominciati a Ballerup, in Danimarca, i Mondiali di ciclismo su pista, che andranno avanti fino a domenica 20 ottobre. Alle recenti Olimpiadi di Parigi l’Italia ha vinto tre medaglie (un oro, un argento e un bronzo), mentre ai Mondiali dello scorso anno furono quattro: l’unica d’oro la vinse Filippo Ganna, uno dei migliori ciclisti su pista di sempre, vincitore di sei ori mondiali individuali nell’inseguimento, di un oro olimpico a squadre e detentore del record dell’ora. Dopo una lunga stagione su strada, conclusa con l’argento nella prova a cronometro dei Mondiali, Ganna ha rinunciato alla partecipazione ai Mondiali su pista, dicendo che anche in futuro vorrebbe concentrarsi maggiormente sulle gare in strada.
Nonostante l’assenza di Ganna e quella di un’altra ciclista molto forte, Elisa Balsamo, l’Italia ha discrete possibilità di vincere alcune medaglie; tra gli atleti da seguire nelle varie discipline ci sono Jonathan Milan, Elia Viviani, Simone Consonni, Letizia Paternoster, Martina Fidanza e le campionesse olimpiche Vittoria Guazzini e Chiara Consonni. Negli ultimi anni la Nazionale italiana è stata competitiva, ed è una cosa sorprendente non tanto considerando la storia, visto che l’Italia ha sempre avuto una buona tradizione nella disciplina, quanto soprattutto per la situazione assai carente degli impianti.
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La Nazionale si allena infatti nell’unico velodromo coperto d’Italia, a Montichiari, in provincia di Brescia. Venne inaugurato nel 2009, ed è anche uno dei tre velodromi italiani con la pista in legno. Anche se ha il tetto, nel 2017 il CT dell’Italia Marco Villa raccontò che doveva controllare le previsioni del tempo prima degli allenamenti, perché c’era il rischio che piovesse dentro a causa di infiltrazioni. Nel 2018 poi fu sequestrato per diversi problemi di sicurezza, e infatti non è aperto al pubblico: in questi anni la Nazionale è riuscita a utilizzarlo grazie a una deroga, ma in alcuni momenti è stata anche costretta a spostarsi all’estero per allenarsi e prepararsi alle varie competizioni internazionali.
Lo scorso luglio è stato infine dissequestrato, e c’è un progetto previsto dal PNRR, il Piano di ripresa e resilienza finanziato con fondi europei, per aprirlo al pubblico e costruire accanto alla pista una struttura per far allenare i bambini e le bambine. «Montichiari diventerà la Coverciano del ciclismo perché, come nel calcio, sarà il centro nazionale della federazione ciclismo», disse a marzo il sindaco di Montichiari Marco Togni, riferendosi al centro sportivo federale di Firenze (nel quartiere Coverciano, appunto) in cui si allenano le varie Nazionali italiane di calcio. «Oltre agli allenamenti degli atleti della nostra Nazionale, come in passato, il velodromo sarà aperto alle altre squadre nazionali, ma sarà a disposizione anche di squadre e associazioni provinciali e regionali».
Nel frattempo sembrava dovesse aprire il secondo velodromo coperto in Italia a Spresiano, in provincia di Treviso. C’era un progetto da trenta milioni di euro per costruirne uno piuttosto grande, con una superficie di circa 90mila metri quadri e una capienza di 6.000 posti a sedere (a Montichiari sono 1.500). I lavori si sarebbero dovuti concludere nella primavera del 2020, scriveva il Sole 24 Ore nel 2019, in tempo per le Olimpiadi di Tokyo, ma la costruzione fu interrotta per difficoltà economiche dell’azienda responsabile del progetto. Alla fine del 2023 fu approvato un rifinanziamento che dovrebbe portare al completamento del velodromo di Spresiano teoricamente entro il 2026, con una capienza ridotta a 3.000 posti circa. La ripresa dei lavori era prevista per questo autunno, ma per il momento è ancora fermo.
In Italia ci sono 26 velodromi riconosciuti dalla federazione ciclistica italiana: la Lombardia e il Veneto sono le regioni che ne hanno di più, 5 a testa, mentre Calabria, Campania, Marche, Molise, Sardegna, Umbria, Valle d’Aosta non ne hanno nemmeno uno. In tutto, compresi anche quelli non certificati dalla federazione, gli impianti per il ciclismo su pista sono una cinquantina (ma molti non sono agibili attualmente). Sono tutti all’aperto escluso quello di Montichiari, e quasi tutti in cemento o asfalto, mentre le competizioni internazionali si svolgono su parquet. Come ha scritto il quotidiano Domani prima dei Mondiali su pista dello scorso anno, tra i paesi partecipanti a quella competizione l’Italia era l’unico a non avere un velodromo coperto che fosse aperto al pubblico, e a non averne uno nella sua capitale.
A Roma infatti non ci sono piste per il ciclismo. Per le Olimpiadi del 1960 ne era stata costruita una in città, nel quartiere EUR, ma venne utilizzata solo fino al 1968. Seguirono decenni di abbandono; negli anni Novanta l’ente di gestione del quartiere e il comune tentarono di avviare diversi progetti per riqualificare l’area, senza successo. Il velodromo dell’EUR venne infine demolito nel 2008, facendolo esplodere, con annessi problemi ambientali legati alla presenza di amianto nell’area.
L’articolo di Domani descriveva il paradosso di un paese che ha ciclisti e cicliste molto preparati, è all’avanguardia in quasi tutti gli aspetti tecnologici fondamentali in questo sport (produce biciclette, caschi, pneumatici e abbigliamento di altissimo livello), ma a cui mancano i luoghi in cui praticare quello stesso sport, e quelli che ci sono non sono minimamente adeguati. Elisa Balsamo, che ha vinto 5 medaglie mondiali e 12 europee su pista, quando andava al liceo per allenarsi doveva andare da Cuneo a Montichiari, a 300 chilometri di distanza. Mancano un’organizzazione e una programmazione nazionali, e spesso i velodromi funzionano (se funzionano) solo grazie all’impegno dei singoli gestori.
Nemmeno i recenti risultati, come l’oro con record del mondo vinto alle Olimpiadi di Tokyo nell’inseguimento a squadre da Filippo Ganna, Simone Consonni, Francesco Lamon e Jonathan Milan, sono per il momento serviti a modificare la situazione: «Mi sarei aspettato che politicamente si usassero i risultati di Ganna e compagnia per attrarre i giovani e mettere in piedi una sorta di PNRR ciclistico. Per dare quell’accelerata definitiva, sviluppare e sistemare gli impianti esistenti. Invece il pericolo è che i successi servano a nascondere la polvere sotto il tappeto», ha detto a Domani Silvio Martinello, che ha vinto una medaglia d’oro olimpica nel ciclismo.
I Mondiali di ciclismo su pista di Ballerup saranno trasmessi in televisione da Eurosport e dalla Rai. Durante il giorno ci saranno le qualificazioni e la sera, dalle 18:30 o dalle 19 in poi, ci sono le finali delle varie discipline. Domenica 20 ottobre invece, l’ultimo giorno di gare, le finali cominceranno alle 13:30.