In Pakistan internet va lentissimo
Da circa un anno, prima per alcune misure di sicurezza del governo, poi per ragioni non chiarissime: secondo l'opposizione è un tentativo di sabotare le sue attività
Da circa un anno in Pakistan si stanno verificando interruzioni o rallentamenti del servizio di internet, che stanno creando delle notevoli difficoltà all’industria tecnologica del paese, uno dei settori più promettenti dell’economia del Pakistan, ma anche disagi nella vita quotidiana di milioni di persone. Negli ultimi mesi il governo ha dato diverse spiegazioni per queste lentezze, ma nessuna ha convinto del tutto gli esperti del settore e nemmeno gli attivisti politici di opposizione, secondo cui i problemi di internet sarebbero legati anche al tentativo di ostacolare le loro attività.
Il grosso dei più recenti problemi con la rete internet in Pakistan – e specialmente con i social network come Facebook, X, Instagram e YouTube – era cominciato nel 2023, e per una decisione del governo. Uno dei giornali nazionali più letti, Dawn, ha calcolato che l’anno scorso le piattaforme social nel paese sono state bloccate più di sei volte senza che venisse fornita una spiegazione ufficiale da parte dell’autorità pakistana delle telecomunicazioni. In molti casi le interruzioni sono coincise con le proteste dei sostenitori dell’ex primo ministro Imran Khan, ancora molto popolare nel paese nonostante non sia al governo dal 2022 e sia in carcere dal maggio dell’anno scorso.
Durante le elezioni parlamentari del febbraio 2024 (che erano state vinte dai candidati sostenuti da Khan, sebbene poi non abbiano potuto governare) il governo in carica aveva interrotto del tutto la connessione a internet e le telefonate da rete mobile, ufficialmente per limitare il rischio di attentati terroristici. Erano rimasti attivi soltanto i servizi di Wi-Fi, che però sono poco utilizzati in Pakistan, in quanto più costosi: si stima che nel paese (in cui vivono 235 milioni di persone) tra 110 e 140 milioni abbiano accesso a internet, ma solo 4 milioni abbiano una connessione Wi-Fi.
Sempre in occasione delle ultime elezioni il governo aveva bloccato del tutto la piattaforma X (ex Twitter), citando la necessità di «proteggere la sicurezza nazionale» e «mantenere l’ordine pubblico». Molti avevano però sospettato che si trattasse di un modo per limitare le opposizioni, molto attive sulla piattaforma: in Pakistan il profilo X più seguito è proprio quello di Khan, con quasi 21 milioni di follower. Una comunicazione dell’autorità delle telecomunicazioni del 12 settembre scorso aveva confermato che non era possibile accedere a X dal Pakistan, ancora sette mesi dopo le elezioni.
Ad agosto di quest’anno poi molte persone hanno iniziato a segnalare estesi rallentamenti della connessione internet, non più legata all’uso dei social: l’associazione pakistana che riunisce le compagnie di servizi internet (Wispap) ha calcolato che la sua velocità è crollata di una percentuale che va dal 30 al 40 per cento la scorsa estate, ma in alcuni casi è anche peggio: il titolare di una società di tecnologia ha detto ad Associated Press di aver visto rallentamenti anche dell’80 per cento.
In alcuni casi i rallentamenti impediscono del tutto di utilizzare i servizi internet, perché le app si bloccano e diventano inutilizzabili. Anche per questo hanno causato grossi problemi alle persone che lavorano con la rete: professionisti del settore digitale e della tecnologia, ma anche le centinaia di migliaia di dipendenti delle app di consegna cibo a domicilio o di trasporto. Secondo un’associazione di compagnie che lavorano nel settore della tecnologia e dell’informatica (P@sha), i rallentamenti cominciati quest’estate potrebbero causare una perdita dell’equivalente di oltre 270 milioni di euro all’economia pakistana.
Il governo conservatore del primo ministro Shehbaz Sharif negli ultimi mesi ha dato diverse spiegazioni: prima ha detto genericamente che i problemi erano dovuti a un aggiornamento del sistema web, senza fornire ulteriori dettagli; poi ha indicato come causa l’uso privato delle VPN (ovvero il metodo più comune utilizzato dalle persone per aggirare le limitazioni geografiche di internet); infine, l’autorità delle telecomunicazioni ha detto che la causa dei rallentamenti era stato un guasto a un cavo sottomarino.
Ora secondo il governo «internet funziona alla perfezione» e «il problema è stato risolto», ma per molte persone continuano le difficoltà di connessione. «È piuttosto chiaro che ci sia un desiderio da parte dello stato, e certamente dell’establishment, di limitare l’uso di internet come spazio per il dissenso» ha detto al Washington Post Michael Kugelman, che si occupa di Asia meridionale per il think tank Wilson Center.
Secondo alcuni addetti ai lavori (tra cui anche l’associazione P@sha, che rappresenta l’industria IT nel suo complesso), i rallentamenti sarebbero causati dall’introduzione su scala nazionale di un sistema di firewall, ovvero un modo per limitare l’accesso ad alcuni siti su base geografica (per esempio, è un firewall quello che viene usato in Cina per operare la censura di stato su alcuni siti e social network).
Il governo ha negato di avere intenzione di limitare l’accesso a internet per questioni di censura, ma ha ammesso di aver in programma la creazione di un firewall per aumentare la sicurezza informatica nel paese, a suo dire.