L’Iran sta aspettando un attacco di Israele
C'è ancora incertezza su quali saranno gli obiettivi: intanto è aumentata la propaganda nazionalista e molti si stanno preparando a possibili bombardamenti
Sono trascorse due settimane da quando, il 1° ottobre, l’Iran ha attaccato Israele con un massiccio lancio di missili balistici e il governo israeliano, quasi immediatamente, ha promesso di rispondere con un attacco in territorio iraniano. In queste due settimane ci sono state ampie discussioni all’interno della leadership israeliana e con gli Stati Uniti su come mettere in atto l’attacco contro l’Iran, e Israele ha anche rafforzato le sue difese aeree in vista di un’ulteriore risposta iraniana.
L’Iran, nel frattempo, si sta preparando a un attacco che molti ritengono ormai imminente. Il governo ha aumentato la retorica nazionalista della sua propaganda, e sta cercando il sostegno di paesi alleati, come la Russia. Tra la popolazione, nel frattempo, c’è un certo timore che questi attacchi tra Israele e l’Iran possano portare a un ulteriore allargamento della guerra in Medio Oriente.
Non si sa ancora molto su come sarà l’attacco di Israele contro l’Iran, ma le opzioni possibili sono tendenzialmente tre.
Israele potrebbe attaccare le strutture nucleari dell’Iran, cioè i centri di ricerca e gli impianti utilizzati per arricchire l’uranio: un attacco del genere sarebbe estremamente rischioso, non è detto che avrebbe successo e soprattutto sarebbe considerato un atto di guerra da parte dell’Iran.
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Israele potrebbe poi attaccare le infrastrutture petrolifere del paese, che generano una parte consistente delle entrate dello stato iraniano. In particolare, Israele potrebbe attaccare i porti iraniani da cui partono le navi petrolifere, cosa che metterebbe in difficoltà l’economia del paese. Un attacco di questo tipo potrebbe però provocare un aumento del prezzo del petrolio in tutto il mondo (cosa che comunque sta già avvenendo da giorni) e ripercussioni economiche negative anche tra gli alleati di Israele. Anche in questo caso, l’Iran tratterebbe un attacco del genere come una provocazione di estrema gravità.
Infine Israele potrebbe rispondere nel modo più tradizionale, colpendo basi militari e basi missilistiche iraniane, più o meno come l’Iran ha fatto il 1° ottobre. Questa sarebbe l’opzione più moderata, quella che ha meno possibilità di fare vittime civili e di provocare danni a lungo termine. Sarebbe anche la tipologia di attacco che provocherebbe meno rischi di un’ulteriore risposta iraniana, e quindi di un allargamento del conflitto.
Non a caso, gli Stati Uniti in questi giorni stanno facendo pressioni sul governo israeliano affinché adotti questo terzo approccio. Lunedì il Washington Post ha scritto, basandosi sulle dichiarazioni anonime di alcuni funzionari americani, che Israele aveva accettato di colpire soltanto obiettivi militari, e non nucleari o petroliferi. Martedì però un comunicato del governo ha parzialmente smentito questa versione, sostenendo che la decisione finale sugli obiettivi non era ancora stata presa.
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Alcune analisi hanno descritto come il primo ministro Benjamin Netanyahu stia valutando la possibilità di un attacco più ampio, sebbene più rischioso, perché vede in questo momento della guerra un’opportunità per indebolire in maniera determinante la leadership dell’Iran, storico nemico di Israele. Negli scorsi giorni Netanyahu ha pubblicato un video in cui si è rivolto direttamente alla popolazione iraniana, sostenendo che l’Iran «sarà libero» «molto prima di quanto pensiate».
Davanti a questo attacco israeliano considerato imminente, l’Iran ha aumentato le minacce di nuove rappresaglie, mentre all’interno del paese ha soprattutto aumentato la propaganda nazionalista. Come raccontano alcuni articoli scritti da giornalisti che si trovano nel paese, le autorità iraniane stanno cercando di mantenere la calma: non ci sono stati annunci allarmistici o esercitazioni di evacuazione generale, ma nelle città i simboli militari hanno sostituito in parte quelli religiosi.
L’incertezza sul prossimo attacco sta creando preoccupazione anche nella popolazione. Naghmeh, un abitante di Teheran, parlando con Radio Farda ha detto: «È da mesi che viviamo in uno stato di tensione, guardiamo il cielo e aspettiamo l’attacco di Israele». Radio Farda è una radio iraniana che fa parte del network RFE/RL e che è finanziata dal governo degli Stati Uniti: benché sia vietata in Iran trasmette in persiano e ha ancora molti collegamenti nel paese.
Uno dei timori principali della popolazione è che i vari attacchi tra Iran e Israele possano portare a una guerra aperta e duratura: molte persone hanno raccontato che stanno costruendo in gran fretta bunker nelle cantine delle proprie abitazioni e accumulando cibo. Alcuni (una minoranza) stanno perfino valutando l’idea di lasciare il paese, o di lasciare le città per andare a vivere in zone più isolate.