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  • Lunedì 14 ottobre 2024

La prima condanna per omicidio volontario contro un ex membro della Stasi

A differenza di altri agenti della polizia segreta della vecchia Germania Est, e a cinquant’anni dai fatti

L'imputato si copre la faccia in tribunale a Berlino, 14 ottobre (Sebastian Christoph Gollnow/ dpa via AP)
L'imputato si copre la faccia in tribunale a Berlino, 14 ottobre (Sebastian Christoph Gollnow/ dpa via AP)
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Lunedì un tribunale di Berlino ha condannato un ex agente della Stasi, la polizia segreta della Germania Est, per l’omicidio di un cittadino polacco, compiuto nel 1974 mentre era di guardia sul Muro di Berlino. A quel tempo la Germania e la sua capitale erano divise fra Est e Ovest: la prima, la Repubblica democratica tedesca (DDR), era alleata dell’Unione Sovietica, mentre la Germania Ovest invece era allineata ai paesi occidentali. L’agente, Martin Naumann, è il primo membro della Stasi a essere condannato per omicidio volontario e non colposo: è anche uno dei pochi a essere stati processati, per via dei depistaggi attuati dalle autorità della vecchia Germania Est.

A causa della sua importanza storica il processo è stato registrato, come quelli contro i gerarchi nazisti nel secondo Novecento. La sentenza non è definitiva.

Naumann, che oggi ha 80 anni, apparteneva a un gruppo operativo del ministero per la Sicurezza dello Stato (MfS), meglio conosciuto appunto come Stasi (nome che deriva dalle iniziali delle parole tedesche per “stato” e “sicurezza”). Secondo la procura tedesca il 29 marzo del 1974 sparò alla schiena da una distanza ravvicinata a Czesław Kukuczka, un vigile del fuoco polacco di 38 anni che voleva scappare nella Germania Ovest attraverso il punto di confine di Friedrichstrasse, in centro a Berlino, al tempo notoriamente divisa in due dal muro. Poche ore prima Kukuczka aveva minacciato di far esplodere una bomba poi risultata finta all’ambasciata polacca nella parte Est della città per convincere le autorità locali a fargli attraversare il confine, perché voleva emigrare negli Stati Uniti. A quel punto la Stasi lo ingannò.

Alcuni agenti gli diedero un po’ di soldi e un documento che presumibilmente gli avrebbe permesso di entrare a Berlino Ovest, scortandolo fino al checkpoint. A Naumann tuttavia fu assegnato l’ordine di «neutralizzarlo», un eufemismo usato comunemente per indicare l’ordine di uccidere oppositori politici o dissidenti: secondo le ricostruzioni della procura, sparò a Kukuczka da una distanza di circa 2 metri dopo che aveva superato due dei tre checkpoint presenti.

I tentativi successivi di capire cosa fosse successo furono bloccati dalle autorità della DDR e dalla stessa Stasi: in base a un’autopsia Kukuczka morì in ospedale per dissanguamento, ma i suoi resti furono restituiti alla moglie cremati solo alcune settimane dopo. Si riuscì a risalire a Naumann (che i media tedeschi non citano con il nome completo per via delle leggi sulla privacy) solo nel 2016, in seguito alla scoperta di alcuni documenti sulle attività della Stasi: in particolare a un ordine firmato dall’allora ministro della Sicurezza dello Stato, Erich Mielke, che premiava dodici agenti della Stasi coinvolti proprio in quell’operazione.

Inizialmente la procura tedesca aveva indagato Naumann per omicidio colposo, cioè un omicidio che si verifica come conseguenza non voluta di una condotta negligente, imprudente o inesperta, ma il caso fu archiviato perché il reato era ormai caduto in prescrizione. Il mandato d’arresto europeo emesso dalle autorità polacche nel 2021 mise nuove pressioni sulla magistratura tedesca, che quindi riaprì il caso e nell’ottobre del 2023 incriminò l’ex agente della Stasi per omicidio doloso, aggravato dalla natura «particolarmente infida», proprio perché la polizia segreta aveva ordinato di uccidere Kukuczka dopo averlo ingannato.

Il processo contro di lui era cominciato lo scorso marzo e si è basato anche sulle testimonianze di tre donne, oggi pensionate, che avevano assistito all’omicidio quando erano ragazzine. Naumann invece è sempre stato in silenzio, coprendosi la faccia con una cartellina per i documenti, parlando solo una volta per confermare la sua identità. La sua avvocata ha sostenuto che sia innocente e che non ci siano prove per dire con certezza che a sparare fosse stato lui; ha inoltre contestato l’imputazione per omicidio volontario, o doloso, anziché colposo.

Si stima che siano state almeno 140 le persone uccise mentre cercavano di attraversare il muro di Berlino negli anni in cui divise la città, tra il 1961 e il 1989 (mentre l’intero paese fu diviso più a lungo, dalla fine della Seconda guerra mondiale fino al 1990). Finora la gran parte degli agenti di polizia e delle guardie di frontiera della Germania Est sospettate di essere coinvolte in queste uccisioni erano riuscite a evitare il processo o comunque erano state incriminate per omicidio colposo. Mielke, che era stato a capo della Stasi fin dal 1957, fu invece condannato a sei anni di carcere ma solo nel 1993, e solo per gli omicidi di due agenti di polizia avvenuti nel 1931.

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