Boris Johnson non ci ha rinunciato
Nel Regno Unito è appena uscito il suo libro autocelebrativo: il modo in cui l'ex primo ministro lo sta presentando sembra preparare un ritorno in politica, prima o poi
Giovedì nel Regno Unito è uscito Unleashed, l’ultimo libro dell’ex primo ministro dei Conservatori Boris Johnson. Del libro si è parlato parecchio, anche perché il Daily Mail (il tabloid di cui Johnson è editorialista) ha pubblicato a puntate diverse anticipazioni, probabilmente delle parti migliori. Quando Unleashed è arrivato in libreria, insomma, il suo contenuto era già abbastanza noto.
Unleashed è un memoriale di parte, autocelebrativo, con una serie di rivelazioni che vorrebbero essere clamorose, e non sempre lo sono, ma hanno funzionato: l’obiettivo di Johnson, oltre a vendere qualche copia extra, era attirare l’attenzione dei media. Il giro di interviste, ospitate in tv e nei podcast, e il modo in cui sta presentando il libro sono sembrati un’operazione di marketing politico più che editoriale, o entrambe le cose.
Per il libro, Johnson ha ricevuto un anticipo di circa 510mila sterline (608mila euro) dall’editore William Collins. È meno di quanto vennero pagati gli ex primi ministri David Cameron nel 2019 (955mila euro) e Tony Blair nel 2010 (5,5 milioni di euro). In compenso, stavolta Johnson l’ha scritto davvero: nel 2015 prese 88mila sterline (105mila euro) per una biografia di William Shakespeare che non ha mai concluso.
Unleashed come detto contiene una serie di aneddoti, raccontati in modo un po’ romanzato e con un linguaggio esagerato.
Per esempio, Johnson riferisce di essersi ribaltato con il kayak durante una vacanza in Scozia e di aver temuto di morire, ma di essersi salvato tornando a riva a nuoto. Un altro dei più noti è questo: sostiene di aver chiesto, quand’era primo ministro, di valutare la fattibilità di un’«invasione dell’Olanda» per confiscare dosi del vaccino anti-Covid AstraZeneca (sviluppato nel Regno Unito) che si trovavano lì, ma di essersi subito convinto che non era una buona idea.
Alcuni passaggi hanno una certa rilevanza giornalistica, per esempio la descrizione di quando Johnson finì in terapia intensiva dopo essersi ammalato di Covid-19 oppure del suo ultimo incontro con la Regina Elisabetta, che secondo il libro morì per un cancro alle ossa (la famiglia reale disse che era morta di vecchiaia). Altri hanno un chiaro intento autoassolutorio: su tutte, la parte sul Partygate, cioè le feste in piena pandemia nei palazzi del governo. Johnson si difende dicendo che non erano feste perché non c’era neppure la torta.
Nelle interviste Johnson ha detto cose simili. «Nonostante il caos apparente, vale la pena ricordare che ogni giro di ospitate sui media di Johnson ha uno scopo in cui motivi politici e personali sono perfettamente fusi», ha scritto la rivista New Statesman. Anche Tim Shipman, uno dei più autorevoli giornalisti politici del Times, ha notato che Unleashed non sembra il libro di qualcuno che considera conclusa la sua carriera politica. Semmai il contrario.
La scelta di far uscire gli estratti del libro sul Daily Mail proprio negli stessi giorni della convention dei Conservatori a Birmingham ha oscurato in parte, almeno sui media generalisti, l’evento del partito. Così si è parlato di Johnson, anche se lui non c’era. Kemi Badenoch e Robert Jenrick – i due candidati arrivati alla fase finale delle primarie, in cui votano i tesserati – sono anche quelli più di destra. Il nuovo o la nuova leader saranno annunciati il 2 novembre.
Uno tra Badenoch e Jenrick sarà presto leader dell’opposizione, ma non è detto che sarà anche il candidato o la candidata a primo ministro alle elezioni tra cinque anni, proprio perché la crisi nei consensi dei Conservatori non sarà semplice da invertire e la loro reputazione è screditata dopo 14 anni al governo. In mezzo ci saranno – nel 2026 – le elezioni in Scozia e Galles, oltre a varie tornate locali.
Secondo diversi commentatori, se Badenoch o Jenrick non riuscissero a rilanciare il partito (che peraltro si prepara a inseguire a destra alcune posizioni di Nigel Farage e i sovranisti di Reform UK), non sarebbe impensabile un ritorno di Johnson, il leader della grande vittoria alle elezioni del 2019. Johnson è ancora molto influente tra i Conservatori e non si è schierato nelle primarie, dicendo in sostanza che tutti i candidati gli sembravano validi.
Nelle interviste Johnson è stato elusivo – anche se nel suo stile – quando gli hanno chiesto espressamente se tornerà mai a fare il leader dei Conservatori. In una di queste occasioni ha risposto che pensa che le probabilità siano le stesse di «essere accecato da un bicchiere di champagne, o decapitato da un frisbee». Tra l’altro, è la stessa formula che aveva usato in passato parlando della possibilità di diventare un giorno primo ministro.
Quando il presentatore Stig Abell lo ha pressato, domandandogli se si considerasse ancora utile per il suo partito, Johnson ha smesso di tergiversare per chiarire che non aveva detto quello. «Per essere efficaci i politici devono essere come vespe in un vasetto di marmellata… come scarafaggi, devono incessantemente voler sopravvivere e continuare». Stava parlando di sé e quello non era un “no”.
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