Storia di Ben Ainslie, che non è solo uno skipper
Il timoniere e fondatore di Ineos Britannia proverà per la prima volta a portare la Coppa America di vela nel Regno Unito, dopo una lunga carriera di successi
Sabato 12 ottobre comincia l’America’s Cup, o Coppa America, la principale competizione di vela al mondo, nella quale si affronteranno la squadra campione in carica, Emirates Team New Zealand, e la sfidante, la vincitrice cioè della Louis Vuitton Cup: Ineos Team Britannia, che per arrivarci ha battuto 7 a 4 Luna Rossa. Le due imbarcazioni, una neozelandese e una britannica, si affronteranno tra il 12 e il 21 ottobre al largo di Barcellona, in Spagna, in una serie di regate al meglio delle 13, dove cioè vincerà il trofeo chi arriverà per primo a 7 vittorie di regata.
Da quando esiste la Coppa America di vela, nel 1851, nessuna barca britannica è mai riuscita a vincerla, nonostante la competizione sia nata proprio in Inghilterra (la prima edizione fu organizzata attorno all’isola di Wight, nel canale della Manica). Per questo, dopo essere diventato il velista più vincente di tutti i tempi alle Olimpiadi, e dopo aver vinto l’America’s Cup nel 2013 su una barca statunitense, Ben Ainslie ha deciso di provarci, creando il team che oggi è diventato Ineos Britannia, del quale lui è sia CEO sia timoniere, una cosa abbastanza eccezionale.
In pratica è la persona con più potere decisionale tanto nella costruzione del team e della barca quanto a bordo, durante le regate. Ineos Britannia è considerata sfavorita contro New Zealand, ma già nel 2013 Ainslie contribuì a un’inattesa vittoria della Coppa America di Oracle, in una delle più clamorose rimonte nella storia della vela. Intervistato dal quotidiano inglese Guardian la scorsa settimana, Ainslie ha detto: «Siamo sfavoriti senza dubbio. Abbiamo tutto da guadagnare e niente da perdere. È l’occasione di una vita, quindi ci proveremo sicuramente».
La regata decisiva per la qualificazione di Ineos Britannia all’America’s Cup
Ainslie ha 47 anni ed è nato a Macclesfield, una cittadina inglese poco a sud di Manchester. Quando era piccolo la sua famiglia si trasferì in Cornovaglia, in un villaggio abitato principalmente da pescatori; il padre, Roddy Ainslie, fu un velista anche lui, e tra le altre cose partecipò nel 1972 a una gara che prevedeva di fare il giro del mondo in barca a vela. Ben Ainslie cominciò a navigare da solo sin da quando, a otto anni, per Natale ricevette in regalo un Optimist, una piccola imbarcazione su cui è molto comune che bambini e bambine comincino a praticare la vela. Nel 1996, a 19 anni, partecipò per la prima volta alle Olimpiadi, ad Atlanta: vinse la medaglia d’argento nella classe Laser, nella quale si gareggia da soli su barche a vela lunghe circa 4 metri.
Furono le uniche Olimpiadi in cui non ottenne l’oro. Tra Sidney 2000 e Londra 2012 vinse infatti quattro medaglie d’oro consecutive, la prima gareggiando di nuovo su un Laser, le altre tre nella classe Finn, su un’imbarcazione con una regolazione delle vele più complessa e che richiede maggiore forza fisica per essere manovrata. In occasione delle Olimpiadi di Londra fu il primo degli oltre ottomila tedofori che portarono in giro per il Regno Unito la torcia olimpica, e alla fine fu portabandiera del Regno Unito durante la cerimonia di chiusura, pochi giorni dopo essere diventato il velista più vincente nella storia delle Olimpiadi.
Ainslie intanto aveva cominciato a farsi notare anche negli ambienti della Coppa America, che è la competizione velistica più prestigiosa e seguita. All’inizio degli anni Duemila fu ingaggiato dal team OneWorld, che aveva sede a Seattle, negli Stati Uniti, ed era finanziato tra gli altri anche dal cofondatore di Microsoft Paul Allen. Ci rimase per poco tempo: lasciò infatti prima ancora della Louis Vuitton Cup del 2003, la competizione preliminare per decidere chi accederà alla Coppa America come finalista, contro la vincitrice dell’edizione precedente.
Nel 2005 entrò nel Team New Zealand, che dagli anni Novanta era diventato uno dei più competitivi (lo è tuttora: ha vinto le ultime due Coppe America). Inizialmente Ainslie lavorava come tattico, ma poco dopo chiese e ottenne di diventare il timoniere della barca di riserva, utilizzata sia per gli allenamenti sia come prototipo per perfezionare la barca da regata.
Questo significò che Ainslie non gareggiò durante la Louis Vuitton Cup del 2007, che fu vinta da New Zealand, e nemmeno durante la successiva Coppa America, in cui New Zealand perse contro la svizzera Alinghi. Come ha raccontato di recente al New Zealand Herald lo stesso Ainslie, comunque, quello fu un periodo cruciale per la sua formazione. Fece infatti esperienza in allenamento come timoniere e, allo stesso tempo, guardando da fuori le regate cominciò a familiarizzare con la complicata gestione di un team, tutte cose che gli sarebbero tornate utili per il futuro (sembra che già allora Ainslie stesse pensando di creare un suo team, con l’obiettivo di portarlo in Coppa America).
Il 2010 avrebbe dovuto essere l’anno del suo esordio come timoniere titolare alla Louis Vuitton Cup, peraltro di un’imbarcazione britannica, quella del Team Origin fondato da Keith Mills, un imprenditore che nel 2012 sarebbe poi stato il direttore del comitato organizzatore alle Olimpiadi di Londra. Quella del 2010 fu però un’edizione molto particolare, caratterizzata da una lunga serie di dispute legali che portarono infine all’annullamento della Louis Vuitton Cup (si tenne direttamente la Coppa America, tra Alinghi e la statunitense BMW Oracle).
Nella successiva, quella organizzata nel 2013 nella baia di San Francisco, sfruttò invece al meglio l’occasione per prendere parte all’eccezionale rimonta dell’Oracle Team USA contro New Zealand.
Il 10 settembre infatti New Zealand vinse una regata della serie anche a causa di un errore di valutazione commesso dal tattico di Oracle John Kostecki, che suggerì al timoniere James Spithill (oggi in Luna Rossa) una manovra azzardata. Il tattico era una persona che faceva parte dell’equipaggio di bordo e suggeriva come muoversi durante la gara, in base a parametri come la velocità e la direzione del vento o la posizione degli avversari (nelle barche di oggi ci sono due timonieri che fanno queste scelte in autonomia). In quel momento, New Zealand aveva praticamente dominato tutte le regate: era in vantaggio per 4 a 0 nella serie (Oracle aveva anche due punti di penalità da scontare, quindi doveva vincere 11 gare invece di 9 per vincere la Coppa America).
I dirigenti di Oracle decisero per questo di sostituire Kostecki, chiamando Ainslie al suo posto come tattico. Sin dal suo arrivo, Oracle diventò più competitiva, gareggiando quasi alla pari contro New Zealand, che si portò però sull’8-1: le sarebbe bastato, cioè, vincere una delle successive 8 regate per vincere. «Oracle decide di abbandonare ogni precauzione: Spithill e Ainslie scelgono di fidarsi più del proprio istinto che degli output del simulatore», racconta il sito sportivo Ultimo Uomo, «mentre alcune modifiche che permettano alla vela di gonfiarsi di più promettono di aumentare la velocità di base».
Nelle successive regate Oracle non perse più: vinse tutte e otto le gare rimanenti e quindi anche la Coppa America, completando la rimonta anche grazie al contributo di Ainslie e degli accorgimenti strategici da lui introdotti. Fu il primo britannico dopo oltre cent’anni a far parte di un team vincitore.
La regata decisiva per la vittoria di Oracle (quell’anno si gareggiava su grandi catamarani)
Dopodiché Ainslie cominciò a lavorare al suo grande obiettivo: creare da zero un team e una barca e portarla prima alla Louis Vuitton Cup e poi alla Coppa America. Ci partecipano solitamente team molto strutturati, che gareggiano da anni e hanno finanziatori stabili, e raramente team più improvvisati, che non hanno la forza economica e progettuale per durare a lungo. Partecipare a queste competizioni richiede infatti tantissimi soldi, e quindi sponsor, e competenze.
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Questi soldi e queste competenze servono con continuità, perché a ogni edizione si rifanno le regole (le decide sempre il vincitore), e quindi spesso cambiano anche di molto le barche su cui si gareggia. E se anche non cambiano strutturalmente, vanno comunque aggiornate e perfezionate, motivo per cui a ogni Coppa America le imbarcazioni vengono ricostruite da zero. Per dare un ordine di grandezza, il Team Prada Pirelli, quello della barca italiana Luna Rossa, per partecipare all’edizione del 2024 ha stanziato un budget di circa 90 milioni di euro tra costruzione della barca, staff e partecipazione alle gare.
Ainslie fondò la Ben Ainslie Racing (BAR) alla fine del 2011, appoggiandosi al Royal Cornwall Yacht Club (ogni team ha un club nautico di riferimento: quello di Luna Rossa è il Circolo della vela della Sicilia, a Palermo). Con la credibilità acquisita diventando uno skipper di grande successo alle Olimpiadi, riuscì sin da subito a ottenere sponsorizzazioni importanti, prima fra tutte quella di JP Morgan, la banca più grande degli Stati Uniti e una delle più importanti al mondo. Inizialmente la BAR partecipò alle America’s Cup World Series, una specie di pre-qualificazioni alla Louis Vuitton Cup che fu organizzata per le edizioni del 2013 e del 2017. Ben Ainslie si divideva tra guidare la barca e raccogliere fondi, riuscendo piuttosto bene.
Nel 2015 il team si trasferì in una nuova sede a Portsmouth, nel sud dell’Inghilterra, e cambiò nome in Land Rover BAR, grazie alla sponsorizzazione dell’omonimo marchio automobilistico inglese. Come amministratore delegato fu preso l’ex CEO della McLaren Martin Whitmarsh e tra i primi progettisti della barca ci fu anche Adrian Newey, considerato il miglior progettista di auto da corsa di sempre (questa commistione con la Formula 1 non è casuale: spesso, per modernità, velocità e cura dei dettagli, è uno sport che viene paragonato alla vela). Il team riuscì a vincere le America’s Cup World Series del 2015-2016, qualificandosi per la prima volta alla Louis Vuitton Cup. Nel 2017, a Bermuda, passò i gironi ma uscì in semifinale, perdendo 5-2 contro New Zealand (che avrebbe poi vinto la Coppa America). In quello stesso anno il team vinse l’America’s Cup giovanile, con un equipaggio di ragazzi (e anche una ragazza, unico team ad averne una in squadra) del Regno Unito selezionati attraverso un apposito programma.
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Dal 2018 in poi le ambizioni del team di Ainslie crebbero ulteriormente con l’arrivo della sponsorizzazione di Ineos, una ricchissima compagnia petrolchimica britannica che da diversi anni investe con successo nello sport (è lo sponsor di una delle principali squadre ciclistiche, è proprietaria della squadra di calcio del Nizza, del 30 per cento del Manchester United e del 33 per cento della scuderia Mercedes in Formula 1). Nel 2021, dopo aver ingaggiato alcuni dei migliori marinai e progettisti al mondo, il team di Ainslie raggiunse la finale della Prada Cup (il corrispettivo della Louis Vuitton Cup, che in quell’anno aveva uno sponsor diverso), nella quale perse però contro Luna Rossa.
Tre anni dopo, nel 2024, Ineos Team Britannia ha vinto la Louis Vuitton Cup contro Luna Rossa ed è diventata la challenger di New Zealand. Ben Ainslie avrà quindi la possibilità di far vincere a un team britannico l’America’s Cup per la prima volta.