Forse Viktor Bout è tornato a fare quello che gli riesce meglio
Cioè trafficare armi: era stato liberato nel 2022 in uno scambio di prigionieri tra Russia e Stati Uniti, e ora fonti credibili dicono che stia negoziando con gli Houthi
Secondo alcuni articoli pubblicati questa settimana dai media statunitensi Viktor Bout, il più noto e importante trafficante di armi degli ultimi decenni, sarebbe tornato in attività, e avrebbe negoziato una vendita di armi con esponenti del gruppo yemenita degli Houthi. Bout, che è russo e ha 57 anni, ha trascorso buona parte degli ultimi due decenni in prigione negli Stati Uniti con l’accusa di traffico di armi: è stato liberato nel dicembre del 2022 in uno scambio di prigionieri che coinvolse anche la cestista statunitense Brittney Griner.
Al suo ritorno in Russia Bout era stato accolto come un eroe, e si era candidato per un incarico minore in un’elezione regionale con un partito vicino al presidente Vladimir Putin. Aveva annunciato di aver abbandonato il traffico di armi e di volersi dedicare a servire il suo paese. Un anno e mezzo dopo, secondo fonti credibili, è tornato alla compravendita di armamenti.
Le notizie sulla vendita di armi da parte di Bout agli Houthi sono state pubblicate inizialmente dal Wall Street Journal, che ha consultato fonti di intelligence europee, e poi dal New York Times, che invece aveva fonti d’intelligence statunitensi. Secondo entrambi i resoconti, Bout avrebbe negoziato a Mosca con due rappresentanti degli Houthi arrivati in Russia con la scusa di comprare pesticidi.
Secondo i resoconti, l’accordo concluso tra gli Houthi e Bout riguarderebbe spedizioni di fucili AK-74 (la versione aggiornata degli AK-47, i noti kalashnikov). Sarebbe quindi un accordo piuttosto limitato, che però sta preoccupando le intelligence occidentali per due motivi.
Anzitutto perché questo non è l’unico accordo di vendita e trasferimento di armi che la Russia sta facendo con gli Houthi, un gruppo che domina gran parte dello Yemen e che, dall’inizio della guerra nella Striscia di Gaza, sta lanciando missili contro le navi commerciali che passano nel mar Rosso e contro obiettivi israeliani e occidentali nella regione. Gli Houthi, secondo l’intelligence statunitense e quelle europee, starebbero negoziando con la Russia l’acquisto di missili anticarro e di missili antiaereo, che sarebbero estremamente temibili e potrebbero mettere in crisi i commerci nel mar Rosso.
In secondo luogo, a rendere notevole la trattativa è ovviamente la presenza di Viktor Bout.
Bout è nato nel 1967 a Dushanbe, la capitale del Tajikistan (che al tempo faceva parte dell’Unione Sovietica). Entrò nell’esercito sovietico e partecipò a varie missioni soprattutto in paesi africani come il Mozambico. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica iniziò a lavorare privatamente, ma mantenne contatti di alto livello con il governo russo. Fondò a Sharjah, una città degli Emirati Arabi Uniti, la sua prima compagnia di trasporti aerei e cominciò a trafficare in armi quasi subito, creando nel tempo una rete di clienti estesa a molti paesi.
Ciò che rese Bout uno dei trafficanti di armi più importanti del mondo fu, tra le altre cose, l’assenza di scrupoli. «Se non avesse trafficato armi sarebbe stato un eccellente imprenditore», ha detto in un vecchio articolo del New Yorker Andreas Morgner, che allora (nel 2014) era un esperto di sanzioni presso il dipartimento del Tesoro statunitense.
A partire dal 1998, per esempio, Bout armò il governo dell’Angola che stava combattendo una sanguinosa guerra civile contro un gruppo ribelle, ma armò anche alcuni paesi che sostenevano militarmente i ribelli. Armò Charles Taylor, l’allora presidente della Liberia che partecipò alla guerra civile in Sierra Leone negli anni Novanta, e fu in seguito condannato per crimini di guerra per le atrocità commesse. «Quest’uomo è indirettamente responsabile della morte di decine di persone», ha detto Hassan Bility, il direttore di una ong nigeriana.
Bout armò quasi tutte le parti in causa nel conflitto che si sviluppò tra Repubblica Democratica del Congo, Ruanda e Uganda a partire dal 1994: quelle guerre (furono più di una) sono ricordate come “guerre civili del Congo” e provocarono la morte di milioni di persone, in gran parte civili.
Bout e i suoi soci compravano armi da paesi dell’est Europa come Bulgaria, Moldavia e Ucraina, che al tempo avevano strutture statali deboli e controlli laschi, e poi li trasferivano ai loro clienti, soprattutto africani. Le sue attività erano tanto estese che a un certo punto Bout arrivò ad avere a disposizione un’enorme flotta di 60 aerei cargo.
Dopo un periodo trascorso negli Emirati e uno in Sudafrica, nel 2003 Bout tornò in Russia, dove divenne un personaggio pubblico: faceva interviste con i media e partecipava a eventi politici, sempre negando di essere un trafficante di armi. Nel 2006 negli Stati Uniti uscì perfino un film con Nicolas Cage, intitolato Lord of War e chiaramente ispirato alla sua storia.
Bout fu arrestato nel 2007 a Bangkok, in Thailandia, in un’operazione rocambolesca: fu contattato da un uomo che sosteneva di far parte del gruppo guerrigliero colombiano delle FARC e di voler comprare missili terra-aria e lanciarazzi. I due si incontrarono a Bangkok per avviare il negoziato, ma l’uomo in realtà era un informatore degli Stati Uniti. Bout fu arrestato, estradato negli Stati Uniti e condannato a 25 anni di reclusione. Ne ha trascorsi in carcere la metà, e poi è stato liberato nello scambio di prigionieri con Brittney Griner.
In un’intervista fatta con il New York Times dopo la sua liberazione, Bout ha detto che ormai «non ha quasi più nessun business» e che non gli è rimasto «quasi nessuno dei suoi vecchi contatti». È vero che, probabilmente, Bout non ha più la capacità di mobilitare decine di aerei cargo in giro per il mondo, ma la sua notorietà lo rende comunque un personaggio di un certo rilievo. Non sappiamo se la vendita di armi agli Houthi sia stata in qualche modo autorizzata dal governo russo ma sappiamo che, per esempio, a luglio Bout era stato invitato al Russia-Africa Summit di San Pietroburgo, uno degli eventi di politica estera più importanti del paese.
Il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, ha detto ai giornalisti che le notizie pubblicate negli Stati Uniti sulla vendita di armi di Bout sono «fake news».